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pensieri
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Gay Pride, l'orgoglio
della libertà
La giornata romana diventa anche una manifestazione
per il diritto all'autodeterminazione laica
di TVIL Finalmente è arrivato il Gay Pride di Roma. Nonostante i cardinali e gli ultimatum del Vaticano gerarchico (fatelo altrove, in un altro momento, offende la città giubilare) e vari inchini laico-istituzionali: i "purtroppo" di Giuliano Amato (la Costituzione afferma la libertà di manifestare...); i dietrofront sacerdotali del sindaco Rutelli (che ha ritirato il patrocinio del Campidoglio); le invettive di una certa destra candidata al governo del Paese (quella che, fra l'altro, per bocca di Gianfranco Fini, chiede di togliere dalle scuole gli insegnanti omosessuali). In questi ultimi mesi tanto si è detto e scritto sul Gay Pride e qui non si vuole aggiungere troppe parole pleonastiche. Ma si vuole ricordare che alle orribili enormità dialettiche e alle pretese ingerenze, neanche più sotterranee, della Chiesa cattolica negli affari delle istituzioni italiane, alla fine hanno replicato in molti ed è nato un vasto movimento di sostegno al Gay Pride e alle ragioni della dignità e del rispetto che gli omosessuali meritano come ogni altra persona. Il Gay Pride, insomma, è diventato anche una buona occasione per manifestare pacificamente nel nome della libertà di espressione e contro l'invasività di una religione che nelle sue gerarchie ingessate vive anche di un modello d'immagine che ci si ostina a difendere - a cominciare dal Pontefice, trasformato in simbolo della sofferenza umana (quella che si vorrebbe imporre, ma non solo simbolicamente, a lesbiche e gay ricacciandoli nei sottoscala della vita comunitaria?). Un Papa innalzato a faro dell'umanità anche da molti esponenti del mondo "laico e di sinistra", nonostante in molti temi centrali, talora anche dicendo tutto e il suo contrario, le sue posizioni siano conservatrici se non in qualche caso oscurantiste (donne, famiglia, cause della povertà locale e globale, riforma della Chiesa, questione teologica eccetera) o populiste (si veda la decisione di tirar fuori i segreti di Fatima dai cassetti impolverati in cui li avevano saggiamente archiviati i suoi predecessori). Un modello d'immagine che ci si ostina a difendere anche a costo di perdere così il contatto con l'essenza profonda di fenomeni sociali di cui si occupano meritoriamente, invece, molti preti di campagna e di trincea (qui e nel Sud del mondo) ai quali meglio farebbe la Chiesa romana ad affidare la sua immagine pubblica e le strategie della sua azione. Allora, ben
venga anche quel supplemento di Gay Pride che è rappresentato da
un'affermazione di civiltà nella convivenza democratica delle diversità,
dal rifiuto dell'ingerenza religiosa nella libertà di scelta di
vita e di espressione nella società laica. E poi, se proprio vogliamo
parlare di offesa al sentimento religioso, che dire della Roma laica e
magari anticlericale che deve sopportare le manifestazioni (e le spese)
del Giubileo tutto l'anno e in tutte le salse?
"Se Gesù
fosse qui oggi, vorrebbe incontrare gli omosessuali. Li accoglierebbe come
amici, come gli altri membri della comunità. Vorrebbe cercare un
percorso anche con loro...". - don Gino Rigoldi (Milano) a Raitre
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o | La
Pope Condicio
"Gay
Pride e l'eccesso di orgoglio",
(8
luglio 2000)
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