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L'inferno della pedofilia
Cause, effetti e prevenzione di un fenomeno
devastante: l'analisi di una psicoterapeuta
di CLOTILDE MASINA BURAGGI Qual
è la reale portata del fenomeno pedofilia nel nostro paese?
Come si diventa pedofili? Cosa può fare la società per difendere
i nostri piccoli? L’emersione di un traffico di immagini di bambini abusati
sessualmente o peggio, i documenti trasmessi dalla televisione e una pluralità
di articoli sui giornali hanno scatenato un’ondata di angoscia sull’opinione
pubblica italiana. Poiché l’angoscia è una pessima consigliera,
mi sembra importante cercare di fare chiarezza su questo fenomeno. Per
me psicoterapeuta, poi, come per tanti miei colleghi, le cifre corrispondono
spesso a volti di persone abusate di cui abbiamo conosciuto e conosciamo
l’indicibile sofferenza.
Le statistiche Cominciamo dalle cifre, con l’avvertenza che esse costituiscono la punta esigua di un iceberg certamente di dimensioni assai più ampie. Il primo “Rapporto nazionale sulla condizione dell’infanzia e della preadolescenza” pubblicato da Eurispes-Telefono Azzurro il 27 ottobre scorso e commentato con grande evidenza dai quotidiani il giorno seguente riferisce che le segnalazioni di abusi sessuali fatte al Telefono Azzurro, direttamente da minori o da persone che si dicono a conoscenza di fatti criminosi, tra il giugno 1999 e il luglio 2000 sarebbero state 423, quindi un po’ più di una al giorno. Dal canto suo la Sezione minori della Criminalpol-Ministero della Giustizia riferisce che le vittime di violenze sessuali nei primi sette mesi del 1999 sarebbero state 339 e 294 le persone denunciate; nello stesso periodo del 2000, si conterebbero 284 vittime e 243 sono stati i denunciati. L’80 per cento tanto delle vittime che degli abusanti sarebbero cittadini italiani. La discrepanza fra i dati che abbiamo elencato ha un’ovvia spiegazione: è chiaro che la polizia è in grado di reprimere reati compiuti su minori assai più di quanto i bambini abusati e gli “esterni” alle loro famiglie siano in grado di accedere al Telefono Azzurro. Come abbiamo visto dai dati resi noti dalla Criminalpol, nei primi sette mesi dell’anno in corso il numero complessivo delle vittime di violenze sessuali sarebbe diminuito (da 339 a 284), ma sarebbe grandemente aumentato (sempre rispetto all’anno scorso) in Calabria, in Lombardia e nelle Puglie. Non è facile identificare le motivazioni del calo sul territorio nazionale e dell’aumento in certe regioni. Possono essere molteplici: dipendere, per esempio, da una maggiore o minore diffusione della notizia dell’esistenza del Telefono Azzurro e dalla maggiore o minore iniziativa delle autorità pubbliche e delle strutture sociali. E’ interessante rilevare
che i quotidiani hanno spesso enfatizzato le risultanze dei rapporti sulla
pedofilia, anche confondendo, in non pochi casi, tra abuso sessuale
e abuso di altro tipo (maltrattamenti, non accudimento ecc.). Questo è
apparso particolarmente evidente nei titoli, che, come è noto, non
sono fatti dall’estensore dell’articolo e sono spesso estremizzati per
suscitare l’interesse del pubblico.
Come ha scritto
Umberto Galimberti su “La Repubblica” (30 settembre), dopo le trasmissioni
televisive sfuggite al controllo dei direttori: “Il Grande Silenzio (o
il Grande Rumore, peggiore del silenzio) sono ripiombati sulla pedofilia”.
Che cos’è la pedofilia? La parola “pedofilia”
è spesso male interpretata.
Qualcuno sostiene
che nel mondo greco la pedofilia era accettata. Non era così: alcuni
greci maschi adulti usavano avere rapporti sessuali con fanciulli puberi
e in quella cultura ciò aveva un significato iniziatico.
Tuttavia, perché questi rapporti fossero instaurati, era necessario
il permesso del padre. Quando il ragazzo diveniva adulto, tali rapporti
dovevano cessare perché l’omosessualità tra adulti non era
consentita.
Pedofilia e incesto Quando la
pedofilia è anche incesto, le conseguenze della violenza
sul bambino sono particolarmente devastanti. Le statistiche rivelano
che i pedofili appartengono per lo più alla cerchia intima
del bambino. Spesso sono parenti stretti, come il padre, la madre o
entrambi i genitori, nonni, zii, fratelli maggiori: quindi persone in cui
il bambino aveva riposto la propria totale fiducia e che lo hanno tradito,
invece di fornirgli uno scudo protettivo. Il padre, e la madre che sa e
tace, (nel 20% del campione esaminato dal rapporto Eurispes la situazione
di disagio è nota a uno o due persone del gruppo familiare
o a conoscenti che tacciono), e che magari disconferma le confidenze del
bambino aumentando la sua disperazione, spesso sono stati anche loro abusati
fisicamente durante l’infanzia: con una tremenda trasmissione generazionale
“amano” la loro prole, nel modo in cui loro stessi sono stati “amati”;
qualche volta convinti che la sessualità sia il modo migliore per
esprimere amore e interesse.
La terapia dell’abusato Chi ha il compito di recuperare queste vittime abusate dai componenti della famiglia si trova in una situazione molto ardua per le difficoltà terapeutiche che presentano tali interventi. Per liberare il bambino dal trauma, occorre fare un difficile lavoro, innanzitutto per far tornare alla memoria gli episodi particolarmente traumatici che egli ha “dimenticato” (rimosso) o che nega per non incolpare l’adulto abusante da cui teme di essere punito. Occorre aiutare il paziente a convincersi che il fatto appartiene al passato, che ora egli è abbastanza forte da potersi difendere e che ci sono persone in grado di proteggerlo; se l’abuso è stato commesso da un genitore, occorre poi individuare gli aspetti perversi dell’abusante, ma nello stesso tempo, circoscrivendoli, recuperare quanto più è possibile il genitore nei suoi aspetti positivi per ricostruire, se si può, almeno parzialmente, quel buon genitore interiorizzato, da cui dipende l’equilibrio psichico di ogni individuo. E’ in aumento la pedofilia? La pedofilia di cui si parla tanto nei media fa ritenere ad alcuni che essa sia in aumento rispetto al passato. Ciò è impossibile da verificare: personalmente ho qualche dubbio in proposito, ritenendo probabile che l’aumento delle segnalazioni e delle denunzie non corrisponda a un reale aumento della pedofilia. L’aumento delle segnalazioni, come è scritto nel rapporto Eurispes-Telefono Azzurro, potrebbe evidenziare, da una parte, una maggiore “capacità degli adulti nel riconoscere situazioni di disagio e nell’individuare i problemi, ossia nell’interpretare esplicite situazioni come a rischio o comunque che necessitano di un intervento; dall’altra, una consapevolezza maggiore, sempre negli adulti, nel sapere che esiste Telefono Azzurro come linea d’ascolto per l’intervento nelle situazioni di disagio e di abuso”. L’accresciuta
attenzione data alla pedofilia, mi pare inoltre strettamente connessa con
un nuovo modo di considerare l’infanzia dopo Freud, grazie alle conoscenze
che sono state approfondite attraverso il lavoro psicoanalitico. Prima
di Freud, si riteneva che il piccolo, almeno nei suoi primi anni di vita,
non fosse ancora in grado di capire, quindi di sperimentare, l’amore, il
lutto per la perdita di una persona cara, che non avesse una sessualità
e che non fosse ancora capace di vedere e di sentire e di ricordare.
Si pensava che stimolare per gioco i genitali di un lattante, eccitandolo
per il divertimento degli adulti, fosse cosa innocente, e non ci
si preoccupava di vivere un rapporto sessuale di fronte a un bambino di
pochi anni che dormisse nella camera dei genitori: “tanto lui non capisce”.
La protezione del bambino La psiche del
bambino in questo secolo ha cambiato di importanza. Stiamo comprendendo
che ciò che il bambino sperimenta sin dalla nascita, (alcuni di
noi pensano: già negli ultimi mesi della vita fetale), rimarrà
indelebilmente inscritto nella sua memoria con enormi conseguenze per tutto
il resto della vita. E’ perciò che si è andato sempre più
approfondendo lo studio sulle condizioni necessarie perché il bambino
abbia un buono sviluppo psicologico.
Questo schema, elaborato dal famoso psicoanalista inglese D.W. Winnicott, apparentemente così semplice, ma tanto profondo, ci aiuta a capire cosa sia la pedofilia. Il bambino, per crescere equilibrato, ha necessità, come abbiamo detto, di qualcuno che lo protegga da ogni stimolo esterno eccessivo, e che, se è tale, costituisce un trauma per lui: per es., i litigi dei genitori in sua presenza, la visione di spettacoli televisivi troppo violenti o troppo erotici. Il bambino ha una sessualità che va rispettata nei suoi tempi di maturazione e che non può essere forzata prematuramente: sarebbe come mettere su un cavallo brado un cavaliere principiante. Una eccitazione seduttiva che il bambino non è in grado di contenere, è sentita come una violenza, la violenza distrugge la psiche. Inoltre il bambino
ha bisogno di genitori che sappiano rispondere empaticamente (intuitivamente)
ai suoi bisogni che egli stesso, se ben allevato, imparerà presto
a manifestare, collaborando con loro. Il bambino non può essere
un oggetto d’uso che risponde ai desideri non realizzati dai genitori
nella propria infanzia.
Chi è il pedofilo Il pedofilo è di solito un individuo che nella prima infanzia, è stato gravemente deprivato delle risposte ai suoi bisogni. Ha perso prematuramente il rapporto con il seno materno (per abbandono, ospedalizzazione della madre ecc.). E’ vissuto in un ambiente degradato fisicamente e/o psichicamente o in un ambiente borghese altamente patologico in cui è stato traumatizzato e/o abusato fisicamente. Dal punto di vista psichico, lo sviluppo del pedofilo si è arrestato prima dell’emergere del complesso edipico (prima dei tre anni). Il pedofilo avrebbe un enorme bisogno di amore che lo aiutasse a costruire o a riparare la sua struttura psichica difettosa ma non sa come procurarselo, temendo sempre di ritrovarsi nuovamente rifiutato. Il pedofilo, che per lo più è un maschio, nella sua infanzia ha avuto genitori non adeguati: un padre generalmente poco presente e una madre che all’assenza di cure ha aggiunto talvolta un bisogno seduttivo simbiotico nei confronti del bambino, dal quale egli si è sentito intrappolato, sfruttato, risucchiato, annientato. Per tale ragione il pedofilo non ha potuto percorrere le normali tappe separative dalla madre e quindi odia le donne e teme un rapporto sessuale con loro. Le sue distorsioni di sviluppo hanno avuto come conseguenza una mancanza di stima per se stesso e una scarsa considerazione del suo corpo. I suoi problemi accentrati sulla sfera sessuale gli fanno sentire i suoi genitali inadeguati e minacciati di castrazione. Tale sensazione si rovescia talvolta in bisogni esibizionistici improvvisi attraverso i quali cerca di essere rassicurato sulla dimensione e virilità del proprio membro che espone agli altri per essere ammirato. Il pedofilo ha una capacità limitata di usare la fantasia riguardo alla sessualità, non conosce le varie sfumature con cui si può esprimere la sessualità tra esseri umani, perché ha conosciuto solo una sessualità bruta agita sul suo corpo. Non ha imparato a scaricare con la fantasia la propria eccitazione. Inoltre essendo stato abusato e traumatizzato da bambino, non ha costruito un Super-Io (la voce della coscienza) in grado di moderare i suoi impulsi. Il suo Super-Io, che dovrebbe tenere a bada il suo comportamento, è “corrotto” come quello dei genitori che sono stati il suo modello. Questa “corruzione” della sua coscienza può arrivare persino a non renderlo consapevole di quello che sta facendo quando compie atti considerati da noi ignominiosi. I genitori che non hanno preso in considerazione i suoi bisogni non gli hanno insegnato a prendere in considerazione i bisogni dell’altro. Il pedofilo manca quindi anche di una esperienza empatica che gli consenta di essere capace di mettersi nei panni degli altri, intuendo ciò che sente l’altro. Il pedofilo ha una personalità instabile ed è soggetto a impulsi aggressivi e libidici che lo tormentano e che lo minacciano. Si sente sempre sull’orlo di una disintegrazione (psicosi) e attraverso l’”amore” del bambino che egli abusa cerca di evitare tale minaccia. Il pedofilo ha un radar particolare per riconoscere bambini soli e bisognosi d’amore in cui rivede se stesso bambino e in cui si identifica, con quella che un illustre psicoanalista, O. Fenichel, ha definito “una identificazione alla rovescia”: non io sono lui ma lui è me. Nei confronti di tali bambini usa le arti seduttive che ben conosce. Quando abusa di un bambino, la sua personalità si scinde. Egli nega a se stesso la sua aggressività e quella con la quale lo hanno ferito i suoi genitori; e, assumendo una personalità diversa da quella che ha abitualmente, attraverso un complesso meccanismo psichico, proietta sul bambino la propria parte bisognosa infantile deprivata a cui cerca di dare amore e interessamento attraverso gesti sessuali. Ma sul bambino egli proietta anche l’immagine del genitore da cui si attende ancora quell’amore che non ha avuto a suo tempo. Quando riesce a stringere il bambino nel suo laccio egli sente di avere in suo possesso il genitore. Un genitore che non può sfuggirgli, che non può rifiutarlo, che farà tutto quello che lui vuole e gli darà tutta la dolcezza, sensuale, di contatto fisico, che non ha mai avuto. Che lo farà obbligato dalla costrizione, se è necessario, perché ora il pedofilo sa di essere il più forte, ora ha potere, può anche immobilizzarlo. Nella pedofilia vanno distinti gli abusi continuati ricoperti da un patto di segretezza e di ricatto, che avvengono generalmente all’interno della famiglia, dalle aggressioni a bambini esterni alla famiglia, di cui magari si è amici, o a bambini sconosciuti o incontrati solo casualmente. Anche se tali aggressioni sono statisticamente più rare, sono quelle che fanno più scalpore, perché spesso portano anche all’omicidio della vittima. In questi casi la sequenza che ho descritto sopra continua in modo tragico. Quando il bambino che viene immobilizzato urla e si divincola e vuole sfuggire, il pedofilo che è anche, di solito, un feticista, si accorge che il bambino non può essere usato come un feticcio, ossia come un oggetto di proiezione che sta fermo, inanimato, immobile al suo volere. Il movimento del bambino rende impossibile al pedofilo la scissione e la negazione della parte aggressiva sua e dell’oggetto interiorizzato. Il bambino ridiventa la cattiva madre che lo rifiuta e lui si sente di nuovo sopraffatto da quella terribile aggressività che abita dentro di lui sin dalla infanzia e che egli voleva sedare attraverso le sensazioni calmanti, che pensava che il bambino potesse procurargli: e così lo uccide. I vari autori che
hanno studiato il fenomeno dell’abuso sessuale usano parole tremende, e
forse sempre ancora inadeguate per indicare le conseguenze psichiche che
lasciano gli abusi nelle persone che hanno subito violenza da bambini:
feriti nell’anima, uccisi nell’anima, distorti nell’identità, adattati
masochisticamente.
Rifuggire dai luoghi comuni Che cosa può
dire uno psicoterapeuta su tale problema? Innanzitutto che di fronte
a un argomento così serio e così difficile non si può
parlare per luoghi comuni.
La prevenzione Per quanto riguarda
la prevenzione, lo psicologo può solo caldeggiare che le istituzioni
tengano presente il problema, non episodicamente, e che siano portate avanti
leggi già presentate in Parlamento, come quella che prevede l’allontanamento
dal domicilio del bambino del genitore o familiare violento e leggi che
potenzino corsi di aggiornamento per genitori, insegnanti, formatori;
e che, infine, aumentino il numero di servizi sociali adeguati in
tutto il territorio italiano, senza dimenticare, come spesso avviene, alcune
zone geografiche o sociali.
Come ha scritto
Ernesto Caffo, meritorio presidente di Telefono Azzurro, uno degli interventi
più utili è quello di sensibilizzare gli insegnanti a riconoscere
i segni dell’abuso nei loro piccoli allievi. Ciò eviterà
che il bambino da adulto diventi egli stesso un pedofilo e salverà
molti bambini dall’inferno interno che si chiama pedofilia. Senza indicare
quali possono essere i segni di un abuso sessuale, per non creare allarmismi,
(i segni vanno comunque letti e discriminati perché possono essere
anche derivati da altre cause), mi sembra di poter dire che ogni maestro/a
deve stare all’erta su questo problema, senza allontanare da sè
i propri dubbi, magari perché il bambino appartiene a una classe
sociale elevata e sembra ben accudito. Un buon insegnante può entrare
in contatto profondo con il suo alunno e ha tanti mezzi per poterne conoscere
la realtà interna. Anche alla scuola materna, quando il bambino
non sa ancora scrivere, l’insegnante può capire dai disegni
e dai giochi proiettivi il disagio di un bambino. I maestri, naturalmente,
dovreb-bero avere dei corsi di aggiornamento su questo problema specifico;
e, cosa particolarmente importante, dovrebbero poter contare sull’appoggio
di capi di istituto sensibilizzati in grado di aiutarli ad affrontare casi
tanto delicati.
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o | Riceviamo
e pubblichiamo questa
riflessione della psicoterapeuta Clotilde Masina Buraggi, che ringraziamo, sul fenomeno della pedofilia e sulle possibilità di contrastarlo e prevenirlo. (1novembre 2000) Le
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