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La via di fuga dal ventennio liberista

di Emiliano Brancaccio *

Mi chiamo Emiliano Brancaccio, insegno macroeconomia all’Università del Sannio e l’anno scorso ho redatto per conto dell’associazione ATTAC il progetto di legge di iniziativa popolare per l’istituzione della Tobin tax in Europa.1
Poco fa ho letto su un volantino che noi siamo qui riuniti per lottare contro l’Europa di Maastricht. E in effetti è vero, è proprio così.

Noi qui oggi lottiamo, prima ancora che contro il WTO, noi lottiamo contro l’Europa di Maastricht. 2
Abbiamo impiegato un po’ di tempo per mettere a fuoco questo obiettivo.
A lungo ci siamo barcamenati alla ricerca dell’asse portante delle nostre iniziative, ma alla fine ci siamo arrivati. L’Europa di Maastricht rappresenta il nostro vincolo, il muro da abbattere.
Tuttavia c’è una domanda, una domanda che ci ronza in testa, che è insidiosa, una domanda alla quale vorremmo dare una risposta precisa, netta. La domanda è questa: che cos’è Maastricht?

Ebbene, se io fossi chiamato a rispondere direi questo: direi che Maastricht è controllo. 3 Maastricht è innanzitutto controllo sulla quantità di moneta, ma più in profondità, Maastricht è controllo sul nostro vissuto quotidiano, è controllo sulle nostre menti.

Il Trattato dell’Unione Europea approvato a Maastricht nel ‘92 rappresenta infatti il più sofisticato palinsesto di regole attualmente esistente nel mondo, costituito al fine di disciplinare l’emissione e la circolazione di moneta.

Noi crediamo che gli euro che ci passano tra le mani, i miliardi di euro che circolano ogni giorno, noi crediamo che essi si muovano sulla base di un meccanismo caotico, non governabile, un meccanismo fondato sulle microdecisioni di una miriade di agenti.

Ma la verità è che questo incessante turbinio, tutta questa circolazione apparentemente caotica della moneta è in realtà fortemente condizionata dal palinsesto istituzionale, dal sistema di regole che abbiamo scelto.
(o che magari non abbiamo affatto scelto: del resto, qualcuno forse ricorderà che alla vigilia di Maastricht non vi fu un gran dibattito pubblico.
Ci si è pure legittimamente domandati cosa stessero facendo gli esponenti delle sinistre europee mentre si scriveva il Trattato. Qualcuno ha detto che erano distratti dalla caduta dell’URSS, qualcun altro ha detto che giocavano a carte e andavano in barca; io non lo so davvero, ma vorrei saperlo). Sia come sia, Maastricht ha sancito il nostro sistema di regole, e quindi ha definito il modo in cui oggi gli euro vengono emessi e circolano

In particolare, gli articoli del Trattato che disciplinano il funzionamento della Banca centrale europea, gli articoli sui disavanzi pubblici eccessivi, sui movimenti di capitale, nonché il famigerato Patto di stabilità (che badate, subirà nella migliore delle ipotesi modifiche del tutto marginali, e probabilmente nemmeno quelle), tutto questo sistema di norme è stato costruito per tre scopi fondamentali:
rendere la moneta scarsa, di esclusiva proprietà privata ed estremamente mobile. 4

La moneta è scarsa perché la Banca centrale europea, per statuto, è tenuta a stampare poche banconote, il meno possibile.

La moneta è di esclusiva proprietà privata perché la Banca centrale europea è autorizzata ad iniettare moneta esclusivamente all’interno del circuito finanziario privato, presso le banche private o sul mercato dei titoli, mentre è tassativamente vietato che la Banca centrale eroghi direttamente moneta agli Stati membri dell’Unione per finanziare la spesa pubblica.

La moneta infine è estremamente mobile, dal momento che in Europa e nel mondo vige ormai da anni un regime di circolazione dei capitali quasi puro, ossia quasi privo di vincoli.
Sfrutto un ragazzino a Giakarta, vendo a Londra le merci che egli ha prodotto, uso il ricavato per finanziare un attacco speculativo sul peso Argentino, e infine metto il guadagno alle Isole Cayman, il tutto in un batter d’occhio, con gli agenti del fisco che arrancano dietro le mie operazioni, e i giudici con le loro rogatorie pure.
Loro arrancano, ma non c’è nulla da fare, il capitale oggi è più veloce, e se la ride.

Ora, per l’appunto, chi ride ? Chi gode cioè oggi di questo sistema di regole?
Beh, si presume che goda chi difende questo sistema di regole, perché questo sistema è ottimamente difeso, è come un fortino. Che qualcuno ci provi a mettere in discussione gli articoli del Trattato, che ci provi.

La reazione è immediata, ed è feroce. Banchieri, esponenti della comunità finanziaria, esperti, opinionisti, nonché spesso e volentieri alcuni esponenti dei partiti che il movimento vota, questi signori riempiranno gli spazi mediatici e le pagine dei grandi giornali per gridare allo scandalo, all’atto terroristico, proprio così, all’atto terroristico.

Ci diranno che il rischio d’inflazione è altissimo.
Ci diranno che la stabilità e il benessere dipendono dal rigoroso rispetto delle regole di Maastricht, e che violarle ci condurrebbe dritti sull’orlo di una crisi valutaria. In realtà bisogna dire che noi, noi che di moneta ne vediamo poca (e ne vedremo sempre meno se non ci diamo una mossa), noi per il momento siamo sull’orlo di una crisi di nervi, non di una crisi valutaria.

Eppure il martellamento è tale che finiamo per crederci a tutte quelle panzane.
Finiamo per crederci davvero. Maastricht infatti è controllo, controllo delle nostre menti.
Non è un caso del resto che noi, oggi, ci barcameniamo tra una miriade di proposte e iniziative degne ma parziali, e talvolta persino contraddittorie.
Mi riferisco al commercio equo e solidale, alla difesa della sovranità alimentare di José Bové, o alla invocazione ad una moralità manageriale da parte di Naomi Klein.

Il che andrà pure bene, ma quando si tratta di immaginare una vera alternativa politica generale al meccanismo dominante allora il movimento ammutolisce, si paralizza..

Intanto però, mentre il movimento rimane fisso a rimuginare la realtà cambia, si trasforma.
La moneta scarsa, di proprietà privata ed estremamente mobile, sta infatti provocando, da oltre un decennio, un gigantesco spostamento della distribuzione del reddito a favore delle rendite finanziarie e dei profitti, e a danno dei lavoratori, dei beneficiari della spesa pubblica, dell’ambiente, e il tutto sta avvenendo ovunque, nel Nord come nel Sud del mondo.
Moneta scarsa, infatti, significa alti tassi d’interesse.

Oggi vi dicono che i tassi d’interesse sono bassi. Che sciocchezza: il livello dei tassi non si misura mai in termini assoluti, ma sempre e soltanto in relazione al tasso di crescita del reddito.
E sono ormai vent’anni che i tassi d’interesse si situano sistematicamente al di sopra del tasso di crescita del reddito. Il risultato è che, da tempo ormai, vige nel mondo la dittatura dei creditori, la dittatura dei capitalisti finanziari, la dittatura di quelli che Tom Wolfe ha efficacemente definito “i padroni dell’universo”.

In Italia sussiste il seguente paradosso: per soddisfare le esigenze creditori, dei padroni dell’universo, da anni lo Stato preleva dai contribuenti molto più di quanto spende per scuola, sanità, previdenza, infrastrutture, ed è tenuto ad utilizzare la differenza tra le entrate e le uscite per pagare le rendite ai suoi creditori, ai possessori di titoli di Stato.
E’ questa la ragione fondamentale per cui, da anni, le tasse aumentano e la spesa pubblica si contrae.
E’ questa la ragione per cui si privatizza tutto per fare cassa, è questa la ragione per cui i bilanci partecipati non decollano, è questa la ragione per cui il salario sociale, nelle mani dei tecnocrati del centrosinistra, rischia di diventare elemosina.
La ragione è che occorre tenere sbilanciato il sistema a favore del capitale, occorre pagare i grandi creditori, i grandi possessori di rendite finanziarie, i padroni dell’universo.
I paradossi comunque sono solo iniziati, e non riguardano solo l’Europa. I Brasiliani ad esempio sono costretti ad usare il 70% del valore delle merci che esportano per pagare i creditori internazionali. Il 70% delle loro fatiche finisce nelle tasche dei creditori, dei rentier.

Ma torniamo all’Europa.
La Banca centrale europea dice di tenere la moneta scarsa per impedire l’inflazione. In realtà così facendo essa riesce a fare qualcosa di molto più sottile: controllando la moneta, la Banca centrale controlla la crescita dei salari, controlla la distribuzione del reddito..

Volete un esempio?
L’anno scorso, prima dell’attuale crisi, i sindacati tedeschi conquistarono, dopo anni di sacrifici, il primo aumento salariale al di sopra dell’inflazione.
Ebbene, la reazione di Otmar Issing, autorevole esponente del direttorio della Banca centrale, fu immediata. Issing disse che l’irresponsabilità di alcuni sindacati europei avrebbe costretto la Bce a comprimere ulteriormente la quantità di moneta, e ad elevare i tassi d’interesse.
Questo significa una cosa molto semplice: attraverso la minaccia dell’aumento dei tassi, e quindi della recessione e della disoccupazione, la banca centrale controlla l’azione dei sindacati, controlla le loro rivendicazioni, ostacola le battaglie sull’espansione dei diritti, attacca l’art. 18 e le tutele contro i licenziamenti, e lo scopo è uno solo: impedire il rafforzamento contrattuale dei lavoratori, impedire che essi accrescano il loro controllo sulla produzione e sulla distribuzione del reddito. 5
Maastricht è controllo, controllo sul lavoro, controllo sul nostro vissuto quotidiano.

Ora, io qui vedo tanti giovani. E’ una fortuna ed è una necessità. E’ una necessità perché anche a causa di scelte irresponsabili e autolesioniste da parte della sinistra, i giovani stanno pagando più di tutti gli effetti dell’Europa di Maastricht.
Il loro ingresso nel mondo del lavoro è sempre più traumatico, le loro retribuzioni sono crollate in rapporto a quelle degli adulti, che a loro volta sono crollate in rapporto ai profitti. I giovani sono stati da tempo abbandonati al loro destino, e questa scelta le sinistre la stanno pagando carissima. 6
E badate, molti di questi giovani, soprattutto quelli appartenenti agli strati più bassi e invisibili della società, oggi votano a destra. Io credo che la sinistra e il movimento debbano imparare ad intercettarli, debbano cioè imparare una cosa che non sanno ancora fare.
Una simile sfida, badate, è decisiva, perché la vera partita si giocherà nei quartieri
popolari, nelle aree cioè in cui, da tempo, gran parte della sinistra politica e del movimento non si azzardano nemmeno ad entrare.
Ah, detto per inciso: io non aspetterei che qualcuno venga a salvare i più giovani. Io mi aspetterei piuttosto che i più giovani decidano di agire, per salvarsi da sé.
Questo per quanto riguarda il lavoro. Ma non c’è solo l’attacco al lavoro e ai più giovani, c’è pure l’attacco all’ambiente.
Un esempio facilissimo, uno tra tanti.
Ogni volta che i tassi d’interesse aumentano, il debito dei paesi poveri si espande, e guarda caso, aumenta lo sfruttamento intensivo delle risorse naturali di quei paesi, aumentano le deforestazioni.7
E la ragione è semplice: questi paesi le provano tutte pur di tentare di pagare i debiti e liberarsi dalla morsa dei creditori. Ma in assenza di un’accorta politica di preservazione le risorse presto finiscono. E poi, ricordate, oggi la moneta è mobile e i capitali fuggono se non vengono adeguatamente remunerati. E sotto la continua minaccia della fuga di capitali, la morsa dei creditori è stretta. Nessun paese, dico nessuno, è mai riuscito a liberarsi. E non ci riuscirà nemmeno Lula, sul quale tante speranze avevamo riposto.
Lula infatti è stato costretto a rinunciare alla rinegoziazione del debito, è stato costretto a sottostare alle condizioni da strozzinaggio dei creditori internazionali, di cui molti europei.

La questione a questo punto è quella di sempre: che fare ? Innanzitutto io direi che è bene fare autocritica, a sinistra e più in particolare dentro il movimento.
Noi dobbiamo fare autocritica perché siamo ancora vaghi, velleitari, perché giriamo intorno al problema alla ricerca di soluzioni comode, facili, magari glamour. Ma la sfida che abbiamo di fronte non è facile, non è glamour.
Noi dobbiamo uscire dal ventennio liberista, dobbiamo trovare la via di fuga, e dobbiamo farlo in fretta perché i più giovani stanno già fungendo da cavie per degli esperimenti in vitro di capitalismo puro, un capitalismo senza compromessi. Il primo passo in questa direzione deve essere netto, inequivocabile, e attiene all’analisi del capitalismo, e della sua fondamentale contraddizione.

I padroni dell’universo non hanno nessuna virtù. Essi dispongono semplicemente della proprietà privata della moneta, e quindi dispongono di noi. 8

I padroni dell’universo naturalmente dispongono della moneta, quindi comprano i media, comprano i politici, e potranno quindi farvi raccontare la vecchia favola Vittoriana, quella secondo cui essi in realtà risparmiano, accumulano, investono, e quindi sono legittimati a governare il mondo. Ma si tratterebbe ancora una volta di controllo.
Perché vedete, sono ormai decenni che grazie a Marx, a Keynes, a Sraffa e a molti altri, noi sappiamo che queste sono panzane, noi sappiamo che il capitale è parassitario, che sussiste e governa a causa del controllo sulla moneta.
Per afferrare la natura parassitaria del capitale riprendiamo la sequenza della favola Vittoriana:
risparmio, accumulazione, investimento. Ascoltandola, Marx proporrebbe un piccolo passo indietro, e chiederebbe ai padroni dell’universo: ma da dove viene il vostro risparmio, se non dal lavoro altrui? E Keynes aggiungerebbe: come fate a partire dal risparmio? Il risparmio non esiste se non c’è il reddito, e il reddito non esiste, non viene prodotto, se non c’è la domanda, se non c’è l’investimento. Marx direbbe insomma che la sequenza è falsa perché pretende di celare lo sfruttamento. E Keynes aggiungerebbe che la sequenza è falsa perché ribalta la realtà.. Su questo punto, badate, non si transige. Su questo punto convenivano persino Marx e Keynes, su questo punto convenivano persino i bolscevichi e i socialdemocratici.
E non a caso convenivano. Perché la coscienza del carattere parassitario del capitalismo non è una questione accademica, è questione politica capitale.

Perché nel momento in cui si insinua l’idea, in tutti noi, che in fondo se il sistema funziona così una ragione dovrà pur esserci, se lasciamo vincere l’idea dominante secondo la quale chi ci controlla è più bravo, più virtuoso, più dotato e quindi in fondo è legittimato a controllarci, ebbene se questa fuorviante visione del mondo non viene messa sotto processo, allora noi, noi tutti, comunisti, verdi, socialdemocratici, noi procederemo sempre a tentoni, come degli ubriachi che passeggiano di notte senza una meta, o peggio, come degli isterici, che contestano il “padre” ma che in fondo non sanno fare a meno di lui.
Insomma, noi vogliamo cambiare il mondo.
Ma la domanda è: lo vogliamo il potere per cambiarlo, si o no? Perché vedete, se vogliamo il potere dobbiamo andarcelo a prendere, e per farlo dobbiamo innanzitutto comprendere che qualsiasi credibile azione politica che sia guidata dal desiderio immortale di libertà e di uguaglianza, qualsiasi azione di questo tipo esige che si conosca a menadito il profilo del nemico, e che soprattutto se ne conosca la natura parassitaria. Lo considerate un fatto scontato? Ma non è un fatto scontato.
La natura parassitaria del capitalismo non è un fatto scontato all’interno del movimento perché il movimento non ha nessuna idea precisa in merito al capitalismo, e la ragione è che in nome di una pelosa invocazione all’unità non si è finora aperto un vero dibattito sulla questione, non si è aperta una vera fase dialettica.
E la dialettica è come l’aria. Se non c’è prima o poi si muore.

C’è assoluto bisogno di uno schema, di un paradigma generale entro il quale far confluire tutte le nostre battaglie. Bové, Klein e tutti gli altri vanno pure bene, ma bisogna far confluire le forze in un punto focale, bisogna concentrare lo sforzo nella definizione di uno schema di azione coerente.

Lo schema è quello delineato: le regole che governano la circolazione monetaria, e in particolare il nostro Trattato di Maastricht, hanno reso la moneta scarsa, di proprietà privata e mobile.

Abbiamo visto che questo stato di cose condiziona tutti, dico tutti gli aspetti del nostro vissuto quotidiano, e soprattutto, rappresenta al tempo stesso l’origine e il vincolo di tutte le rivendicazioni del movimento, dalla lotta contro le privatizzazioni alle battaglie per i diritti, per l’articolo 18, per il salario sociale, per la tutela delle risorse naturali.
Pertanto, visto che Maastricht è origine e vincolo del movimento, io dico che dobbiamo scardinare quel Trattato, io dico che l’unica cosa credibile da fare è stabilire che il movimento non tratta e non sostiene politicamente chi non sia pronto a riscrivere l’Europa partendo dal suo nucleo, partendo da Francoforte, dalle regole che disciplinano i mercati finanziari e la Banca centrale europea, le regole cioè che governano l’emissione e la circolazione di moneta.

Sebbene tra mille resistenze ed equivoci, con la Tobin tax qualcosa si era mosso nella giusta direzione, 9 ma adesso occorre fare molto di più.
Il movimento deve mettere in piedi un processo politico, un processo agli articoli da 56 a 60 del Trattato dell’Unione, dedicati ai movimenti di capitale; nonché agli articoli da 99 a 111, dedicati alle politiche fiscali e monetarie.

Solo in questo modo riusciremo ad imporre la sovranità democratica sulla moneta, e riusciremo quindi a riprendere possesso delle nostre vite. E se all’interno del movimento qualcuno ritiene che non sia questo l’obiettivo capitale, allora è il caso che si faccia avanti e che lo dica a chiare lettere in un confronto pubblico. Lo ripeto: questo deve essere il tempo della dialettica, il tempo della selezione delle idee giuste e vincenti in un supermercato politico ipertrofico, carico di prodotti inutili o avariati.
Una volta definito l’obiettivo, si tratterà di affinare gli strumenti per l’azione.
A questo proposito, mi dispiace, ma io ne conosco due soli: il sindacato e il partito. Pertanto dico: il movimento ha senso se opera dentro e fuori le istituzioni partitiche e sindacali per spingerle nella direzione dell’attacco al Trattato.
Dunque operiamo, e facciamolo in fretta. Maastricht è controllo, ed è tempo di liberarsi.

NOTE AL TESTO

1 Cfr. Brancaccio E., Brevi note al testo di legge per l’introduzione di una imposta sulle transazioni valutarie, in Quale Stato, FP CGIL, 4/2001 – 1/2002. Il testo della legge e le 180.000 firme di sostegno alla stessa sono stati depositati in Parlamento nel luglio 2002. L’iter della legge è iniziato nel marzo scorso, con una serie di audizioni parlamentari in Commissione Finanze. Per approfondimenti, cfr. www.attac.it e www.camera.it..

2 Sul tema del WTO e degli scambi commerciali, e sulla necessità di considerarlo subordinato a quello della moneta e della finanza capitalistica, rinvio ai seguenti miei articoli: I tanti protezionismi (il manifesto, 28/8/2003); Rivoluzionari o moderati? Il caso della Tobin tax (in Burgio e Cavallaro, Discorso sul libero scambio, DeriveApprodi 2002).

3 Alla domanda di Neo, “che cos’è Matrix?”, Morpheus risponde: “Matrix è controllo”.
Le analogie tra finzione e realtà, tra il film e il fatto concreto, sono numerose. C’è tuttavia un aspetto che li distingue. In Matrix sono le macchine ad esercitare un controllo sulla popolazione: le macchine, che in un’epoca precedente avevano assunto il ruolo di schiavi al servizio degli umani, dispongono ora di questi ultimi al fine di ricavare da essi l’energia necessaria alla loro sopravvivenza. Matrix descrive insomma un antagonismo tra soggetti sociali interdipendenti, soggetti che si scontrano fino alla reciproca distruzione, ma che restano irriducibilmente legati dalla reciproca necessità di servirsi gli uni degli altri. Nella realtà di Maastricht e del capitalismo contemporaneo la situazione è diversa. In essa, come vedremo, il controllo sulla popolazione viene esercitato da soggetti privi di qualsiasi prerogativa, di qualsiasi virtù, se non quella di disporre di un accesso privilegiato alla moneta. E’ dunque nella realtà di Maastricht, molto più che nel mondo virtuale di Matrix, che viene alla luce e si afferma l’incubo antico del “Dominio del Parassita”.

4 Per approfondimenti, rinvio al mio articolo Abolire il rentier globale, la Rivista del manifesto, gennaio 2003.

5 Sui nessi tra governo della moneta e disciplina del mercato del lavoro, rinvio ad alcuni miei contributi elaborati nel corso della campagna referendaria dell’articolo 18. In particolare, cfr. Articolo 18, un’altra concezione della politica economica (Liberazione,16/6/03); e Referendum e disinflazione competitiva (il manifesto, 9 luglio 2003).

6 Rinvio in merito a una mia proposta per l’avvio di un dibattito, a sinistra, sul tema del conflitto generazionale: Gioventù bruciata? (Liberazione, 30/8/03). Si vedano inoltre gli interventi sul tema di alcuni esponenti dei giovani comunisti (Liberazione, 31/8/03) e la mia replica del 3 settembre.

7 Rinvio all’articolo Finanza e ambiente, la Rivista del manifesto, febbraio 2003
Il capitalismo è un sistema governato da soggetti privi di qualsiasi prerogativa, se non quella di godere di un accesso privilegiato, privato, esclusivo ai mezzi monetari.

8 Cfr. l’articolo La proprietà privata della moneta (il manifesto, 15 agosto 2003).
Auguriamoci allora che il confronto dialettico inizi, e che inizi prima dell’implosione. Io propongo a questo proposito, ad ATTAC e al movimento, di definire un obiettivo politico molto preciso, quello che a mio avviso dovrebbe essere l’obiettivo politico prossimo venturo. Dico l’obiettivo e non gli obiettivi perché credo che non se ne possa più di questo caotico supermercato delle idee.

9 Si veda ancora Rivoluzionari o moderati ?…, cit.

* Emiliano Brancaccio è docente di macroeconomia, a contratto presso l’Università del Sannio.
Collabora alle pagine economiche dei quotidiani il manifesto e Liberazione..
Con R.Bellofiore, ha curato il vol.. Il granello di sabbia, i pro e i contro della Tobin tax, Feltrinelli 2002.
E’ stato membro della consulta economica del Comitato promotore nazionale del referendum per l’estensione dell’art.18. Per ATTAC Italia ha redatto il testo della legge di iniziativa popolare per l’istituzione della Tobin tax in Italia e in Europa.

Questo testo è la bozza riveduta dell’intervento di Emiliano Brancaccio “Abolire il rentier globale: la via di fuga dal ventennio liberista” al Forum alternativo per un’Europa sociale tenutosi a Riva del Garda all’inizio di settembre in concomitanza con la riunione informale dei ministri degli esteri Ue.

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Questo sito nacque alla fine del 1999 con l'obiettivo di offrire un contributo alla riflessione sulla crisi della democrazia rappresentativa e sul ruolo dei mass media nei processi di emancipazione culturale, economica e sociale. Per alcuni anni Nonluoghi è stato anche una piccola casa editrice sulla cui attività, conclusasi nel 2006, si trovano informazioni e materiali in queste pagine Web.

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