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pensieri

La marcia di Haider da Jesolo a  Bruxelles
Prodi per una via di uscita dalle sanzioni. Il governo italiano tentenna. La Ue s'indebolisce
 

di TVIL

   L'Unione europea, presidente Prodi in testa, vuole uscire rapidamente dall'impasse (ma quale?) causata dalle sanzioni diplomatiche bilaterali decise sei mesi fa da 14 governi Ue per protestare contro l'ingresso al governo austriaco degli xenofobi liberisti di Jörg Haider. Il Comune di Jesolo concede al politico austriaco la cittadinanza onoraria e lo accoglie in pompa magna con il sindaco che gli consegna simbolicamente le chiavi della città. In giro per il Nordest è tutto un pullulare, da Bolzano a Trieste, di inviti e di attestazioni di solidarietà all'illuminato politico carinziano. Lui incassa sorridente e intanto, fra un viaggio in Libia e l'altro (Gheddafi è ormai suo grande sodale), si accorda con la Slovenia, pare, anche per tirare un colpo basso al porto di Trieste che comunque non se ne accorgerà, impegnata com'è a guardare a Nord.

    Il governo italiano non sta a guardare e si muove; in direzioni opposte con segnali preoccupanti di sdoppiamento della personalità.
   Il ministro degli esteri, Lamberto Dini, nelle ultime settimane, si è ripetutamente espresso a favore di una revisione delle sanzioni diplomatiche (che, si noti, riguardano solo i rapporti bilaterali, non hanno effetti pratici diretti ma hanno ottenuto rimarchevoli risultati politici, forse anche evitando che quel penoso esecutivo adottasse le iniziative più discriminanti).
    Il capo del governo, Giuliano Amato, tira le orecchie a Jesolo, dice che dare la cittadinanza a uno come Haider è "decisione grave" e ricorda che le posizioni del leader austriaco hanno spinto tutti gli altri Paesi Ue a condannarle perché ritenute una minaccia al "livello minimo democratico" su cui si basano l'architettura istituzionale e la convivenza in Europa. Allora, a questo punto, sarebbe bello sentire chiaro e forte dal governo di centrosinistra italiano che cosa pensa del governo austriaco e se ritenga o no che la condanna internazionale (alla Ue si sono aggiunti con convinzione altri Paesi non membri, come la Norvegia) abbia ragione di sussistere ancora, cioè se sia o meno cambiato qualche cosa rispetto al principio di tutela del "livello minimo democratico" di cui ha parlato Giuliano Amato. Insomma, Haider ha rinnegato Haider o no? A noi non pare.

    Nel frattempo, la commissione europea e con lei molti governi tremano davanti alla minaccia di referendum popolare sulle sanzioni, ipotizzato (come ha appena ribadita del premier viennese Schüssel in un incontro con Prodi) per ottobre. Si teme una grave frattura se gli austriaci diranno no alle sanzioni e magari autorizzeranno il loro governo a boicottare i lavori comunitari impiegando sistematicamente il diritto di veto. A noi non sembra sia il caso di spaventarsi troppo e, con questa scusa e con la trovata dei tre saggi che dovrebero monitorare Vienna, chiudere qui il discorso. Gli austriaci votino: si vedrà se la maggioranza capirà che in gioco c'è, appunto, anche con tutta la sua carica simbolica, il principio del "livello minimo democratico" comune e dunque voteranno contro il loro governo o se, al contrario, lo appoggeranno rigettando le sanzioni e aprendo una crisi europea facendo prevalere l'approccio nazionale o nazionalista. L'Austria è non a caso tra gli ultimi arrivati nell'Unione europea; Haider era contrario. Non sembra scandaloso ipotizzare che siano gli austriaci a decidere del loro destino, senza che questo induca gli altri europei ad abdicare al principio del "livello minimo democratico". A ognuno le sue responsabilità.

   Si faccia chiarezza sugli equivoci, sui sorrisi europei del vogliamoci bene mentre nella realtà in ogni Paese nazionalismi e micronazionalismi persistono o addirittura trovano nuova linfa. Arrivati a un bivio, si abbia il coraggio di scegliere una via, dolorosa ma necessaria; piuttosto che continuare a fare un passo avanti e due indietro. La questione austriaca è anche o forse soprattutto questo: un'occasione (ormai quasi persa) per fare i conti con la straordinaria debolezza della costruzione politica e sociale dell'Europa unita che altro non è, invece, se non un grande mercato dominato dalle imprese (si veda la procedura di formazione delle norme comunitarie) nel quale si agitano in modo grottesco quindici paesi aggrappati agli interessi e ai simboli nazionali nel nome dei quali ancora oggi sarebbero disposti - temiamo - a fare molte cose poco edificanti. 

      Che non avere in agenda incontri bilaterali con gli omologhi europei possa indispettire il signor Wolfgang Schüssel o la signora Benita Ferrero Waldner, suo ministro degli esteri, non ci pare una ragione per cancellare le sanzioni diplomatiche. E l'unica novità a Vienna, da sei mesi a questa parte, è stata proprio questa: l'irritazione del governo. Se si eccettuano qualche condanna per diffamazione degli intellettuali che hanno attaccato Haider e qualche invito di lungimiranti amministratori locali italiani sulla scrivania del leader nazional-liberale che ama frequentare i raduni dei reduci di guerra. 
    
     La fragile costruzione europea, invece, trema e per paura di scatenare scontri intestini oltre il limite di guardia (ma chi lo stabilisce?) scopa la polvere sotto il tappeto. A futura memoria.


o Le "epurazioni" viennesi: Pelinka condannato per diffamazione

Il programma di Haider: "L'Austria non è adatta alla immigrazione"

Scricchiola il fronte anti-Haider

(13 luglio 2000)
 
 
 
 

 

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