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Giovanni Caccamo: il fotografo dei diritti negati
La vita negli occhi e nelle mani degli ergastolani ritratti dal fotografo siciliano
 


 


di FABIO GALLUCCIO


  Giovanni Caccamo, il fotografo dei diritti negati, dei particolari, dell'eleganza asciutta, non formale. Ci vediamo nei pressi di casa sua , a pranzo, in un ristorante siciliano. Lui di Modica, una delle più affascinanti cittadine del ragusano, dove si respirano le atmosfere di Tommasi di Lampedusa, di Verga, di Sciascia; io di Messina, la città dello stretto dove Stefano d'Arrigo colloca il suo epico romanzo Horcynus Orca.
   
   Ci conosciamo da alcuni anni. Giovanni ha l'orgoglio della nostra terra , la poesia di Quasimodo che si trasforma nelle armonie delle immagini, in scatti. Voglio scrivere di Giovanni raccontando due delle sue più belle raccolte fotografiche  (di cui Giovanni ha concesso a "Nonluogh" due foto). Quella sugli occhi e sulle mani. 
Ma sono occhi e mani particolari. Gli occhi degli ergastolani che Giovanni è andato a trovare nei luoghi di detenzione come Rebibbia a Roma, o  Porto Venere,  o il carcere di massima sicurezza di Spoleto, nello struggente reportage "Fine pena mai".
Le mani sono quelle dei contadini di Sicilia.

  "Volevo ritrarre la Sicilia, rappresentarla come io la vedo, come la respiro. Di fronte a grandi fotografi come Federico Scianna, mi sentivo impotente. E allora  ho pensato ai contadini di Modica, abbronzati, arsi dal sole, segnati  dalla fatica, dalla polvere che li incanutiva. E ho fotografato le loro mani che più di ogni cosa rappresentano lo sforzo, il vigore, la stanchezza, la volontà di piegare una terra , spesso non generosa".
Quelle mani mi ricordano le foto dalle grande fotografa friuliana Tina Modotti. Le mani di operaio, le mani che lavorano del Centro America della Modotti, quelle mani ritratte nel 1928 che non differiscono dalle mani immortalate da Giovanni più di settant'anni dopo.
E poi gli occhi. Occhi che spiano come dalle feritoie delle celle, nelle quali sono segregati a vita. Senza uno spiraglio di luce, di aria. Un nero dell'immagine che racchiude la soffocante claustrofobia della loro esistenza di prigionieri.

   Un ergastolo accettato da una nazione che è stata da recente sottoposta a una severa reprimenda da parte di Amnesty International per il nostro regime carcerario e nonostante l'articolo 27 della Costituzione reciti che " le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso dell'umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato". Questo articolo, in gran parte disatteso, ripropone con gran vigore un tema totalmente dimenticato dal nostro mondo politico, alla caccia solo di "città più sicure".

  "Quegli occhi raccontano molte cose. Sono occhi di uomini che si proclamano innocenti, che confessano le loro colpe, i loro delitti commessi in un momento di improvviso vuoto. E' stata una grande lezione di vita, ma anche ho sentito un senso di smarrimento, di impotenza, di colpa."
  Le foto di Giovanni sono un terribile j'accuse . Quegli occhi te li senti addosso, incapace a rimuoverli e hai solo la pudicizia di abbassare i tuoi.
Ci sono fotografi del nudo, bellissimo, arcanamente misterioso e attraente. Ci sono fotografi come Giovanni che riescono a spogliare la realtà, facendola toccare nella sua crudezza. Senza voler togliere nulla ai primi, mi piace catalogare, Giovanni Caccamo, tra quest'ultimi.    


Giovanni Caccamo nasce a Modica il 12 giugno 1966, diplomato all'Accademia di Belle Arti di Roma. Predilige come arte la fotografia a cui si dedica fin da giovanissimo. Sue mostre, tra le altre, al Palazzo delle Esposizioni di Roma, alla Maison de la Photografie di Aosta, alla Galleria "La Mente e l'Immagine" di Roma, al Salone del Libro di Torino. Regista alla Rai e a Mediaset. Pittore . Autore di video e cortometraggi.
 



 
o (26 giugno  2001)


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