Nonluoghi Archivio “Cococò” addio? Non proprio…

“Cococò” addio? Non proprio…

di Mario Verzegnassi *
Cococo addio? In realtà saranno oltre 40 le diverse tipologie di contratto di lavoro con cui padronato privato e pubblico potrà giostrare d’ora in avanti.
Un interessante rapporto del CERP (Center for research on pensions and welfare policies), che nonostante la pomposa sigla in inglese è verosimilmente italianissimo, presentato verso la metà del luglio scorso, ha permesso di analizzare le meravigliose prospettive pensionistiche legate ai famigerati contratti Co.Co.Co. Da quanto emerso dal rapporto, i versamenti contributivi effettuati da un ipotetico lavoratore CoCoCo dopo 40 anni di lavoro riuscirebbero a garantire una pensione in molti casi anche più bassa di quella sociale, oscillando – a seconda delle situazioni – tra 2.227 e 5.056 euro di pensione lorda annua (assegno sociale attuale: 4.138 E).
Si evidenzia ancora come (ed era da aspettarselo) tanto più precoce e duraturo è il rapporto CoCoCo, tanto più è a rischio la propria vecchiaia. Giusto per fare un esempio, secondo elaborazioni sulle stime di reddito da collaborazione calcolate in base ad analisi statistiche dell’ISTAT, citiamo il caso di un ipotetico “collaboratore” che abbia cominciato a pagare i contributi a 19 anni (dal 1996, anno di istituzione della Gestione separata). Questi, una volta raggiunta un’anzianità di 40 anni, percepirà una pensione di quasi 2.000 euro l’anno inferiore a quella sociale.
La ragione della “risibile” copertura previdenziale risiede “prima ancora che nella ridotta aliquota contributiva, nei livelli di reddito basso che caratterizzano la carriera di chi comincia a lavorare molto giovane”.
Insomma, un futuro tutto da precari.
Ma adesso, come ben sappiamo, grazie al “Libro bianco” del defunto Biagi, divenuto Legge dello Stato con la benedizione del Governo del “polo delle libertà” (facendo però piacere anche ad almeno una consistente parte della cosiddetta opposizione), i contratti di lavoro CoCoCo non esisteranno più.
Politici ed imprenditori pentiti? Non riuscivano a dormire pensando alla triste sorte dei giovani (e dei non più tanto giovani…) costretti ad un avvenire di precariato famelico e disperato? Neanche per sogno: semplicemente si passa ad una più avanzata fase della strutturazione della precarietà come sistema di vita per milioni di lavoratori (ed affini), di tipo più raffinato e perverso.
Dall’analisi dei contenuti della legge, risultano oltre 40 le diverse tipologie di contratto di lavoro con cui padronato privato e pubblico potrà giostrare d’ora in avanti.
Si va dal “job on call” (lavoro a chiamata) allo “staff leasing” (affitto di interi gruppi di lavoratori). A proposito, tutto questo usare termini in inglese deve essere un evidente omaggio alla “ruling class” (classe dominante, per chi non conosce l’idioma dei padroni del Mondo) dell’Impero d’oltre Atlantico, all’avanguardia nello sfruttamento sistematico ed intensivo dei lavoratori propri e delle razze inferiori che popolano il resto del nostro Pianeta. Per gli altri (Pianeti) ancora un pò di pazienza.
Nel “lavoro a chiamata” l’impresa potrà avere sempre a disposizione dei lavoratori (assunti, discrezionalmente, sia a tempo indeterminato che determinato) che, con solo un minimo di ore retribuite, dovranno rendersi disponibili alle impellenti necessità del datore di lavoro (in senso economico, via..), pronti, con un preavviso di più o meno 24 ore, a rispondere ad una telefonata ed a soddisfare le richieste “della produzione”. Buona parte delle norme di applicazione “sul campo” di queste disposizioni saranno demandate alla contrattazione sindacale, cosa questa che, coi tempi che corrono, ci rende ancora più preoccupati, vista la deriva sindacale (confederale e non solo) e la loro disponibilità a firmare le cose peggiori (per i lavoratori) in nome del proprio tornaconto.
Andiamo avanti: con lo “staff leasing” (che andrà a sostituire il cosiddetto lavoro interinale) le aziende potranno prendere in affitto interi gruppi di lavoro (al limite, interi reparti) da altre aziende; ciò – tra l’altro – creerà grossi problemi di identificazione della controparte per i lavoratori nel momento in cui questi cercheranno di far valere i propri diritti; dipendenti della ditta che li ha concessi in affitto, dovranno scontrarsi con quella che li avrà affittati, e ciò fa facilmente prevedere una continua fuga da parte delle aziende interessate che cercheranno con ogni argomentazione di non riconoscere le proprie responsabilità, in un continuo giochino a “scaricabarile”.
Ed i CoCoCo? Si trasformeranno in “contratti a progetto”, dove il “collaboratore” superprecario non si trasformerà in un lavoratore assunto a tempo indeterminato e “regolare” (come falsamente ha cercato di far credere la propaganda governativa) ma, tranne alcune categorie la cui esclusione è prevista dalla legge (pensionati, professioni intellettuali, ecc.) sarà “stimolato” a trasformarsi in una “partita IVA”, cioè praticamente a diventare un lavoratore autonomo, con tutto ciò che ne consegue.
E ciò che ne consegue significa che per l’ “autonomo” a basso reddito (che non sia cioè un professionista o un artigiano ben avviato o con “rendita di posizione” garantita, come ad esempio garagisti od impiantisti, cui leggi compiacenti assegnano compiti di controllo su “bollini blu”, impianti di riscaldamento e simili) la situazione sarà ancora peggiore di quella di un lavoratore dipendente, in quanto costretto ad obblighi di tipo fiscale e previdenziale da assolvere in proprio, senza sostituto d’imposta, e senza adeguata copertura assistenziale (malattia).
Altra “perla”, la possibilità di spezzettare le aziende: d’ora in poi sarà possibile, a partire da un’azienda “normale”, spezzettarla e creare tutta una serie di piccole aziende, con meno di 15 addetti, dotate di “autonomia funzionale”, dove i diritti sindacali – già limitati – scompariranno, con buona pace dello Statuto dei Lavoratori.
In questo modo, tutta la mobilitazione per la difesa dell”Art. 18 della Legge 300/70 risulterà essere stata completamente inutile.
E ancora: il cosiddetto “job sharing”, cioè un solo posto di lavoro diviso tra due lavoratori, che questi potranno gestire come “meglio credono”, ma sempre garantendo un orario completo; e come la paga sarà divisa in base alla percentuale del lavoro svolto, anche i diritti varranno a percentuale: ad esempio, nelle elezioni delle RSU, varrà un solo voto diviso tra i due interessati (onestamente, non mi è chiaro come: 2 mezzi voti, oppure i due devono essere d’accordo sul candidato, oppure tirano a sorte, mah).
Per finire, una dura mazzata ai lavoratori disabili.
Sarà aggirabile la legge che, fino ad oggi, prevedeva l’obbligo dell’assunzione diretta dei lavoratori portatori di handicap; le aziende potranno infatti assegnare direttamente le commesse a cooperative sociali di cui i lavoratori disabili siano dipendenti.
Non credo ci sia bisogno di aggiungere altro, visto quante ingiustizie ci vengono continuamente segnalate da chi vi lavora, nelle cooperative del terzo millennio.
E il “Sindacato ufficiale”? Nonostante le varie (ed in buona parte ipocrite) prese di posizione delle varie dirigenze (e ciò vale anche per la CGIL, sia ben chiaro!), la funzione di collocamento e certificazione che il “testamento Biagi” assegna alle OO.SS. rappresenta un ulteriore passo in avanti verso la realizzazione integrale del sindacato inteso come fornitore di servizi e non più come strumento di difesa degli interessi (di classe) dei lavoratori.
Un sindacato che sta da anni conducendo una battaglia, sotto gli occhi di tutti, per poter “mettere le mani” sul TFR di milioni di lavoratori, attraverso la gestione dei famigerati “fondi pensionistici integrativi”, e che altrettanto da anni “pone allegramente la propria firma” su CCNL vergognosi nell’impianto economico ed infami su quello normativo, non può certamente guardare sfavorevolmente ad una legislazione che gli permetterà di rastrellare iscrizioni di lavoratori ancora prima che questi vengano assunti, attraverso meccanismi di ricatto mafioso, peraltro già in voga (basta pensare a tutti quei corsi di preparazione a concorsi e riqualificazioni interne -in particolare nel Pubblico Impiego- in cui i lavoratori interessati vengono “consigliati” ad iscriversi, “per il loro bene”, a questo o a quel sindacato).
Così si accentuerà ancora il divario tra quelli che sono gli interessi specifici della burocrazia sindacale e quelli, sempre più bistrattati, dei lavoratori.
Questi ultimi rischieranno così di fare la parte del “vaso di coccio” tra i due “vasi di ferro” rappresentati da imprese e sindacati “di servizio”, con sempre meno diritti e sempre più doveri.
Quello che più colpisce, analizzando questa nuova legge, è che risponde solo in parte alle necessità economiche del padronato, visto che i dati forniti dall’ISTAT danno i contratti a tempo indeterminato in crescita; quello che evidentemente si vuole ottenere è lo spezzettamento, l’isolamento dei lavoratori, lo smantellamento dei loro storici organismi di difesa. Si vuole insomma spazzare via quel poco residuale di solidarietà tra lavoratori, cioè quella che ha rappresentato la materia prima dalla quale sono nati i Sindacati e la presa di coscienza della realtà della lotta di classe.
Contro questa legge infame, l’USI dovrà impegnarsi con tutte le sue forze.

* Mario Verzegnassi, USI Trieste
Questo articolo è tratto dall’ultimo numero del periodico dell’Unione sindacale italiana (Usi), Lotta di Classe – www.lottadiclasse.it.

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