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Italia, prove tecniche di teocrazia

di Lucio Garofalo

L’esito referendario del 13 Giugno scorso ha riconfermato una serie di tendenze di natura regressiva, in atto in Italia da diversi anni. Una riflessione preliminare merita l’ennesimo fallimento di un’iniziativa referendaria: da 10 anni nessun referendum è mai più riuscito a centrare l’obiettivo del fatidico quorum, ossia un livello di affluenza alle urne superiore al 50 % (esattamente il 50 % più uno). Le statistiche riportate su molti quotidiani italiani, ci rammentano che l’ultima campagna referendaria conclusa con un risultato convalidato dal quorum, risale addirittura al 1995, ossia al referendum concernente la Legge Mammì sulla Tv.

Già in passato, il 3 Giugno 1990, il referendum promosso contro la caccia e l’uso dei pesticidi, fallì: quello fu davvero un precedente storico.

In seguito, a parte una parentesi di 5 anni costellati da alcuni referendum vittoriosi in materia elettorale (anni, tuttavia, che hanno registrato l’avvento di Tangentopoli e il crollo della prima Repubblica), si sono susseguiti innumerevoli insuccessi referendari proprio a causa del mancato raggiungimento del quorum.

Indubbiamente, in Italia il referendum è stato uno strumento abusato, soprattutto dai Radicali di Marco Pannella, per cui negli ultimi anni si è alquanto usurato, diventando un arnese vecchio che, così com’è, può solo essere rottamato. Oppure, e questa sarebbe una valida ipotesi risolutiva, occorre rivedere il meccanismo del quorum, o abolendolo completamente (come suggeriscono i Radicali) oppure ridimensionandolo (chi propone una riduzione al 33 %, chi al 25 %, ecc.) o ancorandolo ai risultati delle ultime elezioni politiche per la Camera dei Deputati, vale a dire prefissando una cifra “mobile”. Si pensi che altrove, ad esempio nella Confederazione elvetica, i referendum si vincono con il 20 % dei voti!

Comunque sia, nonostante i 10 milioni di Sì, il risultato del 13 Giugno ci induce all’amara constatazione dell’ennesimo insuccesso di uno strumento (l’unico previsto dalla nostra Costituzione) di democrazia diretta a disposizione dei cittadini italiani.

Dunque, già questo è un motivo di preoccupazione che attesta, in modo inoppugnabile, un processo storico di declino e logoramento, non solo e non tanto dell’istituto referendario in sé, quanto soprattutto degli spazi di agibilità democratico-partecipativa che vanno sempre più assottigliandosi nel nostro sventurato Paese, ormai governato da una nuova teocrazia, camuffata sotto la veste di una repubblica parlamentare.

A questo aspetto si lega un problema che rivela un’importanza ancora più vasta e profonda. Mi riferisco alle vicende che hanno determinato il fallimento del referendum, ossia alle gravi responsabilità storiche ascrivibili alle gerarchie ecclesiastiche che, a partire dalla curia pontificia e dalla Conferenza Episcopale Italiana, fino ai livelli inferiori del clero italiano, hanno esercitato pesanti ingerenze ideologico-politiche, attraverso una soverchiante campagna astensionista che ha assunto toni ricattatori e terroristici ed ha condizionato in modo decisivo l’esito referendario.

Non si può negare che la forte presa di posizione del Vaticano rispetto al voto referendario, con tutta la sua portata in termini di arroganza e di ipocrisia moralistica, costituisce la conferma di un rigurgito di neoguelfismo e di una restaurazione clerico-fascista (per dirla alla Pasolini) quali tendenze ormai insite nella cultura, nel costume e nella società di questo Paese.

Non c’è alcun dubbio che abbiamo assistito ad una vittoria del Vaticano e del clero più reazionario, controriformatore e preconciliare, ovvero ad una bruciante sconfitta della laicità e della democrazia (legale e reale) nel nostro Paese. Un Paese ormai riconsegnato (semmai si fosse affrancato) nelle mani di una teocrazia pseudo-repubblicana il cui capo indiscusso non è tanto papa Nazi-nger (figlio della gioventù hitleriana), bensì sua eminenza il cardinale Ruini, la vera mente strategica della reazione clericale. D’altronde, lo stesso Ruini ha dichiarato apertamente la volontà della Chiesa cattolica di recuperare e rilanciare la propria centralità nello scenario politico nazionale ed internazionale, attraverso una strategia egemonica già avviata durante il pontificato di Wojtyla.

La scelta della tattica astensionista non è stata casuale, nella misura in cui era mirata non solo ad accaparrarsi la quota dell’astensionismo “fisiologico”, ma altresì ad eliminare la segretezza del voto, con l’effetto di condizionare ancor più la scelta degli elettori cattolici.

E’ inutile nascondersi o far finta di nulla. Non si può negare che l’esito dell’ultimo referendum ci ha consegnato l’immagine di un Paese ancora più oscurantista, retrogrado e vulnerabile.

I politici di professione, quelli che aspirano a far carriera, anche quelli di sinistra (persino i dirigenti del P.R.C.) hanno timore ed esitano a fare affermazioni del genere, soprattutto per non urtare la suscettibilità dell’opinione pubblica italiana, ossia per non perdere consensi elettorali.

Ma chi, come il sottoscritto, non persegue interessi di tipo elettorale, sarebbe ipocrita e vile se non ammettesse e non capisse quella che è una realtà abbastanza evidente, cioè che negli ultimi 20 anni, in Italia si è compiuta un’involuzione sociale e culturale gigantesca, in senso illiberale e reazionario.

Non si tratta di accettare o rispettare “democraticamente” (ossia nel nome di una democrazia fittizia, strumentale ed ipocrita) la libertà d’opinione e la volontà del popolo italiano, in quanto questo non ha avuto modo di esprimersi liberamente, avendo subito gravi limiti, ingerenze e censure che ne hanno condizionato e ostacolato il libero arbitrio, da parte soprattutto dello strapotere clericale che in Italia non è mai morto, anzi non è stato neppure moribondo, ma oggi appare molto più agguerrito e radicato rispetto a 25-30 anni fa. Insomma, il regime clerico-fascista è risorto (sempre che fosse defunto) più prepotente ed intollerante che mai!

Si è confermata una verità storica ineccepibile, che era già chiara a Gramsci oltre 80 anni fa e che fu riconosciuta e ribadita da Pasolini mezzo secolo dopo, cioè che in Italia la sinistra autenticamente laica, anticlericale, repubblicana, rappresenta un’esigua minoranza, inferiore addirittura al 30 % dei voti. Non a caso, per vincere le elezioni e battere una destra clericale e reazionaria (che in Italia ha sempre avuto una presenza forte, diffusa e capillare) la sinistra è costretta a ricercare alleanze con le forze cattolico-centriste e una parte dei moderati.

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Questo sito nacque alla fine del 1999 con l'obiettivo di offrire un contributo alla riflessione sulla crisi della democrazia rappresentativa e sul ruolo dei mass media nei processi di emancipazione culturale, economica e sociale. Per alcuni anni Nonluoghi è stato anche una piccola casa editrice sulla cui attività, conclusasi nel 2006, si trovano informazioni e materiali in queste pagine Web.

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