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"E una mattina la polizia con i cani seminò il terrore nel campo..."
Una storia di ordinaria realtà italiana raccontata da Giacomo De Barre, sinto modenese
 


  "Sono De Barre Giacomo, sinto modenese.
Do un gran saluto alle signore e ai signori gagè di questo convegno e vengo a voi con questa missiva per fare sapere la vera verità nei confronti nostri, dei Sinti e Rom, in Italia. I tutori dell'ordine, qui in Italia, non fanno rispettare la giustizia ma vogliono fare una pulizia etnica nei confronti dei Sinti e Rom.

   Voglio far sapere cosa è accaduto a Modena. Cose da fare vergognare una
nazione che dice di essere democratica. Il 14.1.2000 (e siamo nel duemila!), polizia, carabinieri, finanza, polizia stradale e vigili (c'erano tutte le forze dell'ordine, i carabinieri con tuta mimetica, la questura con i giubbotti, la finanza con i cani) hanno fatto questo raid, questo blitz. Erano le sette del mattino nel campo nomadi di via Baccelliera. 

   Chiedo a voi, signore e signori gagè, se si può chiamare l'Italia una nazione democratica. Potete immaginare, alle sette del mattino, con tutti i bambini che devono andare a scuola, vedere queste brutte cose. 
   Bambini che piangevano terrorizzati, le urla di questi bambini erano una
cosa straziante per noi adulti, vedere questi bambini in quello stato d'animo. Poteva far pietà anche a una persona molto cattiva. I tutori dell'ordine sono entrati anche nella carovana di mia zia Anita, questo atto è stato ancora più cattivo. Carabinieri e polizia hanno fatto irruzione nella carovana, nel lettino c'era la mia cuginetta che è anche handicappata e che non si può nemmeno muovere.

   Nel vedere carabinieri e questura con questi cani lupo ha preso uno spavento e terrore che per sei giorni le è venuto il vomito, diarrea e febbre: non hanno avuto pietà.

   Veniamo alla perquisizione. Sono entrati nella mia carovana, cominciando come al solito col rovesciare cose dappertutto. Hanno trovato oro: catenine, orecchini, anellini, un orologio con catena che sono ricordi dei miei nonni; anelli, catenine, un braccialettino che sono di mia moglie, di mia figlia e di un nipotino. Tutta roba comperata. 
   In poche parole, vengo denunciato come ricettatore, così mi attaccano da tutte le parti. Mi sequestrano i fucili da caccia perché non ho annotato il trasferimento di residenza, anche se ho chiarito la mia situazione in questura nel 1992. La questura mi revoca la licenza di caccia per l'accusa di ricettazione. La licenza e questi fucilacci, il più nuovo ha 45 anni, non mi servono per andare a caccia, bensì per il mio lavoro. Io ho un'attrazione che si chiama "tiro a razzo" e vado per fiere, tutto
questo mi serve per il mio lavoro. Ma il fatto più grave, quello che mi ha umiliato di più, è che sulla base di una nota dei carabinieri il prefetto di Modena mi revoca il porto d'armi perché sono un nomade, vivo in un campo nomadi e come nomade zingaro posso adoperare queste armi in modo diverso dagli altri.

   Ci hanno pensato un po' tardi perché io sono in possesso di queste armi e del porto d'armi da quarant'anni. Io non ho mai, dico mai, fatto l'assalto della diligenza o al treno. Quel documento mi serve per dare, con il mio lavoro, un pezzo di pane alla mia famiglia.
  Ai miei colleghi che sono fissi nel campo - a dire questa parola mi vengono i brividi, mi riporta alla mente il luogo dove sono nato, un campo di concentramento - furono sequestrate le automobili, che gli servono per lavoro. C'è chi lavora come muratore, chi lavora in una fabbrica chimica. Sono Sinti che lavorano come i gagè ma tutto questo non è valutato. Dicevano che queste macchine erano rubate e così non
immaginate, per tre mesi, i problemi per raggiungere il posto di lavoro.
  Potete immaginare cosa pensavano tutti i gagè di Modena e provincia.
Siamo stati martellati sui giornali per venti giorni e gli articoli scrivevano di droga, armi, gioielli trovati nel campo nomadi di via Baccelliera. I cittadini ci odiavano, questa non è una bella pubblicità.
   Signori miei, la gente voleva le nostre teste. Se le forze dell'ordine vogliono farsi pubblicità, che vadano veramente dove c'è il vero crimine: penso che in Italia, di criminalità, ce ne sia da buttare.

   Signore e signori di questo convegno, io dico e penso che quello che hanno fatto le forze dell'ordine e tutto quello che hanno scritto i giornali è istigare la gente al linciaggio. Il bello di questa farsa molto cattiva è che io ho chiesto alla magistratura il dissequestro sia dell'oro, sia delle armi. Dal GIP di Modena è stata subito accettata  una cosa-lampo e dopo settanta giorni mi hanno restituito sia l'oro, sia le armi. Anche ai miei colleghi hanno restituito le auto. Però sono andato in caserma dai carabinieri e ho preso solo l'oro. Le armi le ho lasciate lì perché il prefetto mi ha tolto il porto d'armi e senza il porto d'armi non posso prendere le armi. Venti giorni fa, in data 3.6.2000, ho fatto richiesta, visto che mi è stato restituito tutto e sono di nuovo un cittadino italiano libero. Sarà molto dura perché rimango sempre un brutto, sporco e cattivo zingaro.

   Anche nelle scuole abbiamo molti problemi. Si comincia a lavorare con le giostre alla fine di marzo. Finita la sagra o la fiera ci mandano subito via e a volte non abbiamo subito un'altra fiera. Potete immaginare il problema con le scuole e la sosta. Il nostro problema è molto grave e io spero che noi Sinti e Rom, con il vostro aiuto, possiamo un giorno fare sapere alla Corte suprema europea e a tutte quelle nazioni democratiche come siamo trattati in Italia. Abbiamo molto, ma molto bisogno del
vostro aiuto. Per gli ebrei i guai sono finiti, per i neri d'America i guai sono finiti ma l'olocausto di noi Sinti e Rom non è finito.
   Vi prego, signore e signori di questo convegno di Napoli, fate sapere al mondo come siamo trattati. Io sono molto lontano da voi ma il mio cuore è lì. Vi ringrazio, a nome di tutti i Sinti e Rom, del vostro interessamento e della vostra benevolenza.
Ringrazio il nostro messaggero nella persona di Davide Ravera".
 

Giacomo De Barre "Gnugo"



o Pubblichiamo una testimonianza diretta su che cosa capita
oggi agli zingari. 
Si tratta di una storia modenese raccontata al convegno di Napoli "Rom e Sinti: un'integrazione
possibile", appena conclusosi.

Intanto fra molte notizie preoccupanti ce n'è una buona che arriva ugualmente da Modena: il 22 giugno scorso
è stata approvata dal consiglio comunale una
delibera di tipo tecnico (variante al PRG) che costituisce un primo,
necessario passo formale all'ottenimento dei fondi regionali necessari
per creare situazioni abitative dignitose e stabili ad alcune famiglie
allargate ora confinate nel campo di via Baccelliera per parte dell'anno.
"Lo consideriamo un grosso risultato politico, anche se ora si tratta di
vigilare affinché
non si verifichino inghippi nei successivi passaggi
amministrativi, e in particolare affinché la promessa ristrutturazione
di via Baccelliera non ricrei in alcun modo la logica del campo", commenta Davide Ravera del Gruppo con i Sinti italiani.
E aggiunge: "E' stato possibile ottenere questo risultato, pur parziale, solo grazie all'attenzione
degli organi di informazione e alla mobilitazione
commovente di numerosi amici e compagni,
a Modena e fuori Modena.
Li ringraziamo anche a nome del Gnugo e di tutti i Sinti e li invitiamo
a continuare, insieme ove possibile, la battaglia per la verità, contro le discriminazioni 
e le disparità".
 

(26 giugno 2000)

La denuncia
dei blitz
a Roma

Rom, sinti
e zingari:
problemi
di definizione
di Nando Sigona

Il dossier
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di Nonluoghi

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Il dossier Kosovo
 
 
 
 
 
 
 
 

 

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