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Nucleare: visto, si contamini l'Europa
Uranio: la centrale di riciclaggio britannica di Sellafield ottiene una deroga per inquinare
 

   Chi ha letto l'interessante inchiesta di Sergio Finardi sul Manifesto di ieri ("La holding radioattiva") sa che l'intreccio del business militare all'uranio impoverito vede un'impresa americana come ultimo settore di un labirinto al cui ingresso c'è invece un'impresa statale britannica in odor di privatizzazione, la British Nuclear Fuel plc (Bnfl). Si tratta di un'industria che si occupa di ripulitura dei siti nucleari e di riciclaggio dei rifiuti atomici.
    Così abbiamo scoperto chi c'è dietro al grande business che viene denunciato da anni da scienziati e movimenti ecopacifisti senza che politici e giornalisti "high profile" che oggi cascano dalle nuvole quasi indignati e comunque scuri in volto abbiano mosso un dito.

   Bene, queste le notizie che potrete andarvi a leggere nel dettaglio sul Manifesto.

   C'è però un'altra notizia interessante, che è cronaca di ieri pomeriggio e riguarda il sito di riciclaggio nucleare di Sellafield che appartiene, appunto, alla British Nuclear Fuel.
   L'Istituto britannico di controllo ambientale, infatti, ha capovolto una precedente indicazione del governo circa la necessità di ridurre dell'80 per cento gli scarichi radioattivi dell'impianto che si trova nel Nord dell'Inghilterra.
   Ora la richiesta di riduzione dell'inquinamento non c'è più e già ieri si sono registrate le prime reazioni critiche anche in paesi stranieri, come la Norvegia, che da anni lamenta di aver verificato lungo le sue coste occidentali un preoccupante aumento della radioattività portata dalle correnti marine e fatta risalire con certezza all'attività della centrale di Sellafield di riciclaggio di uranio, plutonio e combustibile nucleare usato nelle centrali.

   Erano state proprio le proteste dei Paesi vicini a spingere l'Authority britannica sull'ambiente verso la decisione di obbligare l'impianto a un taglio netto degli scarichi radioattivi nel 2001. La leadership della centrale ha replicato con argomentazioni di tipo economico: inquinando meno non si guadagna abbastanza. Tutto qui. Una tesi sicuramente verificabile nella realtà della maggior parte delle industrie private e pubbliche del mondo; ma basta per mettere in secondo piano lo stato di salute della vita sulla Terra? Secondo le autorità politiche e burocratiche britanniche, sì: la riduzione dell'inquinamento radioattivo è rinviata, per ora, al 2006, con buona pace di chi da anni denuncia la contaminazione delle acque o la pericolosità dell'uranio impoverito.

   Evidentemente, le denunce di uno stato di preallarme da tempo verificato non sono sufficienti al governo Blair e ora numerosi Paesi temono un incremento di una contaminazione già ritenuta inaccettabile. 
La Norvegia, per bocca del ministro dell'ambiente Siri Bjerke, ieri ha già annunciato una protesta ufficiale nei riguardi del governo di Londra e ha aggiunto che avvierà contatti con altri paesi minacciati dalla radioattività di Sellafield (Irlanda e Danimarca in primo luogo) per concertare un'azione comune di pressione diplomatica  contro la Gran Bretagna. Alcuni Paesi (Giappone, Germania e Svizzera) che inviavano materiale da riclare a Sellafield hanno smesso di farlo da un paio d'anni in relazione ai rischi connessi con l'attività dell'impianto.

  Si intravede nella questione Sellafield anche un po' di conflitto rossoverde, uno dei temi tragicamente rimossi dal dibattito pubblico, anche nel mondo dell'antagonismo. La British Nuclear Fuel plc dà lavoro a 13 mila persone. 

   Di Sellafield, aperta negli anni '50, si ricorda, fra l'altro, un grande incendio nel 1965 che portò fra l'altro alla proibizione della vendita del latte prodotto nella zone, che fu dichiarato pericoloso per la salute.

   Negli anni '90 invece di diminuire l'inquinamento radioattivo, il managment della centrale decise di aumentarlo enormente scatenando molte proteste. Tra le sostanze radioattive scaricate all'esterno c'è il Technetium-99. Ma anche all'interno si sono registrati numerosi incidenti che hanno coinvolto anche i lavoratori, come quando nel 1999 tre operai furono contaminati per una fuga radioattiva.

   Forse questa ennesima accelerazione radioattiva assecondata dal governo britannico, combinata con lo scandalo dell'uranio impoverito, potrà riaprire il dibattito su Sellafield e in generale sul riciclaggio nucleare. Vedremo.

(Nonluoghi
- fonti di ricerca per questo articolo: 
stampa norvegese, NRK, NTB, 
Aftenposten, e inglesi, BBC, The Economist)


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(11 gennaio  2001)

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