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Armeni, perseguitati dalla storia
Nel volume di Pietro Kuciukian di l’eterna diaspora di un popolo massacrato
 

di MARTITA FARDIN

    Un viaggiatore italiano decide di ritornare nella sua terra d’origine, l’Armenia, abbandonata dal padre dopo il genocidio turco del 1915. Questo l’incipit del libro “Viaggio tra i cristiani d’Oriente, comunità armene in Siria ed Iran” di Pietro Kuciukian (Guerini associati editore, pp 175, 28.000 lire). Il volume non è solo un reportage dei favolosi paesaggi orientali e un toccante pellegrinaggio tra i luoghi della diaspora armena o la descrizione dell’incontro del protagonista con comunità laboriose e fiere – isole di cristianità in terra islamica – ma riporta anche le tracce evidenti degli eventi storici, della memoria di antiche tradizioni. Nelle pagine l’arte e la cultura di un popolo rivivono nel dialogo fitto fitto, che il viaggiatore intesse con artigiani e pastori, abitanti di villaggi e città.

   Ma l’aspetto più interessante sono le vicende storiche di una popolazione che in un secolo di massacri e deportazioni ha perduto la sua millenaria memoria e ora vive, oltre che nella repubblica armena, in tutto il Medio Oriente, in Europa, in Oceania, nelle Americhe. Due sono i capitoli più significativi: quello relativo al genocidio turco del 1915 e quello diasporico.

   La coesistenza tra turchi ed armeni, basata da secoli su compromessi e vantaggi reciproci, si ruppe circa 100 anni fa. Nel 1896 e nel 1906 i sultani ottomani, nel 1915 i Giovani turchi e nel 1915 Mustafà Kemal attuarono il primo genocidio dell’età contemporanea. Gli armeni scomparvero letteralmente dall’Anatolia e con loro le loro città, chiese, scuole, biblioteche, conventi, università, la loro millenaria cultura. Mezzo milione di armeni riuscì a riparare all’estero, altri fuggirono nel Nord-est. Nel 1915 due milioni di armeni erano stati deportati dai turchi verso il deserto siriano di Deir es Zor, allora sotto il dominio ottomano. Circa due terzi dei deportati furono uccisi dalla fame, dalle epidemie, dai maltrattamenti di bande curde irregolari assoldate dal governo turco. Pochi si salvarono, grazie all’aiuto della popolazione.

   Araba musulmana della Siria, che soccorse i vecchi e i malati e adottò gli orfani. Gli armeni superstiti trovarono ospitalità nei villaggi e nelle città siriane dove gli furono concesse nuove case e strutture sociali. Dopo il genocidio turco del 1915, gli armeni diedero vita ad un movimento diasporico, questa volta verso l’Iran. È in Iran che sopravvivono, infatti, le più fastose vestigia dell’arte e della cultura dell’Armenia storica, nelle mitiche regioni bagnate dal fiume Arax. Oggi comunità armene sono sparse dappertutto, ma la tragedia di questo popolo, diviso tra Oriente ed Occidente, continua. Nel 1987 gli armeni di Nagorno Karabakh, enclave armena dell’Azerbaijan, forti della perestroika gorbacioviana, reclamano diritti umani e civili.

   Per risposta gli azeri danno il via ai pogrom. Nel 1988 un terremoto distrugge un terzo del paese. Nel 1991, con la dissoluzione dell’Urss, l’Armenia diviene repubblica indipendente. Ma il piccolo paese, un fazzoletto di terra di 30.000 kmq, è accerchiato dai nemici, con le vie di comunicazione bloccate. Freddo ed epidemie dappertutto. Un’altra diaspora è iniziata. Gli armeni, perseguitati nella loro terra d’origine, sono ridotti all’esilio, a diventare cittadini del mondo, ad un cosmopolitismo forzato, ad arricchire con la loro cultura altre nazioni. Gli armeni hanno già una terra, ma “maledetta”. Non possono pertanto sognare nemmeno una “terra promessa” altrove.


o Una popolazione perseguitata nella sua  terra d’origine e ridotta all’esilio:
persone costrette
a diventare "cittadini del mondo": la ricostruzione nel volume di Pietro Kuciukian.
(16 marzo 2000)
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