nonluoghi
percorsi
copertina
percorsi
libri
inchieste
novità
i i
notiziario
la satira
racconti
archivio
editorali
calendario
interviste
musica
notizie
scrivici

Lo sconcerto sindacale
Appello per la ricostruzione di un sindacalismo libertario, più democratico e conflittuale
 

  "Gli ultimi 10 anni della nostra vita...
   O forse di più. Provate a datare gli eventi o i processi iniziati e mai finiti, oppure la fine/inizio del ciclo economico ed ecco lo scenario che appare, replicando se stesso: riduzione delle dimensioni delle unità produttive; spostamento di alcuni settori produttivi verso paesi con un più basso costo della forza-lavoro e con esili vincoli ambientali e assenza di norme anti-inquinamento; modificazione dell'organizzazione del lavoro, estensione di forme "anomale" e precarie di rapporto di lavoro; esternalizzazione rispetto all'azienda di molte lavorazioni; introduzione del tele-lavoro; sviluppo dell'informatica e della telematica e loro applicazioni nel processo produttivo; varo di politiche restrittive della base produttiva; repressione dei consumi; cedimenti in materia di flessibilità dell'uso della forza-lavoro e propensione alla  creazione di differenziazioni salariali; progressivo svuotamento del CCNL; trasformazione del salario indiretto e differito in opportunità di accesso al mercato del welfare. 

   Tutte queste cose vi sono note. Tutte queste cose impongono un ripensamento dell'azione sindacale. A tutte queste cose non ha saputo opporsi un sindacato confederale che ha scelto la strada della completa subordinazione alle politiche padronali.

Il sindacalismo concertativo

   Concertazione, triangolazione, partnership. Far propri gli interessi economici nazionali (una sorta di neo-corporativismo), sacrificando gli interessi dei lavoratori. Il dramma del sindacalismo confederale è duplice: da un lato tenta di "governare" le scelte macroeconomiche, ponendosi ai tavoli quale parte sociale portatrice di un parere obbligatorio e vincolante, ma la nuova fase economica non sembra prevedere una presenza del sindacato come elemento costitutivo del nuovo patto sociale, perché nei progetti del capitale non c'è spazio né per la cogestione alla CGIL, né per il solidarismo cristiano alla CISL.
   Dall'altro tenta di "governare" la contrattazione imponendola ad una controparte che la accetta volentieri purché sia una scatola vuota in cui i contenuti sfuggono al controllo dei lavoratori, in quanto decisi dalle compatibilità di sistema (programmi aziendali, produttività).
   Nel suo percorso verso la completa istituzionalizzazione, il sindacalismo concertativo ha quindi un destino di agenzia di carattere consultivo, gestore di servizi finanziari per i lavoratori. L'inganno ed il danno per i milioni di iscritti è doppio: si fa strada l'idea che questo è l'unico sindacalismo possibile e al tempo stesso si perde la nozione, la pratica e la memoria di sindacato quale luogo della ricomposizione e difesa collettiva degli interessi di classe.

   E' pur vero che (r)esistono settori di opposizione in alcune categorie o in alcune realtà geografiche; è pur vero che in alcuni casi possiamo assistere a dure lotte condotte a livello di singola situazione, dove l'unità dei lavoratori impone un sindacalismo conflittuale e prevale sulle logiche CGIL o CISL; è pur vero che alcuni coordinamenti RSU di settore o di territorio hanno saputo imporre un altro punto di vista rispetto alle decisioni delle segreterie locali o nazionali.
Ma queste realtà non sembrano poter più "recuperare" i sindacati confederali (e soprattutto il ceto burocratico-dirigenziale) a forme di rappresentanza e di lotta che li trascinino fuori delle secche del sindacalismo concertativo verso un sindacalismo conflittuale; e se questo può dispiacerci fino ad un certo punto, per altri versi deve indurci a guardare queste realtà come spezzoni di classe ­vessati dal moderatismo e dall'autoritarismo dei dirigenti- inclini a praticare forme di sindacalismo conflittuale dove poter sviluppare una prassi libertaria.
 

Il sindacalismo conflittuale 

   Il vuoto che ha creato e sta creando il sindacalismo concertativo ha permesso che si sviluppassero varie forme ed aggregazioni sindacali alternative e di base, la cui costituzione, diffusione e crescita ha un andamento ancorato alle storie personali degli attivisti sindacali, al luogo ed al settore di lavoro. Queste aggregazioni, passate dai movimenti cobas  a veri e propri sindacati (costo, ricordiamolo, non indifferente: occorre sottoscrivere la L.146/90 e gli accordi sulle RSU), hanno aumentato il numero degli iscritti, sono riuscite a far eleggere propri rappresentanti nelle elezioni RSU degli ultimi anni in diverse categorie, riescono in alcuni casi a promuovere iniziative di lotta (locali e nazionali; giuridiche e scioperi) che riscuotono un certo seguito, anche tra i non iscritti. Con il crescere della credibilità e della rappresentatività (quella politica se non numerica) dovrebbe crescere anche la responsabilità di questi sindacati - sia di fronte ai propri iscritti, sia di fronte ai lavoratori tutti - quali soggetti portatori di un progetto alternativo.
Purtroppo la pluralità di sindacati di base non ha finora portato valore al sindacalismo conflittuale, ma si è mutata in frantumazione dell'unità dei lavoratori con conseguente indebolimento del progetto alternativo: ricostruire un sindacalismo di classe a democrazia diretta.
   La stessa costituzione di un sindacato Cobas per la primavera del 2001 (frutto dell¹aggregazione di SdB, S.in.Cobas e Confederazione Cobas) se è vero che procede verso una riaggregazione parziale ed una semplificazione del quadro del sindacalismo di base, è comunque attesa alla prova del confronto con gli altri pezzi del puzzle, non meno importanti e non meno significativi e con storie diverse alle spalle.

Perciò?

Ruolo degli attivisti sindacali anarchici e libertari

   Ci sono moltissimi lavoratori/trici anarchici/che attive/i in diversi sindacati, dalla sinistra CGIL ai vari Cobas, dall'USI all'Unicobas, alle RdB/CUB, in vari settori e categorie, in diverse realtà geografiche e politiche. Molti altri non fanno riferimento ad un sindacato preciso. Più spesso la scelta è data dalla materialità dei rapporti di forza nel luogo di lavoro più che dal sentirsi rivoluzionari, è data dalla condivisione di un percorso o di una stagione di lotte con i compagni di lavoro più che dal massimalismo di una sigla o di un'altra. 

   Molto spesso gli attivisti sindacali anarchici e libertari sanno essere elementi di unione dei lavoratori e non di divisione, sanno puntare alla comunanza di interessi e di intenti e non al settarismo. E questo perché essi stanno là dove la coscienza di classe si organizza in un dato momento storico, nelle forme che il conflitto sociale e la soggettività dei lavoratori delineano. 
Non ci sono contenitori predefiniti, né sindacalismi da seguire: prima ancora che ai sindacati definiti, gli anarchici attivisti sindacali sono attenti alle forme di autoorganizzazione della classe nei luoghi di lavoro e nel territorio, perché l¹organizzazione di massa si costruisce a partire da lì. Lì dove gli anarchici attivisti sindacali sono dentro quella dimensione organizzata dei lavoratori e ne favoriscono la crescita. 

  Gli anarchici attivisti sindacali scelgono i lavoratori prima delle sigle, scelgono l'unità dei lavoratori prima delle sigle, sostengono le lotte dei lavoratori per la difesa dei loro interessi indipendentemente dalla forma o sigla scelta, dal tipo di sindacalismo scelto, purchè porti ad un miglioramento delle condizioni di vita del proletariato, all'apertura di spazi più liberi nella società. E se in queste lotte e/o sindacati, gli anarchici sono capaci di dire la loro e di essere "di-guida", avranno rafforzato l'autonomia dei lavoratori e rilanciato il ruolo dell¹anarchismo di classe. E cioè si sarà fatto del concreto sindacalismo rivoluzionario, del concreto anarcosindacalismo, del concreto sindacalismo libertario, del concreto sindacalismo!

   Certo, molto spesso essi devono difendere il loro sindacato dalle "male arti!" dei riformisti, e questo sarà più facile se sarà un sindacato che gode delle simpatie e dell'appoggio dei lavoratori. Gli attivisti sindacali anarchici e libertari sanno caratterizzare una piattaforma in senso conflittuale, sanno portare all'interno dell'organizzazione delle lotte una prassi libertaria, sanno far conoscere e sviluppare la democrazia diretta, il controllo dal basso sui delegati, sulle fasi della contrattazione. Anche ricorrendo alle famigerate RSU.
E nei luoghi di lavoro non è proprio questo il nostro compito? Ricostruire l'unità di interessi tra  lavoratori con diverse forme di contratto, riprendere nelle mani la contrattazione decentrata, tutelare il diritto alla salute, gestire l'orario per gestire meglio la vita, svincolare il salario dalla produttività?

   E nel territorio non è proprio degli anarchici e dei libertari costruire luoghi e situazioni in cui possa ricostruirsi quel tessuto associativo, di dibattito, di elaborazione politica e culturale, di solidarietà, come furono le Società di Mutuo Soccorso e i circoli culturali che in passato fecero forte il movimento operaio e permisero un'efficace difesa degli interessi di classe?
Oppure Camere del Lavoro Intersindacali, associazioni intercategoriali, coordinamenti di sindacati, o di delegati RSU, che possono consentire di ritessere una trama di relazioni e di elaborazioni sindacali a prescindere dalle appartenenze e dalle tessere, dove la ricchezza  viene dalle diverse esperienze sindacali, da quegli organismi autogestiti, da quei sindacati, da quei militanti sindacali e politici che individuano e perseguono obiettivi di lotta ­parziali e più generali- su cui federare  i lavoratori appartenenti a differenti organizzazioni sindacali?

   E a livello nazionale non devono forse essere proprio gli attivisti sindacali anarchici a far sì che la diffusione di un sindacalismo conflittuale a prassi libertaria diventi il progetto discriminante su cui  federare segmenti di classe, attivisti sindacali, sindacati di base diversi? Non essendo credibile la convergenza del sindacalismo di base in una sola organizzazione, ma essendo al tempo stesso urgente e necessario che il sindacalismo conflittuale si sedimenti e si ponga come vera forza alternativa ed attraente per i lavoratori, non è forse nostro compito cercare di lavorare perché almeno si costruisca una piattaforma del sindacalismo di classe?
Una piattaforma in sui si pongano degli obiettivi e dei principi indisponibili su salario, orario, diritti, servizi, democrazia sindacale per tutti i lavoratori/trici italiani ed extracomunitari, garantiti e precari, del nord e del sud:

1. lotta per l'occupazione e per i diritti sindacali e politici
2. lotta alla precarietà dei rapporti di lavoro e ad ogni destrutturazione del mercato del lavoro
3. difesa del salario indiretto e dei servizi sociali
4. inserimento dei lavoratori immigrati nelle strutture contrattuali dei rapporti di lavoro e nel mercato del lavoro dei paesi ospitanti, con pieni diritti e a parità di salario
5. lotta contro la discriminazione di diritti e garanzie sociali, di forme di lavoro e di contratti di lavoro, in base alle caratteristiche produttive e socio-culturali di un territorio
6. lotta per l'accesso ai servizi sociali da parte di chiunque ne abbia bisogno
7. lotta all'emarginazione dal mercato del lavoro dei settori deboli (donne, giovani, anziani, immigrati)
8. sostegno internazionalista alla lotta dei lavoratori di altri paesi e di altre aree economiche
9. lotta per l'istruzione libera, pubblica, gratuita, laica, per tutti
10. lotta per il diritto alla salute, all'ambiente, per una migliore qualità della vita.

   Una piattaforma di lotta con cui ricostruire l'unità dei lavoratori, ripristinare la solidarietà di classe, restituire al mondo del lavoro democrazia sindacale ed autonomia progettuale per una società più ugualitaria e più libertaria!".
 
 
 

FIRMATARI:

Fabrizio ACANFORA, coord. Rsu, FLTU-CUB Genova
Giuseppe BOSELLI , FILLEA-CGIL Cremona
Salvatore CACCIATO , Coord. SNUR-CGIL, Firenze
 Beatrice CASALINI, Ass. Lav. Pesaresi (ALLP), Pesaro
 Rosolino CAVAGLIERI, FIOM-CGIL Cremona
 Gianni CIMBALO, Direttivo Nazionale SNUR-CGIL
Saverio CRAPARO , Coord. Regionale CGIL-scuola Toscana
Adriana DADA', SNUR-CGIL Firenze
Cristian DUQUE, CGIL-FP Firenze
Giancarlo LEONI , CGIL-FP, Mantova
 Giuseppe LOGRANO, Ass. Lav. Pesaresi (ALLP), Pesaro
 Giampaolo MORELLI, FLMU-CUB, Parma
 Beppe OLDANI, rsu FNLE-CGIL, Cremona
 Rocco PETRONE, Coord. regionale dogane CGIL, Toscana
Antonio POLITI , Direttivo provinciale SNUR-CGIL, Firenze
 Francesco POZZUOLI , Ass. Lav. Pesaresi (ALLP), Pesaro
 Stefano QUAGLIA, RdB-Enti Locali, Firenze
 Donato ROMITO, Unicobas-scuola, Pesaro; Ass. Lav. Pesaresi (ALLP)
Milena VALENTINI , Ass. Lav. Pesaresi (ALLP), Pesaro


o Riceviamo e pubblichiamo
nel quadro degli approfondimenti dedicati al mondo del lavoro nell'epoca della globalizzazione neoliberista, un appello 
per una piattaforma sindacale conflittuale
e libertaria
che sarà presentato
a Firenze
il 4 febbraio 2001

- Altri articoli

I costi sociali
non calcolati
delle imprese
private

Dati empirici 
sui costi sociali delle imprese
di mercato
negli Stati Uniti
(in inglese)

Umanizzare
l'economia
K. W. Kapp

Cancro
e libero
mercato

Costi nascosti
di un mercato concorrenziale
Una riflessione sulle pugnalate alle spalle dei consumatori
e dei lavoratori

Un capitalismo
ecologico?
Critica a Sachs

Globalizzazione
e impotenza
dell'alternativa
di Vittorio
Giacopini

La fine del
desiderio.
Di Fabio
Ciaramelli

Carceri
e business
del controllo
del crimine

L'altra
flessibilità
E se il sindacato si occupasse anche del desiderio
di libertà delle persone?

Manifesto
per un mondo senza lavoro
di Ermanno Bencivenga

Il leone e
la gazzella
Diego De Masi:
per un nuovo
concetto
di lavoro

Il cammino negato nella società del lavoro

(23 gennaio  2001)
 
 

 

copertina
notizie
 percorsi
interviste
i libri
musica
inchieste
calendario
novità
scrivici