Nonluoghi Archivio Vogliono distruggere il giornalismo: scioperiamo

Vogliono distruggere il giornalismo: scioperiamo

di Pino Nicotri

Il titolo di questo mio interventi, cari colleghi, potrebbe anche essere “CONTRATTO NAZIONALE/Dal Cococo al Cocopro e ora al Cococolf”. Eh sì, perché vogliono ridurci come i collaboratori domestici, meglio noti come colf. Nella sede dell’Associazione romana stampa in piazza della Torretta non credevo alle mie orecchie. Silvia Garambois ci stava spiegando ai comitati di redazione del Lazio che gli editori impegnati nella trattativa Fieg-Fnsi per la definizione del nuovo contratto nazionale di lavoro sono disponibili sì ad abrogare la legge 30 – meglio nota come legge Biagi anche se in realtà è la legge voluta dal ministro Antonio Maroni – ma facendola rientrare dalla finestra. Anzi, dal portone principale.

Gli editori pretendono infatti di inserire, nel nuovo contratto nazionale, la possibilità di affittare ad altre testate i propri giornalisti! Chiarisco: non solo a una eventuale testata dello stesso gruppo editoriale, ma anche a quelle di altri gruppi. Pazzesco. O no? E non è finita: pretendono anche di poter trasferire un redattore dove meglio loro aggrada, anche ben oltre i 50 chilometri di distanza oggi ammessi. Il tutto senza che il giornalista nel mirino possa dire no oppure anche solo ba.

Pensavo che Garambois fosse ubriaca o che lo fossi io, o che ci fosse un equivoco da qualche parte. Invece no, è proprio così. Siamo al giornalismo – cioè all’informazione – da repubblica delle banane, anzi delle bucce di banane.

Ripeto quindi ciò che ho detto alla Romana e il giorno dopo in assemblea a L’espresso. Vale a dire: se queste pretese passano, è la fine della possibilità di carriera di tutti i giornalisti che non siano direttori o qualcosa di simile, nonché la loro uscita definitiva dal mercato. Oggi infatti se per esempio Repubblica vuole assumere un collega del Corsera, o viceversa, deve offrirgli più di quanto già ha: in termini di stipendio, magari di qualifica e forse anche di benefits. E poi un giornalista formato a Milano non è detto sia capace di ambientarsi e di esprimere al meglio la realtà, che so, in Calabria. Un collega che lavora a l’Unità o al Manifesto dubito si trovi bene a Il Giornale o a Il Foglio o all’Osservatore Romano o all’Avvenire d’Italia. Certo, il nostro mestiere consiste nel cercare le notizie, quale che sia la testata, ma anche nel raccontarle e a volte di commentarle o di farle commentare. Chiaro come il sole che ogni giornale ha una sua linea politica e culturale che non si può cambiare dal mattino alla sera come fossero un paio di mutande. Strano che queste cose gli editori non lo sappiano. E siccome è ovvio che le sanno benissimo, allora se ne deve dedurre che in mutande ci vogliono lasciare noi.

Dove lor signori vogliono andare a pare è evidente. Sotto la punta della piramide fatta da strapagati alla Giuliano Ferrara, Gad Lerner, Paolo Mieli, Enrico Mentana, Giulio Anselmi e firme famose varie, ci sarà l’enorme resto della piramide composto da colleghi – ma si potranno chiamare ancora tali? – che nuoteranno solo per restare a galla. Senza speranza di grandi traversate. Al massimo, arrivare a fine mese…

Ripeto anche il paragone che ho fatto in piazza della Torretta e a L’espresso: siamo passati dal co.co.co al co.co.pro; non contenti, gli editori ora vogliono farci passare dal co.co.pro al co.co.colf. Gli editori puntano infatti a ridurci tutti al livello delle colf. Non potendo assumere extracomunitari, almeno fino ad ora e solo a causa delle difficoltà della lingua, si imbocca la strada della co.co.colfizzazione. Siamo uomini o caporali, si chiedeva Totò. Noi dovremo chiederci se siamo giornalisti o colf. Con tutto il rispetto dovuto ai collaboratori domestici, ovviamente. Però non è detto: visto lo stato penoso in cui hanno ridotto la lingua italiana in televisione (ma anche a scuola, se è per questo), con strafalcioni a gogò e la gara a chi utilizza più stranieri parlanti in semi- oppure in simil-italiano (ah, il fascino dell’esotico, ovvero del nostro provincialismo!), non è detto che fra qualche tempo non possano assumere direttamente gli extracomunitari…

Mi resta però una curiosità, che non riguarda gli editori bensì i nostri colleghi al vertice (anche) della Fnsi. Che la legge Treu e la legge 30-Biagi-Maroni fossero frutti avvelenati, anzi autentiche porcherie, era chiaro come il sole: soltanto degli ingenui potevano pensare che, in Italia!, le leggi inventate per “fare emergere il lavoro nero” non avrebbero finito invece col fare affondare il lavoro “bianco”. Il risultato infatti è sotto gli occhi di tutti: per i giovani è oggi impossibile trovare un posto di lavoro con contratto a tempo indeterminato anziché vessatorio a tempo determinato e rinnovabile a piacere del signor padrone. Siamo passati dall’occupazione di massa alla sottoccupazione di massa.

Ci sono milioni di giovani costretti a campare in casa dei genitori anche fino a 40 anni, impossibilitati ad affittare una casa decente (gli affitti sono ormai da rapina, da galera per i proprietari), impossibilitati a sposarsi, a fare figli, in definitiva a essere felici e cioè a vivere. Sono condannati ad essere eternamente tra “color che son sospesi”, condizione che però Dante aveva previsto per un tristanzuolo Aldilà e non per la vita Aldiquà. Conosco un sacco di giovani in queste condizioni e quando me ne parlano mi vergogno: non so bene di cosa, ma mi vergogno. Forse di avere fallito con la mia generazione il tentativo di preparare per loro un presente e un futuro migliore.

La riforma delle pensioni è già stata fatta, e in silenzio. Prima le pensioni servivano a godersi almeno un po’ la vecchiaia. Oggi servono per mantenere i figli, fino ad età sempre crescente. Mi chiedo cosa succederà quando questa generazione di genitori sarà passata a (si spera) miglior vita e i loro pargoli di 35-40 anni resteranno in brache di tela, senza poter attingere alla pensione di papà o di mammà. Faranno le barricate? Diventeranno tutti musulmani oppure – oibò – comunisti? Mala tempora “curreranno”…

Intanto però mi chiedo come fanno nel consiglio generale dell’Inpgi a garrire in continuazione che “dobbiamo pensare ai giovani, fare la riforma delle pensioni per garantire un futuro ai giovani” gli stessi colleghi che, al tavolo delle passate trattative Fieg-Fnsi, non hanno sbarrato la strada alla distruzione del futuro (e della pensione) dei giovani provocata dalla legge Treu e dalla 30-Biagi-Maroni. [Credo che la stessa domanda se la debbano porre anche negli altri sindacati, riguardanti altre categorie di lavoratori, dove la situazione occupazionale giovanile è pure pessima, e anzi “più pessima” che nel giornalismo].

Capisco la retorica e il populismo blateratorio, ma, cari colleghi al timone (anche) dell’Inpgi, mica siamo tutti scemi o smemorati.

Mah.

Pino Nicotri (membro del CdR de L’espresso e del gruppo sindacale Senza Bavaglio)

p.s. Ovviamente bisogna scioperare compatti nei giorni fissati dal sindacato per l’emittenza radiotelevisiva, per i quotidiani e per i periodici. Vale a dire, rispettivamente, l’8 e il 9, il 9 e il 10, i giorni utili per far saltare il primo numero dei periodici dopo la decisione della Fnsi. E prepariamoci a una lunga marcia…

nonluoghi

nonluoghi

Questo sito nacque alla fine del 1999 con l'obiettivo di offrire un contributo alla riflessione sulla crisi della democrazia rappresentativa e sul ruolo dei mass media nei processi di emancipazione culturale, economica e sociale. Per alcuni anni Nonluoghi è stato anche una piccola casa editrice sulla cui attività, conclusasi nel 2006, si trovano informazioni e materiali in queste pagine Web.

More Posts

ARTICOLI CORRELATI