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Non sempre son sociali le cooperative sociali...
Una testimonianza diretta sulla deriva "di mercato" di una realtà nata per la solidarietà
 

di Robin Nud

  Mi chiedevo cosa potesse significare per noi disoccupati "cronici " la professionalità, o per meglio dire la sua rincorsa, mi ponevo questo quesito e nel frattempo accumulavo parecchia carta, sottoforma di attestato di qualifica professionale, che naturalmente è risultata non servire a un bel niente in pratica...

   L'appiattimento dei problemi proposto dai mass media sembra funzionare, nessuno si chiede per quale motivo un muratore, magari con venti anni di esperienza, ora abbia bisogno di un attestato (biennio di edilizia) per lavorare, non è che nel nostro Paese la disoccupazione sia più o meno la stessa o magari peggiorata rispetto a venti anni fa', ma che la nascondiamo chiamando con nomi diversi il bidello e lo spazzino? Non sarà che in tutto questo incasellamento professionale esista la trappola del tipo "è colpa tua se non trovi lavoro", giusto per nascondere i problemi  di disoccupazione esistenti? 

   Le fresche esperienze lavorative mi hanno portato verso la cooperativa social,  visto che l'ufficio di collocamento non mi ha fatto ancora capire quali doti straordinarie bisogna avere per essere primi in graduatoria (quando avevo 20 anni ero troppo giovane, ora ne ho 43, vivo sola ma sono troppo vecchia con l'aggiunta della "professionalità", è dal 1990 che risulto disoccupata sono invecchiata per forza). Mi hanno segnalato che presso una cooperativa della mia città  si teneva un corso ( F.S.E. ) di formazione professionale (con l'aggiunta di una borsa lavoro di ben 1000 lire orarie!) più che segnalato direi che quasi sono stata costretta a partecipare, per come mi è stata presentata la cooperava e per senso di dovere nei confronti dell'assistente sociale che me lo segnalava. 

   Dopo un mese mi sono presentata ad una riunione con questa persona presente dicendogli che io non sono una supposta da inserire o reinserire da qualche parte, ho solo necessità di lavorare, affermavo questo, dopo aver constatato di persona il mangia-mangia che esiste sotto queste realtà, infatti di sociale questa cooperativa aveva ben poco, sfruttava varie situazioni di disagio per far lavorare gratis persone lavorando sul loro senso di colpa, tutto questo permeato di una falsa solidarietà che
portava i dipendenti a pensare che quello era l'unico posto che li avrebbe assunti, alla faccia dell'inserimento sociale...
    Lo stesso è capitato a me con la differenza delle lusinghe al posto dei sensi di colpa, spesso obiettavo ad ognuno di usare la propria posizione, per evitare le falsità cui quotidianamente si doveva far fronte, spesso usavo la parola handicap per indicare lo stipendio, si perché il lavoro svolto dai disagiati era normale l'unica cosa che rappresentava l'handicap era lo stipendio, oltre che assurdo, alle volte arretrato di 2 o 3 mesi.

   Spesso vedevo ragazzi appena usciti da patimenti indicibili andare in crisi e completamente abbandonati a se stessi, con la differenza che è meglio soli che male accompagnati, secondo me chi ha patito dovrebbe essere pagato doppio, dico questo per ribadire il concetto di reinserimento, che a quanto pare le cooperative sociali sembrano non capire, e chi finanzia i fondi credo non sappia come vanno usati, non capisco molto il senso di queste strutture che ben poco offrono sotto il profilo umano. Ai lavoratori rimane solo la solidarietà tra loro stessi, e l'insopportabile peso del passato tutti i giorni aggravato dal " dito sociale " puntato su di loro...

   In virtù dell'"ognuno usi la sua posizione", ho invitato i vari ragazzi a rivolgersi alle loro strutture di cura e lamentarsi con chi di dovere, io per prima, di superare la paura della non credibilità, (dopo un paio di anni che ti trattano da emarginato sicuramente lo diventi) alla cooperativa sociale hanno tolto alcuni finanziamenti importanti, e sempre meno gente viene spedita lì per l'inserimento; qualcuno dice che non è una conquista perché nella nostra zona c'è bisogno di lavorare, appunto io dico lavorare non di sfruttare, e chissà che un giorno non si decida veramente di usare i fondi sociali per creare realtà lavorative più che per regalare pezzi di cartoncino inutilizzabili...

   Le cooperative sociali sono nate con un intento di solidarietà sociale ora si ritrovano spesso ad essere piccole imprese che usano capitali come tutte le altre aziende ma che offrono a chi ha che fare con loro ben poco; Non sono poche quelle in cui girano anche soldi "neri" in virtù del lavoro "volontario"; queste realtà figurano di esistere solo per uno scopo di inserimento sociale: in molti casi, la realtà invece dice che investono acquisendo attrezzature varie, si allargano, le sedi sono sempre più sontuose, si associano tra di loro perché anche la povertà è un business ai giorni nostri, da non sottovalutare...
 


 
 
o Robin Nud è lo pseudonimo di una lettrice che a noi si è presentato però con nome e cognomi veri
per inviarci questa
testimonianza diretta sulle distorsioni che si registrano nel mondo delle cooperative
sociali italiane.

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(22 marzo  2001)

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