Nonluoghi Archivio L’ecologismo italiano e le novità politiche

L’ecologismo italiano e le novità politiche

[Riceviamo e volentieri diffondiamo]


di Michele Boato

Ci sono tre possibili scelte davanti ad un ecologista o ad un comitato ambientalista, che voglia fare i conti col potere politico, che si domandi: “come si può contare di più nelle scelte legislative o di governo, locali o nazionali, relative all’ambiente?”.
1. mantenersi totalmente fuori dalla politica, facendo solo attività di “movimento” (denuncia, pressione, manifestazioni, informazione, ecc.);
2. presentare (o appoggiare) alle elezioni, quando si ritenga necessario, una lista civica locale, di chiara ispirazione (anche) ambientalista;
3. inserirsi in maniera organizzata e trasparente (pubblica) anche in una formazione politica nazionale. 1. La prima opzione, fare solo “movimento”, è, forse, oggi la più praticata tra chi si dà da fare a livello locale per difendere un po’ di verde, o per impedire un inceneritore, per spingere una raccolta “porta a porta” dei rifiuti o per dare spazio a ciclisti e pedoni, per difendersi dall’elettrosmog o da una base militare o per sostenere la produzione biologica.

Essa in realtà non comporta alcuna scelta esplicita, perché è “naturale” per una associazione o comitato di base, mantenere gelosamente la propria autonomia dai partiti politici. Ciò nonostante non è raro incontrare comitati che, nonostante proclamino la loro indipendenza o “trasversalità” rispetto all’arco della politica, di fatto privilegiano i rapporti con l’uno o l’altro partito o schieramento. Volta a volta troviamo il pregiudizio positivo per la sinistra (più spesso rifondazione che ds) o i verdi, o la leganord, o (non solo al sud) per alleanza nazionale e persino l’udc.

Ma non mancano casi di legami espliciti col tale esponente del tale partito che, nelle istitutzioni locali o nazionali, sostiene apertamente la causa del comitato. E’ un male? Non necessariamente, a mio avviso, ma solo a condizione che:

a. il comitato abbia una sua autonomia (culturale, finanziaria, organizzativa) trasparente e partecipata, all’interno della quale queste “alleanze” vengono valutate, decise e, se del caso, revocate;

b. il partito, lo schieramento o il singolo politico a cui ci si appoggia, oltre ad avere una seria reputazione ambientalista, non faccia doppi giochi, cioè difenda e sostenga coerentemente, in ogni sede (anche la più lontana dal controllo popolare) le lotte e le proposte del comitato.

2. La seconda scelta, dare vita, anche solo occasionalmente, ad una lista elettorale civica, in sede locale, di matrice (anche) ambientalista non è invece una scelta “naturale”. Deriva di solito da situazioni eccezionali, che possono costringere il comitato a questo passo: si tratta di lotte o iniziative molto forti, che trovano davanti a sé un muro compatto nelle istituzioni, la sordità o addirittura l’ostilità di tutti i partiti presenti nel Consiglio comunale.

Ho conosciuto di persona alcune di queste situazioni, come Sernaglia della Battaglia (TV), con tutto il paese in piazza contro il Comune che, dopo aver venduto il territorio ai cavatori, ora lo voleva rivendere all’azienda dei rifiuti di Padova per riempire i buchi con milioni di tonnellate di rifiuti. Era il 1987, appena eletto deputato alla Camera sono stato chiamato dal Comitato locale, guidato da Adriano Ghizzo, che non si è limitato a organizzare il blocco delle strade di accesso alle cave, ma ha dato ad una delle prime raccolte differenziate d’Italia (carta, vetro, metalli e vestiti), per anni autogestita e boicottata dal Comune. Poi, arrivate le elezioni per il rinnovo del Comune, hanno dato vita ad una lista civica che ha avuto la maggioranza degli eletti, spazzato via i vecchi amministratori e realizzato, tra l’altro una raccolta “porta a porta” arrivata ai vertici nazionali (Comune riciclone con circa l’80% di riciclo).

Una situazione simile, meno conflittuale ma altrettanto partecipata, si è verificata nel comune di Breganze (VI) con il Gruppo Raccolte Caritas che, nel 1985, ha dato vita alla lista civica “Partecipazione e servizio”, ottenendo 2 consiglieri, diventati 4 alle elezioni successive del 1990; nel 1992, la lista civica entra in giunta assieme ad una DC molto rinnovata, dando vita ad una netta svolta amministrativa. Nel ’95, con la prima elezione diretta del sindaco, la lista civica prende il nome di “Breganze insieme”, vince ed elegge sindaco Francesco Crivellaro che, assieme a Giovanni Benincà, aveva dato vita all’esperienza del Gruppo Raccolte Caritas, assieme stanno governando Breganze fino al 2009.

In Italia situazioni simili, più o meno conosciute, ci sono in quasi tutte le regioni, almeno una per provincia. Si può parlare di molte decine, con sindaci eletti a furor di popolo, come Laura Puppato nel 2002 a Montebelluna (TV), sull’onda della lotta contro il progetto di un inceneritore al plasma, perseguito dalla precedente amministrazione, monocolore della Leganord. Laura Puppato, esponente del locale WWF, non è iscritta ad alcun partito, ed è stata sostenuta da due liste civiche e da un centro-sinistra che mai prima aveva avuto gran seguito e nemmeno ora, senza di lei (rieletta nel 2007) avrebbe alcuna possibilità di governare.
Qualcuno propone di coordinare, “federare” e moltiplicare queste liste; ma si tratta di esperienze molto locali, che mal sopportano inquadramenti di alcun tipo, anche se di spirito “civico”.
Il tentativo di Illy e dei suoi amici di dar vita, nel 2005-06 a un Movimento delle Liste Civiche alleate al centro-sinistra (ma da esso formalmente indipendenti) non ha avuto finora grande fortuna, sia a causa di una gestione troppo orientata politicamente, (erano, come Zanotto di Verona, sindaci poco “civici”, in realtà molto legati a Margherita e Ds), sia per una profonda diffidenza di molte altre liste civiche da qualsiasi “cappello” politico etero-diretto.

3.La terza opzione è, se possibile, ancor meno “naturale” per un comitato o singolo ecologista: inserirsi in maniera pubblica (e organizzata, se si tratta di un gruppo di persone) in una forza politica nazionale. Che senso può avere?

Nel 1985 dall’Arcipelago Verde delle associazioni che si riunivano periodicamente a Bologna (e che avevano dato vita all’agenzia di informazione/collegamento omonima, diretta dal sottoscritto e redatta dal WWF milanese di Alessio Di Giulio) abbiamo fatto nascere le Liste Verdi comunali e regionali un po’ in tutt’Italia (ce n’era già qualcuna a Trento, Bolzano, Viadana, Ancona, ma sono diventate centinaia). Il progetto era mantenere e rafforzare il movimento, l’Arcipelago degli antinucleari, ciclisti, animalisti, nonviolenti, riciclatori, università verdi, consumatori e produttori bio, ecc ; e contemporaneamente tenere un altoparlante e una sponda sicura dentro le istituzioni.

La cosa è durata così per alcuni anni, poi sempre più i Verdi (con alcune importanti eccezioni) sono diventati una cosa a sé, una parte, anzi un partito, con logiche di tessere (sempre più comprate a pacchetti), carriere immeritate, fondi dilapidati, alleanze politiche di ferro a cui sacrificare troppo, talvolta anche l’ambiente. Ecco un motivo di grandissima diffidenza verso la forma “partito”; però bisogna farci i conti, conoscerli e prendere delle decisioni ponderate.

Ora abbiamo di fronte:

– un Partito Democratico in via di formazione (il 14 ottobre 2007 gli aderenti che versano da 3 a 5 euro eleggono i/le 1400 componenti l’Assemblea costituente con i segretari nazionale e regionali),

– una Sinistra Europea fatta di Rifondazione, Comunisti it, gli ultimi fuoriusciti dai Ds con Mussi, bandoli e Angius, e una parte di Verdisolecheride;

– poi c’è un po’ di partiti “di centro” che non hanno ancora deciso che fare (Sdi, radicali, Italia dei valori, Udr di Mastella e Udc di Casini);

– il costituendo Partito delle libertà (Forza Italia e AN) e la LegaNord indecisa.

Se passa il Referendum elettorale, il premio di maggioranza (più eletti) non va più alla coalizione vincente (nel 2001 Polo delle libertà, nel 2006 Unione), ma al partito che arriva primo, quindi o P.Democratico o P.delle Libertà; agli altri poche briciole.

– Nel Partito Democratico stanno già entrando alcuni ambientalisti, attraverso la Margherita (Realacci, tuttora presidente di Legambiente, il ministro Gentiloni, ex direttore di Nuova Ecologia, pure lui Legambiente, Rutelli, già sindaco verde di Roma, Ivo Rossi, già cons.reg.verde del Veneto, ora assessore comunale a Padova, il sottosegretario agli esteri Vernetti, già assessore verde di Torino); altri attraverso i D.S. (Ronchi, già ministro verde all’ambiente, passato a Sinistra Ecologista di Fulvia Bandoli e ora senatore Ds, il sottosegr. Alla giustizia Manconi, già portavoce dei Verdi, Luigi Poletto, già cons. prov. verde di Vicenza, ora capogruppo Ds in Comune, ecc.).
Si tratta, nonostante gli evidentissimi limiti d’origine, di una grande novità da prendere in considerazione, esaminando senza pre-giudizi i contenuti del programma (sarà quello dell’Unione?), i metodi di selezione della dirigenza (le liste per il 14 ottobre), la gestione della fase nascente, ecc.

– Sinistra Europea non si sa ancora quando, come e con che nome definitivo nascerà; è piena di pacifisti, ambientalisti, lettori del manifesto e del settimanale Carta. Ha però anche una pesante ipoteca operaista-sindacalista ( e perciò industrialista) e, per una quota, stalinista.

I “Verdi” sostenuti-sostenitori dei centri sociali del nord-est , romani ed altri, la vedono come una realizzazione del loro sogno rosso-verde (più sociale che ambientale); gli ecologisti e nonviolenti guardano questa aggregazione con molta attenzione (la svolta nonviolenta di Bertinotti del 2005 non era solo propaganda pre-elettorale), ma, finora, senza entusiasmo: ricorda troppo il Pdup-Manifesto e la nascita di Democrazia Proletaria.

– I partiti di “centro” possono ispirare talvolta qualche simpatia (una volta i radicali contro la pena di morte, un’altra Follini o persino – ma è ormai rarissimo- Di Pietro) ma basta sentirli parlare di TAV, inceneritori, nucleare, Mose per capire che c’è poca strada da fare assieme.

– Così pure per la LegaNord o il Partito delle Libertà, anche se, anche lì dentro, si trovano alcune brave persone, protagoniste di lotte contro l’elettrosmog, per la raccolta differenziata spinta dei rifiuti, per le piste ciclabili, ila difesa del verde urbano, ecc. Si tratta di “mosche bianche”, con cui collaborare o da sostenere nelle singole attività (come le lotte, condotte dal sottoscritto assieme al governatore Galan, contro il progetto ENI di trivellazioni metanifere al largo di Venezia e Chioggia o quelle contro il ciclo del cloro della chimica di morte di Marghera), molto difficilmente però saranno alleati a tutto campo dei comitati ecologisti.

Questo è un ventaglio, forse ancora incompleto e comunque molto personale, delle scelte che si presentano all’ecologismo politico ad inizio estate 2007.

Vogliamo discuterne via mail? O anche di persona? Troviamo le occasioni, possibilmente gradevoli.

Michele Boato
direttore Ecoistituto del Veneto “Alex Langer” e delle riviste Gaia e Tera e Aqua – LINK: www.ecoistituto.veneto.it

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