Nonluoghi Archivio L’addio a Fabrizio Giovenale

L’addio a Fabrizio Giovenale

[ dal quotidiano Liberazione www.liberazione.it ]

di Piero Sansonetti

È morto Fabrizio Giovenale. Aveva 88 anni. È morto la sera del 21 dicembre 2006, proprio quando noi abbiamo iniziato lo sciopero dei giornali. I lettori di “Liberazione” lo conoscono benissimo. Sanno quanto fosse difficile spiegare bene, come lo faceva lui, perché l’ambientalismo è diventato un pilastro per ogni politica di sinistra. Fabrizio, credo, è stato il padre più importante dell’ambientalismo italiano, uno dei primi a scoprire quanto fosse stretto il legame che unisce la difesa dell’ambiente alla lotta per la giustizia sociale.
Lui ci ha fatto capire come e perché il sistema capitalistico – il liberismo moderno – non è compatibile con la difesa del- E’ l’ambiente. E come la distribuzione equa delle ricchezze – e dunque la lotta contro gli eccessi di accumulazione – è fondamentale per salvare le risorse della terra, cioè il futuro del pianeta. Su questo giornale, anche recentemente, Fabrizio è stato protagonista di battaglie culturali “epiche”, di dibattiti di altissimo livello. Per esempio quello che abbiamo ospitato nell’estate del 2005, aperto da un suo articolo di formidabile lucidità, e che ha visto impegnati – con grande passione e persino con punte di faziosità – da una parte quelli che la politologia chiama gli “ambientalisti” e dall’altra quelli che chiama gli “operaisti”. Per operaisti si intendono i sostenitori della crescita economica come condizione indispensabile per la giustizia sociale; gli ambientalisti invece – come Fabrizio – sostengono che l’urgenza di un nuovo modello di società può ammettere anche fasi di contenimento dello sviluppo economico e persino di decrescita.

Fabrizio odiava il pil, la politica del pil, l’economia del pil, la religione del pil. Sentiva che il pil, cioè quello che lui riteneva un feticcio, era diventato la bussola di tutti – il cuore del pensiero unico – e deviava le idee della sinistra spedendole su un binario morto.

Non so come faremo da ora in avanti, noi di “Liberazione”. Fabrizio aveva una capacità di scrittura, una efficacia nel sollevare i temi, nel dirigere le discussioni, nello spiegare i processi più complicati, che nessuno di noi ha. Il giornale perde non solo uno dei suoi collaboratori più prestigiosi: perde una penna che è molto difficile sostituire. Ho conosciuto recentemente Fabrizio.

Solo quando sono arrivato a “Liberazione”, nel 2004. Prima sapevo chi era (era stato anche amico di mio padre, negli anni ’70 e ’80, N quando lavorava al ministero dei lavori pubblici ed era una delle teste più intelligenti del socialismo lombardiano), e con lui ho avuto un rapporto prevalentemente telefonico. Però davvero intenso. Perchè lui, quando ti chiamava, non voleva solo proporti un articolo, voleva parlare delle grandi questioni, dire la sua opinione e sentire la tua, proporti la visione del mondo, aiutarti a costruire delle idee. Era difficile non volergli bene, non farsi conquistare da questo vecchio, con la voce ormai un po’ fioca, ma col cervello sempre in movimento, e con idee nuove, giovani, fresche, assolutamente anticonformiste.

[ dal quotidiano Liberazione www.liberazione.it del 27 dicembre 2006 ]

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