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Un brutto pasticcio

[ da Il Manifesto – www.ilmanifesto.it ]

di Gabriele Polo

Credevamo di essere nelle mani di Pallaro, l’italiano all’estero che fa il lobbista. Simbolo di un nuovo trasformismo basato sugli affari privati. Invece siamo finiti nelle mani di Andreotti, Pininfarina e Cossiga: Vaticano, Confindustria e Usa uniti in una rinata comunità d’interessi, che rivitalizzano un trasformismo più antico, di «alto livello», che vuole condizionare e pesare, che può preparare la svolta centrista tanto attesa e studiata. Anche se poi, magari, tutto avviene sotto le spoglie di un incidente di percorso. Ma si sa che gli incidenti – in politica – non sono mai casuali. Il governo Prodi è caduto, complici un assetto istituzionale fragilissimo, una legge elettorale costruita apposta da Berlusconi per condizionare il futuro e una maggioranza che al senato camminava sul filo del rasoio. Debolezze strutturali. Ma il centrosinistra sapeva fin dal 10 aprile che le cose stavano in questo modo. Ha scelto di andare avanti mettendo in sofferenza la sinistra e contando sull’apporto dei senatori a vita, pensando di poter arrivare così all’atteso cambio – in senso democratico – dell’inquilino della Casa bianca: finché il nodo dei rapporti con gli Stati uniti ha fatto saltare tutto, scontentando sia chi voleva più discontinuità in politica estera sia chi ne vedeva già troppa. E aprendo così un nuovo gioco, che dalla politica estera si propone di cambiare tutti gli assetti politici. In altre parole la maggioranza – per la sua eterogeneità e sotto il peso dei vincoli internazionali – non ha saputo scegliere: che logica può mai tenere assieme il sì alla base americana di Vicenza con l’enfasi sulla discontinuità dell’ultimo discorso da ministro di D’Alema? Fragile e scoperto sui lati, il governo è caduto. E adesso gli elettori di sinistra assistono basiti e spaventati a manovre pericolose: avrebbero preferito essere «usati» di più per qualificare le scelte dei loro eletti, invece di essere snobbati come fenomeno residuale di piazza (per dirla alla Napolitano).
Ora si apre una crisi al buio, senza sbocchi predeterminati. La cosa peggiore sarebbe una nuova maggioranza allargata al centro, sia nella forma di un’inclusione della scalpitante Udc, che in quella di un governo istituzionale o tecnico. Soluzioni che sovvertirebbero il mandato elettorale in nome della governabilità a tutti i costi e che nel concreto produrrebbero scelte sempre più moderate, fino a determinare una continuità di merito con il governo di centrodestra sconfitto l’anno scorso. Poi c’è l’ipotesi di un Prodi annacquato con la sinistra nelle vesti di prigioniera politica, costretta a smussare sempre di più la propria azione e sempre meno incisiva. Infine c’è una quarta ipotesi, la più difficile dal punto di vista parlamentare, ma quella più rispondente al mandato elettorale: confermare la maggioranza che ha battuto Berlusconi, costringere i moderati dell’Unione a moderare le loro pretese dando voce a chi si vuole rappresentare, che (come i cittadini di Vicenza dimostrano) è meno moderato e più concreto di quanto si pensi. Difficile, ma perlomeno lineare. Altrimenti è meglio evitare pasticci e tornare alle urne.

[ da Il Manifesto – www.ilmanifesto.it ]

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