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Nigrizia: “Il costo della pace”

(Pubblichiamo l’editoriale del numero di dicembre dell’interessante rivista Nigrizia, edita dai missionari comboniani – www.nigrizia.it/)

DICEMBRE 2003 – L’ultimo editoriale dell’anno parla ancora una volta di pace e di guerra. A questi temi sono stati dedicati nel 2003 buona parte degli editoriali, che «ci dicono qualcosa sui morti italiani di Nassiriya il 12 novembre, sulle stragi contro le sinagoghe e contro obiettivi inglesi a Istanbul il 15 e il 20 novembre, sulla guerra che, di fatto, non è mai finita in Iraq e sull’escalation del terrorismo». Il costo della pace

«Siamo davanti ad una guerra che: a) allarga paurosamente il ventaglio dei tipi di guerra (d’ora in poi, chiunque è legittimato a imbastire una guerra preventiva); b) sfida l’Italia a prendervi, in qualche modo, parte (tanto per cominciare, aprendo il proprio spazio aereo); c) consacra il ruolo di un solo paese, gli Usa, come gendarme del mondo; d) non metterebbe fine al terrorismo internazionale ma, ne siamo pressoché certi, innescherebbe una proliferazione di guerre senza fine». Nigrizia, febbraio 2003, editoriale.

«Se la pace è una priorità, i parroci lo ricordino ogni domenica in chiesa, senza aver paura di mescolare il Vangelo con la riforma dell’Onu, i doveri del cristiano con quelli del cittadino». Nigrizia, marzo 2003, editoriale.

«Dalle macerie e dai lutti provocati l’11 settembre 2001 da un terrorismo ottuso e senza prospettive era possibile ripartire imboccando una strada diversa, affrontando le ragioni strutturali, economiche e politiche, che alimentano i terrorismi, e riconoscendo all’Onu il ruolo che gli doveva essere proprio fin dalla nascita: essere il fulcro della costruzione di un ordine mondiale democratico. L’amministrazione Bush ha scelto, con la guerra iniziata il 20 marzo, di rispondere alle macerie con altre macerie». Nigrizia, aprile 2003, editoriale.

«Le ragioni ufficiali della guerra all’Iraq erano: a) il regime di Saddam Hussein possedeva armi di distruzione di massa; b) il regime fiancheggiava al-Qaeda e fomentava il terrorismo; c) il Medio Oriente aveva bisogno di importare una massiccia dose di democrazia. A tutt’oggi non è stata rinvenuta alcuna prova dell’esistenza di armi di distruzione di massa e il terrorismo ha cominciato a colpire paesi ritenuti vicini all’Occidente (Marocco, Arabia Saudita, Turchia, Israele). Quanto alla democrazia… ». Nigrizia, giugno 2003, editoriale.

Buona parte degli editoriali di quest’anno sono stati dedicati ai temi della guerra e della pace. Ne abbiamo riproposto qualche stralcio (per i testi completi clicca qui) perché ci dicono qualcosa sui morti italiani di Nassiriya il 12 novembre, sulle stragi contro le sinagoghe e contro obiettivi inglesi a Istanbul il 15 e il 20 novembre, sulla guerra che, di fatto, non è mai finita in Iraq e sull’escalation del terrorismo. Un terrorismo – e stiamo parlando di oggi e di domani – che può mettersi a colpire direttamente l’Italia e l’Europa. Un terrorismo che tonnellate di bombe e centinaia di migliaia di soldati non hanno affatto fermato.

Noi rimaniamo convinti che per battere il terrorismo e per promuovere la pace bisogna spendere le nostre risorse politiche ed economiche non verso un ordine internazionale unilaterale e difeso da eserciti sempre più potenti, ma piuttosto puntare ad un ordine internazionale “plurale” e più giusto. E per farlo bisogna soprattutto differenziare la politica dell’Europa da quella Usa (le ragioni vere della guerra all’Iraq si chiamano petrolio e geopolitica): lo chiedono la nostra storia, la nostra collocazione geografica e i nostri interessi. Un’Europa capace finalmente di dialogare a tutto campo con l’islam moderato (il terrorismo ha colpito la Turchia perché paese avviato alla democrazia, perché vi vige uno stato laico, perché i legami con l’Europa stanno diventando forti) e capace di avere una voce distinta nelle sedi (Omc, Fmi, Bm) dove si mettono a fuoco le politiche economiche e commerciali globali.

Naturalmente tutto ciò ha un costo, in termini di coesione politica e in termini squisitamente economici. Insomma, siamo chiamati anche a saper rinunciare al nostro insostenibile stile di vita. Ma la ricerca di una pace duratura vale senz’altro questo costo.

Se invece, come pare, i nostri governanti vogliono continuare a fare guerre globali funzionali a un terrorismo globale, è urgente che l’opinione pubblica italiana ed europea (che ha forti radici cristiane) ascolti sul serio il grido più volte lanciato da Giovanni Paolo II in questi mesi: «Mai la guerra! La guerra è sempre assurda!» E ascolti anche le parole del vescovo di Caserta, mons. Raffaele Nogaro: «Fenomeni come il terrorismo non si combattono con le armi. Bisogna fare attenzione a non esaltare il culto dei martiri e degli eroi della patria, strumentalizzando la morte di questi nostri giovani per legittimare guerre ingiuste».

E che le lacrime sgorgate davanti alle bare degli italiani uccisi in Iraq non ci annebbino la vista così da non vedere la morte, le molte altre morti. Già, altre morti! Chi si ricorda e a chi importa dei 3 milioni di persone morte dal 1998 ad oggi a causa della guerra nell’Rd Congo?

Fonte: www.nigrizia.it

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