Non è con la saccenza del grillo parlante, ma con molta umiltà e tanta partecipazione che proponiamo queste riflessioni sulla vicenda della lotta che, da quindici anni, vede impegnata la popolazione della Valle di Susa nel contrastare il progetto TAV/TAC, più volte rimaneggiato, tanto che si potrebbe dire che nessuno sa esattamente in cosa consist È stata una lotta che per molti anni è passata quasi inosservata, se non nei momenti più drammatici, come il suicidio dei due giovani anarchici Sole e Baleno, ed è stata guidata saggiamente da leader che hanno saputo rendere egemonica, sinora, la linea della resistenza civile nonviolenta assunta con grande spontaneità dall’intera popolazione: uomini e donne, grandi e piccini.
Il primo accostamento che viene in mente è quello tra questa lotta e quella delle popolazioni che, in India, si sono opposte ai megaprogetti idroelettrici nella valle del fiume Narmada, che hanno coinvolto milioni di persone. Stessa arroganza da parte delle istituzioni, dei centri di potere economici, locali e internazionali, stessa retorica sul progresso e lo sviluppo, stessa violenza gratuita sulle popolazioni.
Ma la riflessione che vogliamo proporre riguarda anche il modo con cui continuare la lotta, entrata in questi giorni nel vivo dello scontro e tutt’altro che conclusa. Si può vedere l’irruzione della polizia come uno dei tanti esempi della violenza di stato, istituzionale, esercitata nel corso di lotte nonviolente (da Gandhi a Martin Luther King a Nelson Mandela) che possono innescare il fenomeno del boomerang nei confronti di coloro che usano questa violenza. Il primo effetto di queste cariche poliziesche è stato l’allargamento della solidarietà a un gran numero di comitati cittadini, gruppi di base, associazioni e a qualche forza politica, da Torino a Milano, dalle Alpi alla Sicilia. È un buon segno, ma occorre far crescere ancora questa solidarietà perché si trasformi in forza politica.
Al momento il conflitto è fortemente squilibrato, sebbene l’aiuto di parti esterne a sostegno dei valsusini lo stia riequilibrando. Bisogna però ricordare che la lotta nonviolenta non è una semplice passeggiata, una marcia buona per tutte le occasioni, un happening: comporta un prezzo da pagare, in termini di sofferenza e talvolta anche di vite umane. Questo prezzo, per il momento, è quasi esclusivamente a carico delle popolazioni che stanno opponendo una disobbedienza civile nonviolenta, una resistenza allo strapotere di istituzioni guidate da uomini e donne che nei centri di potere in cui si sono insediati credono di poter imporre la loro volontà senza tener minimamente conto delle ragioni degli altri, con una notevole protervia e arroganza, comune purtroppo a molte altre lotte del passato.
La resistenza deve continuare in modo coerentemente nonviolento e creativo, allargando man mano la capacità di comunicazione con tutti gli attori coinvolti. Non è facile, ma è possibile, lo è stato in passato, in situazioni ben più difficili, lo è anche in questa occasione. La scelta della violenza è desiderata da chi sta al potere e verrà probabilmente provocata ad arte, come è avvenuto a Genova nel 2001 e tante altre volte, con effetti disastrosi. La nostra rabbia, il vostro dolore, la vostra sofferenza, vanno canalizzati in una forza positiva che susciti simpatia sia in chi è ancora indifferente, sia in coloro che vi hanno duramente picchiati.
Qualcuno potrà pensare che è facile dare consigli e/o lezioni, standosene lontano dal teatro di lotta. Non è questa l’intenzione. Cari valsusini, state lottando non solo per voi, non solo per i vostri figli e nipoti, ma per noi tutti. Se anche molti di noi non possono partecipare attivamente al vostro fianco, sappiate che vi sosteniamo da lontano con un’azione che può contribuire al successo, proprio perché mira all’allargamento della base di sostegno delle parti esterne, fondamentali per la riuscita della lotta. Forse non vi rendete conto di quanto siano toccanti le immagini che ci hanno raggiunto, delle violenze che avete ingiustamente subito, della dignitosa resistenza e protesta di cittadini e cittadine di ogni ceto e di ogni età. Sappiate anche che la vostra resistenza nonviolenta, che vi invitiamo calorosamente e proseguire, come avete saputo fare finora, con creatività, ironia e determinazione è un insegnamento per noi tutti e tutte, nel presente e nel prossimo futuro, che purtroppo è destinato a vedere molte altre situazioni analoghe fino a che questo insensato e insostenibile modello di crescita illimitata che ci sta portando al fallimento e all’auto-distruzione non venga modificato in profondità. Il vostro è un esempio di difesa popolare nonviolenta e non ci deve stupire che metta in luce difficoltà e contraddizioni, frutto anche di colpevoli ritardi.
Non sarà facile dialogare con chi la pensa diversamente, ma è indispensabile farlo e noi stiamo cercando di attivare ogni canale di comunicazione. Nei prossimi giorni e nelle prossime settimane ci saranno importanti iniziative e appuntamenti anche a Torino, che consentiranno di rendere più visibile la vostra lotta. Così come si è fatto con le bandiere della pace, per contrastare la guerra in Iraq, faremo altrettanto con le bandiere NO TAV che ci auguriamo comincino a comparire più numerose dai balconi a Torino, in Piemonte e ovunque si sviluppi la solidarietà nei vostri confronti.
Sappiamo anche che la vostra non è solo una lotta “contro”, né tanto meno localista. Avete sviluppato e proposto valide alternative, quelle che Gandhi chiamava “programma costruttivo”. Non tutti ne sono al corrente. Dobbiamo raccogliere altri contributi e rendere questo progetto ancora più preciso, coinvolgente e partecipato, sino a convincere persino coloro che oggi sono indifferenti, sordi o addirittura ostili. È quanto chiediamo alle controparti politiche, locali e nazionali: fate un passo indietro, accettate di dialogare serenamente, costruttivamente e con autentica competenza. Sarà di beneficio per tutti quanti, perché esistono alternative!
Se qualche volta siete presi da sconforto e disperazione, se non vedete via d’uscita da questo tunnel, al tempo stesso metaforico e reale, ricordatevi di coloro che prima di voi e di noi hanno saputo lottare con metodi nonviolenti: il loro successo è giunto nei momenti più insperati.
Continueremo a lottare, perché questa è la cosa giusta; grideremo la verità al potere, perché in realtà il re è nudo; non vi lasceremo soli, perché come ci hanno insegnato don Milani e Aldo Capitini, questa lotta ci riguarda.