Buonasera
e grazie di cuore per questo invito.
L’ho accettato volentieri,
anche se non è stato facile trovare il modo di essere presente questa
sera a San Bonifacio. Ritengo importante questo momento perché è
inserito in un contesto tipicamente africano di musica, danza, folklore.
E’ importante incontrarci. Incontrare l’altro, differente da noi, è
importante proprio per quello che sta avvenendo in questa regione, in questa
zona…
Giorni fa ero a Verona,
invitato dai giovani del liceo Maffei all’assemblea di Istituto, organizzata
per esprimere la loro disapprovazione per quanto accaduto al professore
ebreo Luis Marsiglia.
E’ stato un momento molto
bello e commovente che ci ha portato poi dal professore, con cui abbiamo
pregato insieme. Mi sembrava importante essere presente poiché a
Verona, e nel Nord-Est, stiamo vivendo il ritorno ad un tipo di linguaggio
in cui c’è parecchio disprezzo dell’altro.
Tutto ciò mi fa impressione
e mi addolora, però non vorrei che questa fosse l’unica immagine
della città. Io conosco un’altra Verona, molto bella, capace di
qualcosa d’altro. La città ha alla base una società civile
e un sacco di gruppi estremamente belli. Se negli anni ’80 essi si facevano
sentire di più, anche attraverso le manifestazioni tenute in arena,
purtroppo negli anni ’90 questa visibilità è diminuita ed
è emersa, forse, l’altra parte della città. Ritengo tuttavia
che ci sia una società civile e una significativa presenza di gruppi:
è questa la vera immagine della città che dovrebbe riemergere.
E’ bello stasera incontrarci
con altre esperienze di musica, di cultura, di esperienze religiose.
Non penso che il problema
del rifiuto dell’altro sia caratteristico dei paesi occidentali o dei ricchi…affatto!
E’ sconcertante come dentro Korogocho, il luogo più disprezzato
di Nairobi (Kenya), ci sia una serie di gruppi emarginati dal resto della
popolazione, a sua volta emarginata dalla popolazione di Nairobi.
Il problema dell’altro è
un problema tipicamente umano: ognuno di noi ha paura dell’altro.
Non so quanti algerini ci
siano in mezzo a voi…quando ho letto l’autobiografia di una donna eccezionale,
Messa Oudy, condannata a morte dai fondamentalisti islamici, ho trovato
una cosa incredibile: la paura dei fondamentalisti islamici è la
donna. In quella società è la donna a fare paura, ecco perché
deve essere emarginata. L’islam ha paura ad affrontare la modernità,
come ogni altra religione… Ecco perché il problema dell’altro, è
un problema tipicamente umano, di ognuno di noi e di ogni società.
In questo mondo che va verso
la globalizzazione, dove saremo forzati ad incontrarci con culture, religioni,
razze diverse dalla nostra, capite il perché della paura dell’altro.
Il caso di Luis Marsiglia è una esemplificazione - se volete - di
quella paura che ci domina tutti nell’affrontare l’altro. Ogni religione,
oggi, ha paura di altre esperienze, ogni razza ha paura di altre razze…
paura dell’altro.
Io ho studiato per otto
anni negli Stati Uniti e, quando ne sono uscito, ero anti arabo e anti
islamico.
Mi ci sono voluti molti
anni per capire la cultura dei fratelli musulmani; da prete cattolico ho
studiato il Corano, l’arabo classico, la teologia e la mistica islamica
e ne sono rimasto scioccato, "toccato dentro". L’appello che voglio lanciare
stasera è proprio questo: c’è la necessità di incontrare
l’altro. Anche all’interno della chiesa cattolica c’è tutta una
serie di reazioni fatte di paura: accenno solo alle espressioni del cardinale
Giacomo Biffi sugli immigrati. Ricordo anche con dolore che nel 1991 Biffi
affermava che la nonviolenza non era una virtù evangelica. Questo
accenno solo per far emergere che anche dentro la chiesa vi sono varie
anime… Tutte le religioni cominciano ad avere paura e a far emergere il
fondamentalismo, per questo occorre ritornare alle fonti di ciascuna di
esse e al dialogo.
Come io sono stato accolto
ed amato dalla gente del Sudan (dove p.Alex ha operato per otto anni, ndr)
e di Korogocho (presente in Kenya da dieci anni, ndr), chiedo a voi di
accogliere e di amare l’altro differente da noi. So che non è facile
accogliere culture diverse perché ogni cultura tende a chiudersi
e a sentirsi la migliore. In ognuna c’è del bello e del brutto:
ciascuno di noi è interpellato a cogliere le cose belle, tralasciando
quelle brutte. Davvero a me fa male sentire il rifiuto che c’è del
diverso soprattutto perché, nei secoli passati, noi siamo stati
un popolo di emigranti. Anche nel ricco Nord-Est i paesi si sono spopolati
perché abbiamo cercato lavoro in America, Brasile, Australia…e ovunque
ci hanno preso a pesci in faccia.
Oggi all’estero ci sono 60
milioni di italiani, più di quelli che vivono attualmente in Italia.
Se siamo stati accolti noi,
perché oggi che abbiamo possibilità economiche e di lavoro,
proviamo lo stesso disprezzo che c’era nei confronti dei nostri emigranti?
…In Africa c’è una
ricchezza umana, culturale, religiosa straordinaria…guai se questo continente
verrà travolto, perderemo l’umanità intera! Per me è
stato estremamente duro capire capire che questo Dio è più
grande della mia Chiesa, dell’esperienza cristiana… è un Dio che
lavora in tutti. A me sembra importate la necessità di accogliere
l’esprerienza religiosa di altri, non in un confronto tra-verità-e-verita,
ma ascontando come altre persone cercano Dio.
Vorrei citare un bellissimo
testo di Pierre Claverie, domenicano vescovo di Orano (Algeria), ucciso
da una bomba il 1 agosto 1996. L’anno prima di morire scriveva:
"Nella mia esperienza della
chiusura, della crisi e dell’emergere dell’individuo, sono giunto alla
conclusione che non c’è umanità se non plurale e che quando
pretendiamo (all’interno della chiesa cattolica ne abbiamo una triste esperienza
nel corso della storia) di possedere la verità o di parlare in nome
dell’umanità, cadiamo nel totalitarismo e nell’esclusione. Nessuno
possiede la verità, ognuno la ricerca. Vi sono certamente verità
oggettive, ma che vanno al di la di noi tutti, alle quali non si può
accedere se non attraverso un lungo cammino, ricomponendole poco a poco,
prendendo dalle altre culture e da altri gruppi umani quello che altri
hanno acquisito, hanno cercato nel loro lungo cammino verso la verità.
Io sono credente, credo che c’è un Dio ma non ho la pretesa di possederlo.
Dio non si possiede, come non si possiede la verità ed io ho bisogno
della verità degli altri".
Qui c’è l’incontro
con l’altro, la "convivialità delle differenze", come afferma il
vescovo Tonino Bello. O vivremo davvero la convivialità delle differenze
o non ci sarà futuro.
Questi fratelli africani,
presenti tra noi sempre più numerosi, vengono da situazioni di estrema
difficoltà. Vorrei ricordarvi la difficoltà in cui versa
oggi l’Africa, in particolare quella subsahariana: la sua economia vive
un momento gravissimo. Gli esperti mi dicono che in chiave mondiale, se
si guarda il prodotto globale lordo, l’Africa rappresenta solo lo 0,8%.
Il continente sta impoverendosi
sempre più; ci sono certamente gravi problemi interni e regimi corrotti,
ma queste non sono le sole ragioni. L’economia mondiale fa sì che
pochi abbiano tutto a spese di molti morti di fame. Tutti gli stati africani
soffrono economicamente, ad eccezione del Sud Africa dove la grandezza
di Nelson Mandela è stata di evitare la guerra civile. Tuttavia
laggiù non è stato ancora risolto il problema di giustizia
sociale, finché l’87 per cento delle terre e il 90 per cento dei
beni restano in mano a 5 milioni di bianchi.
In chiave politica la conflittualità
tocca tutti gli stati. Non pensate che la conflittualità delle "tribù"
sia data dal fatto che questi popoli non sappiano vivere in pace: queste
sono bugie! Ci sono strategie esterne che fan sì che le popolazioni
siano messe le une contro le altre. Vengo dal Kenya, dove le popolazioni
sono convissute per secoli in pace, e dove ora vi sono conflitti etnici
durissimi fomentati dall’occidente, dai potentati economici per strategie
esterne.
La guerra in Congo, ad esempio,
è voluta fino in fondo: meno stato c’è, più le multinazionali
possono sottrarre cobalto, oro, diamanti di cui Congo e Angola sono ricchi.
In 22 mesi di guerra il Congo ha già perso un milione e 700 mila
persone. Chi ne parla? Nessuno. Sono questi gli scenari economici, politici,
di conflittualità e corruzione. E’ uno sfacelo sociale che porta
a quello culturale: culture che vengono letteralmente spazzate via dall’imposizione
dall’unico modello imperialista e materialista che è la globalizzazione:
fosse almeno un modello culturale con un’anima!
La conferenza di Durban ha
focalizzato il problema dell’Aids: dopo la schiavitù la catastrofe
peggiore dell’Africa è l’Aids. Su 34 milioni di malati nel mondo
24 sono africani. La mappa della malattia segue quella della povertà:
se un ricco si ammala può guarire, se un povero si ammala non ha
alcuna speranza di sopravvivere.
Ora capite il perché
dell’emigrazione, nessuno potrà arrestare i flussi migratori.
L’Impero romano, nel suo
momento di trionfo, aveva collocato nei confini legioni e mura: una difesa
quasi impenetrabile; tuttavia i "barbari" non lo hanno sconfitto spazzando
via le legioni, essi sono penetrati nell’Impero lentamente e… gli ultimi
imperatori furono "barbari".
La stessa cosa accade oggi:
o risolviamo a monte i problemi di questo mondo, oppure questi causeranno
sempre più ondate migratorie. E nessuna polizia, nessun esercito
potrà bloccare la forza della disperazione. Se leggete la realtà
che ci sta attorno in un contesto globale, scoprirete che uno dei problemi
più grossi che abbiamo tutti è quello della "cecità".
Siamo ciechi, il problema
del "vedere" è enorme. Gli psicanalisti ci dicono che il fatto stesso
di nascere in un determinato ambiente culturale ci "frega" al 90 per cento.
Pensate di poter prendere decisioni libere? Sono già determinate
dalla nascita. Ecco la difficoltà di vedere in un sistema che passa
per verità ciò che non lo è. In tutto questo i mass-media
giocano un ruolo spaventoso, pensate solo che in Italia sono in mano a
due complessi finanziari, negli Usa a 4 o 5. Quello che ci fanno vedere
è ciò che essi ritengono la verità e l’informazione
che non desiderano far passare non passa.
Io guardo la realtà
dai "sotterranei della vita e della storia", dalla baraccopoli di Korogocho
e vedo che la città di Nairobi, in piccolo, è quello che
c’è a livello mondiale. Nairobi è una bellissima città
di 4 milioni di abitanti, di cui oltre 2 milioni sono costretti a vivere
nell’1,5 per cento della sua terra. Le bestie feroci, per i casti occhi
dei turisti che passano, sono trattate meglio delle persone. Due milioni
accatastati in piccolissimi pezzettini di terreno che appartiene al governo,
costretti a pagare la baracca dove vivono.
…Ma non sono venuto qui
per farvi sentire in colpa o per criminalizzare qualcuno, sono qui soltanto
per aiutare voi, e me stesso, a capire in che razza di sistema viviamo.
In piccolo Nairobi rappresenta esattamente il contesto mondiale.
Ma cos’è il sistema
economico mondiale?
Ho portato con me il bellissimo
libro Biblical Jubilee and the Struggle for Life di due missionarie della
chiesa presbiteriana che lavorano in Costa Rica. Dicono che il mondo oggi
è un "bicchiere di champagne" (il "bicchiere di champagne" è
riferito alla sagoma di un grafico sulla disuguaglianza socio-economica
mondiale): pieno per un 20 per cento di popolazione mondiale che se ne
beve l’82 per cento; un solo 20 per cento consuma l’82 per cento delle
ricchezze di questo mondo!
Un miliardo e mezzo di uomini
vive con meno di un dollaro al giorno: questo è l’impero del denaro
e il suo cuore è la finanza, con le sue speculazioni. Amici economisti
mi dicono che forse solo un quarto di questa economia è reale, tutto
il resto è pura speculazione. E’ un sistema che permette a pochi
di possedere sempre di più, a spese di molti che muoiono di fame.
La conseguenza è che ogni anno uccidiamo 30-40 milioni di persone
per fame. Noi dobbiamo piangere sull’olocausto, ma chi piange su questo
olocausto annuale?
Durante il "Giubileo degli
oppressi" [tenutosi a Verona il 9 e 10 settembre 2000, ndr] Susan George
ha posto la reale domanda di oggi: "Chi ha diritto di esistere a questo
mondo?"
La Banca Mondiale afferma
che dal 1995 al 2000 i paesi poveri hanno dato a quelli ricchi 50 bilioni
di dollari all’anno: se investiamo un dollaro nei paesi poveri ne riceviamo
di ritorno 13.
Smettiamola di parlare di
aiuti, diciamo piuttosto che facciamo affari e che i poveri foraggiano
i ricchi. …E tutto questo avviene a causa delle politiche del Fondo monetario
internazionale, della Banca mondiale, dell’Organizzazione mondiale del
commercio. Non è possibile disgiungere il problema dell’economia
con quello delle armi: questa è una pura illusione [cita alcuni
dati, tra cui il fatto che l’Italia ha appena ordinato 100 aerei da guerra
che costano 120 miliardi l’uno, ndr]. Le armi non servono a proteggere
i confini, servono a difendere i privilegi, chi detiene il potere economico.
Il 20 per cento del mondo non smetterà mai di mollare le armi, che
ogni anno costano 800 miliardi di dollari. Con 13 miliardi di dollari all’anno
[dati della Banca mondiale, ndr] si potrebbero risolvere i problemi legati
alla fame e alla sanità per un miliardo e mezzo di persone.
In 50 anni, dal 1950 al
2000, l’umanità ha consumato tanto quanto in un milione e mezzo
di anni. Oggi inoltre stiamo ponendo un’ipoteca gravissima sul nostro ecosistema,
e non sono le popolazioni povere a farlo ma quelle ricche attraverso lo
spreco di petrolio e le spese per gli armamenti.
Gli scienziati, cito solo
Lester Brown che ogni anno redige il libro Lo stato del mondo, ci avvertono
che avremo ancora 50 anni per cambiare, dopo sarà troppo tardi per
il nostro pianeta. Già oggi avvertiamo le conseguenze del fatto
che stiamo distruggendo l’oikos: l’unica casa che abbiamo. Il nostro è
un sistema di morte: ammazza per fame, per conflitti e guerre, ammazza
ecologicamente. La sonda russa che è andata su Venere ci ha trasmesso
delle immagini che testimoniano l’esistenza della vita su quel pianeta,
una vita uccisa dai raggi ultravioletti, gli stessi che piano piano stanno
provocando sulla terra il buco dell’ozono.
Ecco la nostra cecità.
Eppure si può fare
qualcosa, voi potete fare molto. Permettetemi alcuni suggerimenti: innanzitutto
è importante "vedere", poi occorre riprendere il senso che "possiamo".
Questo sistema ci toglie
forza da di dentro, così ci sediamo dicendo: "Non posso fare nulla!".
E’ la più grande
tragedia! Se vediamo e prendiamo in mano la forza di fare, ogni uomo è
una "bomba": in bene o in male.
Prendiamo seriamente l’economia,
è il cuore di tutto. Facciamo attenzione alle politiche economiche
che ci vengono imposte: occorre contestarle radicalmente. Ognuno di voi,
come consumatore, ha possibilità enormi e una forza immensa. Il
vostro voto non lo date quando mettete nell’urna la scheda elettorale ma
quando andate nei vostri nuovi santuari, i supermercati,…ve li costruite
così belli…è là dentro che votate perché quello
che comperate è importante.
E’ appena uscita la Nuova
guida al consumo critico (Ed. Emi), scritta da Francesco Gesualdi discepolo
di don Lorenzo Milani. Potete trovarvi l’elenco di tutti i prodotti che
acquistate, quali multinazionali li producono, sapere quali pagano bene
gli operai, quali rispettano i sindacati…avete la possibilità di
boicottare quelli che volete. Ma il consumo critico non basta perché
non possiamo più andare avanti consumando così, con lo stile
di vita che abbiamo oggi: occorre ridimensionarlo poiché non c’è
più uno sviluppo sostenibile. "La torta economica non si può
più aumentare, dobbiamo imparare a dividerla un po’ più equamente"
ha affermato il presidente uscente del Fmi. Dovremmo goderci la vita ma,
temo, non la sappiamo più godere perché abbiamo troppo… Possedendo
molto meno potremmo avere più spazio per stare insieme, relazionarci,
discutere, vivere la comunità.
Oggi la politica è
ostaggio dell’economia, tentate di re-inventare la politica. Non è
facile, questo è un momento molto difficile. E tuttavia dobbiamo
ritornare a far sì che l’economia obbedisca alle decisioni della
polis e non che la città sia al servizio dell’economia.
Fra poco entrerete in campagna
elettorale: esercitate il controllo elettorale, votate le persone che fanno
discorsi seri… E’ appena uscito il libro, Italia capace di futuro (ed.
EMI) ci dice cosa fare nei prossimo 50 anni per ridimensionare il nostro
stile di vita.
Sull’economia anche la chiesa
deve tradurre il Vangelo in concretezza. Chiavacci, a mio parere il miglior
moralista italiano, riassume l’insegnamento del Nuovo Testamento in due
comandamenti:
"Non puoi arricchirti" e
"Se tu hai, per qualsiasi ragione, hai per condividere".
E’ tutto qui il cuore del
Vangelo, il resto è solo una conseguenza.
Come un milione e mezzo
di anni fa è nato l’uomo sapiens, oggi dovrà nascere l’uomo
planetario.
Si tratta di fare un salto
di qualità perché il futuro è questione di vita o
di morte.
Io continuerò a lavorare
a Korogocho, a voi chiedo di fare "resistenza" all’interno dell’impero.
Dobbiamo farcela…sono certo
che la vita vincerà, grazie a voi".
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