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pensieri

Toh, il colonnello vuole rifare l'Italia. Come piace a lui
Gli scritti inquietanti di Antonio Pappalardo che "coglie un malessere nell'Arma"...
 


   Non fosse che con queste cose non si scherza, verrebbe quasi da sorridere a leggere quel pamphlet da repubblica delle Banane in cui un ufficiale dei carabinieri e capo del sindacato di categoria, dice che saranno loro, i militi amati dal popolo  e snobbati dalla politica odiosa, a costruire il nuovo stato, la nuova Italia. 
   Dice anche che la Costituzione parla chiaro: sono le forze armate, meglio se carabinieri, l'essenza della repubblica. 

    Ce n'è, ovviamente, quanto basta per l'immediata sospensione dall'incarico dell'ufficiale gentiluomo che ha trascorsi politici errabondi dal partito socialdemocratico a Alleanza nazionale (è stato anche sottosegretario, due settimane). Pappalardo viene sconfessato anche dai suoi colleghi del Cocer carabinieri  ("in quel documento solo opinioni personali") e dal mondo politico si alzano voci d'accusa: "Pagine eversive, scritti golpisti, farneticazioni". Documento "inammissibili", dice il governo.

   C'è di che riflettere, anche perché lo scoop è saltato fuori solo ora (le carte sono vecchie di oltre due mesi) mentre il Senato dà il via libera a una riforma dalle motivazioni ancora oscure che trasforma i carabinieri nella quarta forza armata dopo che per anni - nella sinistra di governo - non pochi propugnavano, al contrario, un percorso verso l'unificazione delle forze di polizia.

   Le raggelanti pagine del "documento di riflessione" inviato da Pappalardo ai colleghi nel gennaio scorso si commentano da sole. Ma a preoccupare non devono essere solo quegli scritti in odor di "golpe" strisciante: preoccupa anche l'autodifesa dell'interessato, che ha detto di aver colto "i malumori presenti fra i militari". Andiamo bene: mentre la politica si parla addosso e fa il vuoto nella sua fuga dalla società, stiamo attenti a chi potrebbe tentare  - anche nell'ambito della legalità costituzionale - di riempire quel vuoto. 
   Che la società, dunque, e non i militari "prestati" o imposti alla politica, si riprenda la sua voce nella democrazia.


uo (31-03-2000) 
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