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Genova: il ministro Pisanu e il senso dello stato

di Zenone Sovilla
C’è chi sostiene che il ministro dell’interno, Giuseppe Pisanu, sia un’anima moderata. Non sembra. Ieri anche il “pacato” uomo del Viminale si è aggiunto al coro rabbioso del picconatori di governo, quelli che al senso delle istituzioni antepongono l’arroganza del potere e una comoda quanto malintesa “ragione di stato”.
Di fronte a un atto giudiziario sulla violenza gratuita contro persone inermi alla Scuola Diaz e a Bolzaneto durante il G8 di due anni fa a Genova, episodi che imbarazzano e disturbano sinceramente anche molti esponenti delle forze dell’ordine, il ministro ha sentito l’obbligo, a caldo, a poche ore dalla notizia dei 73 “avvisi” ad altrettanti dirigenti e funzionari di polizia, di precisare – minimizzando – che si tratta di un “atto dovuto” e di aggiungere – per rassicurare i rètori del manganello – che naturalmente nessuno degli indagati sarà sospeso fino alla conclusione dell’eventuale processo. È ovvio che non si è colpevoli fino alla eventuale sentenza definitiva, ma in questo caso – di là dalle responsabilità individuali – un dato appare incontrovertibile date le numerose testimonianze oculari acquisite dagli inquirenti: pestaggi gravissimi attribuibili a un organismo dello stato che agisce nel nome di noi tutti. Tra l’altro, finora, sugli indagati sono piovute soprattutto promozioni; mentre per gli esecutori materiali dell’orribile pestaggio nel dormitorio della scuola Diaz si profila l’impunità, non tanto perché non sapessero ciò che facevano in quella palestra che si macchiava di sangue, quanto perché sono quasi tutti irriconoscibili (casco in testa, fazzoletto sul volto eccetera) e dunque non si può risalire alle responsabilità individuali, come quelle di chi, per esempio, pare fosse dotato di manganello a scossa elettrica (il cui uso è proibito, certo, ma qualche persona colpita quella notte ne porta i segni evidenti sul corpo e i medici non hanno dubbi sulla causa di quelle bruciature profonde).

A freddo, Pisanu è tornato a parlare 48 ore dopo i provvedimenti dei pm genovesi a carico dei “cervelli” di quelle aggressioni, accusati non solo dei pestaggi ma anche di aver fabbricato di sana pianta le “prove” che dovevano giustificare l’irruzione notturna in tenuta antisommossa tra i cittadini che dormivano: una sassaiola contro macchine della polizia di passaggio davanti alla scuola, il ritrovamento di due molotov all’interno dell’edificio, l’accoltellamento di un agente tra i primi a entrare, il sequestro di strumenti da scasso. Tutto inventato, secondo i pm, a cominciare dalle due molotov (un agente ha confessato che gli fu ordinato di portarle all’interno della scuola) e dal sequestro di mazze e picconi mostrate con grande cura alle telecamere compiacenti ma che erano state prese dagli agenti medesimi da un cantiere edile in un’altra ala dell’istituto. Bene, di fronte a questo scenario inquietante, nel quale si ipotizzano reati quali le lesioni gravi, l’abuso di potere, il falso eccetera, il ministro dell’interno non solo evita di intervenire per prendere atto della gravità della situazione in oggetto e per rassicurare i cittadini circa la sua vigilanza sul rispetto delle garanzie costituzionali (come quella di non essere pestati a sangue dalla polizia nel cuore della notte mentre si sta dormendo). Tacere sarebbe stato un comportamento riprovevole, indice di mancanza di coraggio democratico, ma in fondo comprensibile. E invece no, il “moderato” Pisanu non se ne sta zitto, ma dice a chiare lettere che Forza Italia – cioè il governo, cioè il Viminale, cioè lui – sta sempre e comunque vada dalla parte delle forze dell’ordine e che qualcuno starebbe trasformando gli aggrediti in aggressori.

Ministro Pisanu, lo chieda a chi è passato da Bolzaneto o a chi quella notta stava alla Diaz – come il collega giornalista Lorenzo Guadagnucci del Resto del Carlino, autore di due eloquenti volumi in proposito: “Noi della Diaz” e “Distratti dalla libertà” – quali erano gli aggrediti e quali gli aggressori.

Potremmo appellarci alla coscienza cristiana del ministro, chiedergli di sforzarsi di immaginare il sangue di giovani e anziani massacrati quella notte (c’erano molti ragazzi del movimento ma anche anziani come un ex partigiano vicentino che a tutt’oggi non si è ripreso dopo le fratture subite alla Diaz), domandargli uno sforzo di onestà e di verità nel nome nientemeno che dell’ordine democratico che quella notte (ma anche nei giorni precedenti), a Genova, è stato sospeso, come confemano gli “avvisi” di fine indagine inviati ai dirigenti (anche nazionali) della polizia di stato e della polizia penitenziaria.
Se il ministro Pisano anziché ammiccare nel torbido volesse rendere veramente un servizio alle istituzioni democratiche, dovrebbe trovare il coraggio di indicare sinceramente agli italiani e alle forze dell’ordine l’esistenza di un problema; se vuole parli pure di “mele marce” se non di prassi sistematiche da modificare (tuttavia, anche all’interno della stessa polizia di stato, esponenti sindacali con cui siamo in contatto sembrano confermare la seconda ipotesi), ma metta tutti di fronte a un nodo da sciogliere per ritrovare fiducia collettiva in un simbolo macchiato; avranno di che guadagnarci tutti, a cominciare proprio dai corpi dello stato oggi posti sotto accusa.

Un ministro che, al contrario, si nasconde sbrigativamente dietro al dito delle difese preconfezionate d’ufficio non è degno di una democrazia sana che affronti alla luce del sole i suoi guasti per superarli. Le parole di Pisanu, purtroppo,
evocano in chi ha seguito la storia patria degli ultimi decenni un meccanismo molto utilizzato ai danni della democrazia: l’insabbiamento. Un insabbiamento che, però, nel caso della Diaz e di Bolzaneto, date le evidenze e le testimonianze, fortunatamente non appare possibile. Ciò nonostante, è forte lo sgomento per il riverbero sinistro che le parole di un membro dell’esecutivo possono avere sull’autonomia della magistratura, nella fase cruciale di un’inchiesta oltremodo delicata.

Complici del rischio di grande rimozione nazionale (un’occasione persa per far crescere la democrazia e per frenare la deriva militarista che sembra impossessarsi delle forze dell’ordine) sono i mass media, che anche in occasione della svolta delle indagini su Genova hanno brillato per la loro distrazione.
In una democrazia decente, di fronte alla gravità degli atti giudiziari in questione, ci si ferma a riflettere. Stiamo parlando del rispetto dei diritti fondamentali dei cittadini, come il diritto di manifestare democraticamente la propria opinione senza finire massacrati in una palestra una notte di luglio. Non v’è dubbio che, se davvero l’attenzione primaria dei mass media così come della politica e della cultura fosse rivolta alla tutela e allo sviluppo della democrazia, venerdì scorso e nei giorni seguenti l’Italia avrebbe dovuto fermarsi non di fronte ai riflessi condizionati d’apparato del ministro Pisanu, bensì davanti alla serietà del quadro emerso a Genova e alle misure da adottare per salvaguardare il processo democratico fuori e dentro le istituzioni. E invece, il vuoto o quasi, con politici di opposizione che balbettano come un adolescente all’esame di maturità e con tiggì che aprono sulla formula uno e televisioni pubbliche e private che dedicano ore e ore di trasmissione non alla democrazia ferita ma all’aristocrazia demente del pallone.

Quanto a Tangentopoli, il ministro Pisanu, che parla di giudici Maramaldi, dovrebbe ricordare che nell’Italia degli anni ’80 il sistema politico era diventato un grande giro d’affari e che i partiti erano più attenti ai conti in banca che ai conti con la democrazia.
D’altra parte, nonostante queste storture, possiamo condividere con il ministro una certa nostalgia per quei tempi, quando al governo c’era mamma Dc: in fondo una rispettabile nobildonna comparata al partito-azienda di cui Pisanu si onora di far parte oggi…

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Questo sito nacque alla fine del 1999 con l'obiettivo di offrire un contributo alla riflessione sulla crisi della democrazia rappresentativa e sul ruolo dei mass media nei processi di emancipazione culturale, economica e sociale. Per alcuni anni Nonluoghi è stato anche una piccola casa editrice sulla cui attività, conclusasi nel 2006, si trovano informazioni e materiali in queste pagine Web.

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