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Il breve passo dal controllo del crimine al controllo sociale
L'analisi preoccupata di Nils Christie sul business penitenziario e il rischio dei gulag occidentali
 

di NILS CHRISTIE

   Questo libro vuoi essere un monito contro i recenti sviluppi nel campo del controllo del crimine. Il tema è semplice. Le società di tipo occidentale si trovano ad affrontare due problemi principali: la ricchezza è distribuita ovunque inegualmente; così pure l'accesso al lavoro retribuito. Entrambi i problemi sono in potenza fonte di conflitti. L'industria del controllo del crimine è adatta ad affrontarli entrambi. Questa industria da una parte fornisce profitto e lavoro e dall'altra produce il controllo di coloro che altrimenti potrebbero disturbare il processo sociale.

  Confrontata alla gran parte degli altri comparti economici, l'industria del controllo del crimine si trova in una delle posizioni più privilegiate. Non manca mai la materia prima: sembra che esista un rifornimento continuo di crimine. Infinite sembrano essere anche le richieste del servizio, come pure la volontà di pagare per quella che viene considerata sicurezza. E i consueti problemi di inquinamento, propri all'industria, qui non compaiono. Al contrario, questa è un’industria che viene vista come un'opera di pulizia, di rimozione degli elementi indesiderati dal sistema sociale.

   Raramente quelli che lavorano in un settore produttivo affermano che in quel momento, proprio in quel momento, le dimensioni dell'industria hanno raggiunto l'optimum: siamo abbastanza grossi, le nostre fondamenta sono sicure, non vogliamo crescere ulteriormente. Lo stimolo all'espansione è innato nel pensiero industriale, se non altro per evitare di essere fagocitati dalla concorrenza. L’industria del controllo del crimine non fa eccezione. Inoltre, questa è un'industria con vantaggi particolari, che fornisce le armi per quella che spesso è vista come una guerra permanente contro il crimine. L'industria del controllo del crimine è paragonabile ai conigli in Australia, o ai visoni selvatici in Norvegia: non ci sono in giro molti nemici naturali.

   La convinzione di essere in guerra è la potente forza trainante alla base di questo sviluppo. Un'altra è l’adattamento generale ai modi di pensiero, d’organizzazione e comportamento industriali. L'istituzione legale attraversa un processo di mutamento. Il vecchio simbolo, ormai fuori moda, era la Dea Giustizia, cieca e con la bilancia in mano. Il suo compito era di equilibrare un gran numero di valori contrastanti. Quel compito è svanito. Una rivoluzione silenziosa si è realizzata all’interno delle istituzioni giuridiche, una rivoluzione che fornisce opportunità di sviluppo all'industria del controllo.
   A causa di questi sviluppi, si è venuta a creare una situazione nella quale ci si deve attendere un massiccio incremento nel numero dei detenuti.
   Cosa che può già essere osservata negli USA, che nel 1991 hanno raggiunto il fino allora inaudito numero di oltre un milione e duecentomila detenuti, ovvero 504 ogni 100.000 abitanti. Questo livello di detenuti è talmente alto che non può essere confrontato con nessun altro Paese dell’Occidente. Ma perché soltanto un milione e duecentomila? Perché non due, tre, o cinque milioni? E in vista dei tentativi di creare un’economia di mercato nell’ex-URSS, perché laggiù non si riesuma l’uso del Gulag? E ancora, con il declino della sicurezza sociale negli Stati europei, quanti di questi saranno in grado di resistere ai modelli tentatori delle due potenze ora diventate sorelle?

   Ma sono in atto anche forze opposte. 
Come documenteremo fra breve, esistono enormi discrepanze nel numero di detenuti fra Paesi altrimenti relativamente simili. 
   E ci troviamo di fronte anche a "inesplicabili" variazioni temporali all'interno degli stessi Paesi. Le cifre di detenzione possono diminuire in periodi  durante i quali, secondo le statistiche relative alla criminalità e alle condizioni materiali 
ed economiche, avrebbero dovuto aumentare e possono aumentare nel momento in cui per le stesse ragioni avrebbero dovuto diminuire
   Dietro questi movimenti «irregolari», sono in azione idee diverse a proposito di che cosa debba considerarsi giusto o sbagliato nei confronti di altri esseri umani, idee che combattono le soluzioni economico-industriali «razionali».
 I primi capitoli del mio libro documenteranno gli effetti di queste contro-forze.

   La lezione che ricavo da tutto ciò è la seguente: nella nostra situazione attuale, così straordinariamente propensa alla crescita, è particolarmente importante rendersi conto che la dimensione della popolazione carceraria è una questione normativa. Allo stesso tempo, siamo liberi di scegliere e obbligati a scegliere. I limiti alla crescita delle dimensioni dell’industria carceraria devono essere posti dall’uomo. Ci troviamo in una situazione che necessita urgentemente di una seria discussione su quanto si possa permettere di crescere al sistema del controllo formale. I pensieri, i valori, l’etica, e non le tendenze economiche settoriali, devono determinare i limiti del controllo, devono rispondere alla domanda di quale sia il limite. Il volume della popolazione carceraria è il risultato di decisioni. Siamo liberi di scegliere. E soltanto quando non ci rendiamo conto di questa libertà che viene lasciato campo libero alle condizioni economico-materiali. Il controllo del crimine è un'industria, ma le industrie devono essere equilibrate. Questo libro affronta la forza espansiva dell'industria carceraria, ma affronta anche l'azione delle contro-forze di natura etica.

   Nulla di quanto detto finora significa che la protezione della vita, del corpo e della proprietà non debba essere una preoccupazione della società moderna. Al contrario, vivere in società a larga scala a volte significa vivere in ambienti in cui i rappresentanti della legge e dell'ordine vengono visti come la garanzia essenziale della sicurezza. Affrontare poco seriamente questo problema non serve a nulla. Tutte le società moderne dovranno fare qualcosa riguardo a quelli che vengono generalmente percepiti come problemi di criminalità. Gli Stati devono controllare questi problemi; devono usare denaro, persone ed edifici. Quanto seguirà non costituisce un appello per tornare a uno stadio di vita sociale privo di controllo formale. E' un appello per una riflessione sui limiti.
Dietro il mio monito contro questi sviluppi si cela un’ombra che proviene dalla nostra storia più vicina. Studi recenti sui campi di concentramento e sui Gulag ci hanno fornito importanti nuove intuizioni. Le vecchie domande erano mal formulate. Il problema non è: com'è potuto accadere? Il problema piuttosto è: perché non succede più spesso? E quando, dove e come accadrà la prossima volta? (1)
   Il libro di Zygmunt Bauman [1989] "Modernity and the Holocaust" è una pietra miliare su questo argomento.

   I moderni sistemi di controllo del crimine contengono talune potenzialità di sviluppo verso un Gulag all'occidentale. Con la fine della Guerra Fredda, in una situazione di profonda recessione economica, in cui le più importanti nazioni industrializzate non hanno nemici esterni contro cui mobilitarsi, non sembra improbabile che la guerra contro i nemici interni riceverà massima priorità, considerati anche i ben assodati precedenti storici. Il Gulag all'occidentale non è una macchina di sterminio, ma ha la possibilità di eliminare dall'ordinaria vita sociale un segmento consistente di potenziali agitatori per gran parte della vita di queste persone. Esso ha la potenzialità di trasformare ciò che altrimenti sarebbe stata la parte più attiva della vita di queste persone in un'esistenza assai prossima a quella che i tedeschi chiamano vita non degna di essere vissuta. «(...) non esiste alcun tipo di Stato-nazione nel mondo contemporaneo che sia completamente immune dalla potenzialità di divenire soggetto a un governo totalitario», afferma Anthony Giddens (1985, p. 309). Vorrei aggiungere: nelle società moderne i pericoli maggiori della criminalità non sono i crimini in sé, ma il fatto che la lotta contro i crimini può condurre le società verso sviluppi totalitari.

   In questo libro svolgo un'analisi profondamente pessimistica e come tale contraria a quanto credo sia il mio atteggiamento di base verso gran parte delle cose della vita. Inoltre, è un'analisi di particolare rilevanza per gli USA, un Paese al quale mi sento vicino per molte ragioni. Ho fatto conoscere parte della mia analisi a colleghi americani in diversi seminari e convegni fuori e dentro gli USA, e so che ne sono rimasti dispiaciuti. Non necessariamente dissenzienti, al contrario, ma sono dispiaciuti di essere considerati rappresentativi - come sono - di un Paese con particolari potenzialità di svilupparsi secondo le linee che ho indicato. In questa situazione è di consolazione limitata essere certi che ci sono grosse probabilità che l’Europa possa ancora una volta seguire l'esempio costituito dal grande fratello dell'Ovest.

   Ma un monito è anche un atto di un certo ottimismo. Un monito implica credere nella possibilità di un cambiamento.

   Questo libro è dedicato a Ivan Illich. Le sue idee stanno alla base di gran parte di quanto è qui esposto, ed egli significa molto per me personalmente. Illich non affronta nelle sue opere il controllo del crimine in quanto tale, ma ha percepito le radici di quanto sta ora accadendo: gli strumenti che creano la dipendenza, la conoscenza sequestrata dagli esperti, la vulnerabilità delle persone normali quando vengono portate a credere che le risposte ai loro problemi stiano nelle mani e nelle menti di altri. Ciò che sta avvenendo nell'ambito del controllo industrializzato del crimine è la manifestazione estrema degli sviluppi contro i quali Ivan Illich ci ha sempre messi in guardia. Ho incluso riferimenti ad alcune delle sue opere maggiori nella bibliografia anche se non ne viene fatta citazione diretta nel testo, benché siano ben presenti.

(1) Si può giustamente dire che la domanda non è quando o dove accadrà il prossimo Olocausto. Sta già accadendo.
La politica finanziaria e industriale dell'Occidente ha come risultato quotidiano morte e distruzione nel Terzo mondo. 
Ciononostante, in questo libro limiterò la mia attenzione alla situazione all'interno del mondo industrializzato. Il controllo del crimine nell'Occidente è un microcosmo. Se comprendiamo ciò che sta accadendo all'interno di questi Paesi, potremo arrivare più vicino a comprendere i fenomeni in atto nel Terzo mondo.


o Pensando di offrire un interessante spunto di dibattito e di riflessione in un momento in cui il tema carceri e giustizia è tornato di estrema attualità anche in Italia, pubblichiamo la prefazione del volume 
"Il business penitenziario.
La via 
occidentale 
al gulag"
del criminologo norvegese Nils Christie
(edizioni Elèuthera,
1997, pp. 207, 
lire 24 mila)).

Nils Christie, docente all'Università 
di Oslo, è uno 
dei più noti criminologi
del mondo ed è stato ricercatore alla Rockfeller Foundation e professore
in numerose università..

Ringraziamo l'autore e l'editore per averci gentilmente concesso la pubblicazione
diquesto testo.
 

(7 luglio 2000)

La recensione
del libro
di Christie

La proposta abolizionista
del sistema penale

Un commento
sull'allarme
criminalità
in Italia
 
 
 

 

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