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"Basta campi e isolamento: si cerchino altre strade, nuovi incontri..."
Parla Il musicista sinto Vittorio Mayer: il sogno di libertà, le persecuzioni nazifasciste,
le deportazioni dell'olocausto dimenticato, le emergenze del dopoguerra fino ai ghetti d'oggi
 

di RICCARDA TURRINA

  Vittorio, cominciamo col chiarire un dubbio: quali sono le differenze fra Rom e Sinti?

   Sia i Rom che i Sinti fanno parte di uno stesso popolo, gli zingari.  I Sinti, però,  hanno percorso soprattutto l'Europa Occidentale mentre i Rom l'Europa Orientale. C'è un po' di differenza nella lingua, anche se sostanzialmente è la stessa, perchè sia gli uni che gli altri hanno assimilato alcune caratteristiche linguistiche legate ai luoghi dove sono vissuti. Si possono trovare sinti in Italia, Francia, Germania e quindi si differenziano di stato in stato, ma poi anche di regione in regione, per cui i sinti veneti si distinguono da quelli dell'Alto Adige, che siamo appunto noi. Io sono nato ad Appiano nel 1927, perchè i miei hanno sempre girato in questa regione. Mia nonna era tedesca, mio nonno siciliano emigrato in Germania. Hanno sempre vissuto nel tirolo anche perchè la nonna non parlava bene l'italiano. Qui avevamo casa nostra. Io e i miei fratelli siamo tutti nati nei dintorni di Bolzano. Io sono nato in una stalla, perché la donna che doveva partorire, secondo la nostra tradizione che risente degli influssi orientali, veniva considerata impura; quindi veniva isolata; ancora adesso i sinti mantengono spesso questa tradizione; anche quando la donna partorisce in ospedale, tutto ciò che lei  ha toccato viene bruciato, o usato.

   Che cosa ricordi della tua infanzia trascorsa in Alto Adige?
Come eravate visti dalla gente?

   Noi ci spostavamo spesso nel territorio dell'Alto Adige. Una volta la gente del tirolo non era come quella di adesso. Eravamo rispettati. Io avevo tanti amici. In questa zona c'eravamo solo noi, eravamo i veri signori del tirolo. I sinti non venivano mai a Bolzano perchè non avevano dimestichezza con la lingua tedesca . La mia famiglia che allora era molto numerosa: sette zie da parte di mia madre, sposate con figli e più i parenti di mio padre. La vita che si viveva allora era diversa. Non c'erano pregiudizi. 
Il progresso, il benessere, divide le persone, la miseria, invece, le unisce. Quando c'era miseria c'era anche più disciplina; alcune cose erano proibite, perchè si viveva in un regime di dittatura; le gente era più umana; anche le lotte erano più sentite. Io ho vissuto il periodo della guerra. Finché si stava in Tirolo si viveva bene, la popolazione di lingua tedesca ci ha sempre dimostrato tanta solidarietà. Con l'avvento del nazismo sono cominciati i problemi. Ricordo quando fummo tutti fermati: ci presero i documenti e ci costrinsero a non spostarci. Mussolini voleva bandire il nomadismo in Italia. Voleva che tutti i bambini sinti frequentassero la scuola.

"Amico dei partigiani"

   Ma i sinti si ribellarono a questa iniziative e con loro si schierò la regina Elena di Montenegro, simbolicamente considerata la nostra regina; lei fece una petizione in nome dei diritti della cultura zingara. Ma negli anni Quaranta, con l'inizio delle persecuzioni naziste, divenne difficile vivere anche nella nostra terra. Siamo stati internati. Mio padre non ha mai fatto politica,  noi siamo apolitici. Ci internarono a Castel Tesino, in Trentino. E l'8 settembre del 1943 la mia famiglia fu deportata da Castel Tesino. Io in quel momento non mi trovavo a casa. C'erano già i partigiani.
 Uno di questi era un amico intimo di mio padre, perchè gli insegnava a suonare la chitarra. A Castel Tesino eravamo considerati dei sovversivi. Ma in questo paese la maggior parte erano ambulanti e quindi da un lato ci trovavamo anche bene. Una sera mentre stavo rientrando a casa dopo essere stato a Trento, sulla strada incontrai una famiglia di ombrellai; fu da loro che venni a sapere che i tedeschi avevano portato via tutta la mia famiglia. Io sono comunque andato a casa; c'era ancora sulla stufa a legna la padella con le patate;  ho dormito lì, ero un ingenuo; non accesi, però la luce, e poi ho raccolto in uno zainetto i ricordi affettivi di mio padre  e mia madre e la mattina presto sono andato direttamente dal segretario Politico per chiedere informazioni della mia famiglia. Lui cercava di tranquillizzarmi benchè io lo vedessi un po' spaventato; ma allora non capivo cosa stesse succedendo; fu il mio amico Dante a spiegarmi come stavano veramente i fatti e ad incitarmi a scappare se non volevo essere catturato dai tedeschi. 

   Dove furono deportati i tuoi familiari? E tu nel frattempo come vivevi?

   Furono prima portati al campo di via Resia a Bolzano. Io invece ero uno "sbandato"; sono stato con i partigiani in val di Non. Finita la guerra mi volevano tenere lì, nella polizia partigiana:ma io sono sinto e non sono fatto per quelle cose. Allora mi hanno rilasciato un tessserino che mi permetteva di avere assistenza in tutti i centri partigiani che c'erano allora. Io giravo e per mesi e mesi dopo la guerra non ho trovato alcun sinto. Ero solo e sbandato. Finalmente sono tornato a Feltre, in provincia di Belluno, in un centro di assistenza per partigiani e mentre stavo parlando con una ragazza che era senza un braccio perché i tedeschi gliel'avevao amputato, sono arrivati quattro vecchi partigiani in divisa,con le barbe lunghe; da uno di questi sono venuto a conoscenza di una parte di storia della mia famiglia che non sapevo. Lui, il professor Lino Bertorello di Belluno, infatti era stato in carcere a Trento con mio padre Enrico e mio fratello Pio. Ma lui mi aveva scambiato con mio fratello. Pensava che fossi Pio, quello che era in carcere con lui. 

"Quando mio padre riuscì a sfuggire ai nazisti"

   Sono poi andato con lui il giorno successivo a Bolzano. Ma non c'era più il campo, perché i tedeschi avevano portato via tutti. Io però volevo cercare. Quando li ho ritrovati la mia famiglia era dimezzata. Molti erano stati deportati in Germania, le mie zie i miei cugini, morti nei lager. Mia madre è morta durante l'internamento. Al campo di Bolzano c'era anche una donna, l'amante di un comandante nazista. Poichè lei non voleva donne e bambini al campo e mia madre aveva un bimbo di sei mesi, il comandante è andato da mio padre ha preso la mia famiglia e gli ha spediti al comando delle Ss a Verona, con una lettera. Ma mio padre arrivato a Domegliara è riuscito a scendere e a portare con sè mia madre e i miei fratelli ed è rimasto sulle montagne assieme ai partigiani fino alla fine della guerra. Assisteva i partigiani e le mie sorelle più grandi medicavano i partigiani. Noi non abbiamo neanche mai cercato la vendetta: pensa che negli ultimi giorni di guerra mi capitò di incontrare dei giovani repubblichini di Trento che tornavano dalla Lombardia e addirittura li avvisai di evitare i sentieri in un dato bosco, perché lì avrebbero trovato i partigiani e rischiato il processo immediato e l'esecuzione. No, niente vendette. 

   Come siete usciti dalla guerra? 

   Ci siamo ritrovati: nudi e crudi come erevamo, senza diritti. Siamo quelli usciti più malamente dalla guerra, perché siamo passati nel dimenticatoio. Dopo la guerra si è parlato molto degli ebrei ma degli zingari no. Per di più c'è stato il referendum nel 1946. Io sono stato sempre educato anche alla politica, avevo amici comunisti, anarchici mi sentivo vicini a loro perché predicavamìno la libertà e l'uguaglianza. Noi siamo tutti anarchici, pacifici. Noi non avevamo nessun diritto. Io credevo in un Italia più bella, senza violenza. Non avevamo nemmeno diritto al voto. Noi in italia siamo sempre vissuti da clandestini. Io, mio padre mio nonno avevamo carta di identità con cittadinanza italiana ma eravamo clandestini. Non avevamo nessun diritto ma solo il dovere di fare il militare. Nel 1956 uno dei miei fratelli a Peschiera ha rischiato di essere arrestato perché non avevva fatto il militare. Ma nessuno l'aveva chiamato. Poi è subentrato don Bruno Nicolini attualmente presidente nazionale dell'Opera Nomadi, che ha cominiato ad avvicinare gli zingari. Ha fatto catechismo fra di noi, ha fatto scuola sui prati ai sinti. Lui si è fatto avanti assieme a Mirella Carpatti affinché venissero riconosciuti i nostri diritti. Anche noi alla fine degli anni Cinqanta abbiamo avuto il diritto al voto.
   Poi bisognava risolvere il problema del vocabolario che alla voce zingaro diceva gente di  oscure origini e malaffare. Dopo quattro anni di lotta abbbiamo vinto anche questa battaglia. 
   Non si può giudicare una persona che non ha commesso nulla.

   Qual è la situazione attuale dei sinti?

   Sicuramente le condizioni dei sinti sono peggiorate con il progresso perché un tempo i sinti che hanno girato tutto il mondo erano anche più rispettati; venivano tenuti in considerazione per quello che erano e sapevano fare. Ho sentito delle storie che fanno rabbrividire. Certo è che qualche zingaro si è anche abbruttito attraverso i contatti. Il campo suona male anche come voce. Campo per noi significa qualcosa di doloroso che ha un legame con la nostra storia più triste. Dopo che si è lottato per i bambini a scuola, per il voto e per avere libretto di lavoro, non è possibile che ci sia chi è costretto ancora al ghetto. Una volta eravamo giostrai, stagnini, ombrellai, musicanti, mercanti di cavalli, cestinati, commedianti, Così fino  agli anni Cinquanta. Poi abbiamo dovuto adattarsi ai tempi moderni e non eravano preparati a quasto nuovo modo di vivere; in più ci mancava il libretto di lavoro. Ora, nei campi si mette la gente in isolamento; a me non piacciono queste etichette; c'è poi il proibizionismo: gli zingari hanno sempre girato e girano ancora ma con le loro roulotte non si possono fermare da nessuna parte; arrivano i carabinieri e li mandano via. Lo vedo qui a Riva del Garda: quando arrivano i turisti nessuno li allontana, ma gli zingari sì. Ma che male fanno?
L'unico popolo che non ha mai fatto la guerra è il popolo zingaro: la pace non è mai stata sconfitta.

"L'isolamento è deleterio"

   Noi zingari abbiamo sofferto ogni sorta di angheria ma abbiamo sempre amato la pace, Né mio nonno né mio padre sono eroi; suonavano la chitarra, non andavano in giro con il fucile. Anche i campi da queste parti, come quello di Ravina a Trento, sono isolati; una comunità emarginata e trascurata anche dal punto di vista igienico. Se isoli un gruppo di persone non può che nascere qualcosa di negativo; i nostri ragazzi, stando fermi, hanno il tempo di riflettere, di pensare. E i loro contatti sono molto limitati: chi va con lo zoppo impara a zoppicare. Quando ci si sposta non si ha il tempo di legare con realtà negative; da noi non ho sentito casi di droga, ma non è detto che non succeda; ma non è colpa degli zingari ma di chi li ha isolati; io li ho visti in città, ho un centinaio di nipoti e vedo certi pericoli; sono piaghe sociali che non si voglioni eliminare e quindi la delinquenza si crea così, perché  a qualcuno frutta. Del resto se non ci fossero i poveri non ci sarebbero i ricchi...
   Io ho sognato l'Europa, noi l'abbiamo sognata. Si sognava un'Europa più pulita, aperta al lavoro, non un'Europa che diventasse un punto di incontro per la delinquenza, dove i poveri diventano sempre più poveri; dove le guerre si combattono poi fra poveri. Io non ho ancora visto  costruire delle case dove mettere delle persone che hanno bisogno; si cerca sempre di mettere i poveri insieme; ma la realtà insegna che i poveri non stanno bene insieme; ci vorebbe una famiglia povera accanto a una famiglia non povera: se io non posso mai stare con chi sa più di me, non potrò mai prendere coscienza delle cose; i povero sono trascurati

   Chi ha progettato il campo nomadi di Trento?

   Il campo non era stato progettato così; gli intenti erano altri; io, ad esempio che sono stato interpellato assieme a Traudi De Concini. Lo vedevo più come un campeggio, un luogo di scambio, di confronto. Un campo solo per i residenti locali; ma non è così; lì c'è un via vai di persone, non c'è controllo; poi è nascosto, lontano dal mondo. In ogni caso un campo non va bene.

   Tu cosa proporresti?

   Niente campi. E' un popolo particolare quello dei nomadi;  nemmeno io vorrei abitare in una casa, a volte mi sento stretto; sento il bisogno di muovermi, di incontrare la gente, di parlare, di crescere; se tu mi regalassi una baracca nel bosco mi faresti felice. Facciamo un abitato che abbia un'affinità  con la psicologia dei sinti, che hanno anche bisogno di cielo, di natura, di libertà; e poi in ogni caso non più di due famiglie per parte; non troppo unite; si devono mescolare con la popolazione; perché i miei figli devono inerirsi con la realtà dove vivono, avere degli scambi con altri non solo fra di loro.

   Ma allora come fate a preservare la vostra cultura?

   Ciascuno è quello che è. La nostra cultura è la lingua. Io mi sento attaccato a questo ambiente perché sono nato qui.
Io non credo che noi abbiamo un modo diverso di vedere le cose; tu ami in maniera diversa cose diverse; ma il concetto è tipico dell'uomo e della donna. La cultura semmai è quello che ci contraddistingue e ci diversifica dagli altri. La lingua deve essere tutelata. Il Germania è tutelata. Tutti i danni che abbiamo subito, fisici  e morali, non ci sono mai stati pagati, o riconosiuti. Si sa che c'erano grandi figure anche fra di noi, nella resistenza ad esempio; abbiamo avuto partigiani impiccati nella via del Martiri a Bassano del Grappa: erano combattenti per la libertà a tutti gli effetti. Ecco perché dico che non ci sono culture diverse; nel bisogno siamo tutti uguali. E' risaputo che io come zingaro devo comportarmi sette volte meglio di un altro per essere accettato, per vincere il pregiudizio. Non è la cultura che ci divide; semmai è la religione che ci divide;
le culture cambiano; mia nonna che era dell'Ottocento mi ha detto: “Vittorio, se qui arriva la cultura americana, l'Europa è finita”. Dove vivo io abitano delle persone di colore; ma loro rimangono della loro tradizione, rimangono come sono venuti. In realtà, ammiro coloro che conservano il meglio della loro cultura. 

   Amore per la musica poesia: da dove ti viene...

   Gli zingari da sempre hanno suonato. E' tipico dei popoli primitivi; dove c'è miseria  si canta e suona. Io suono la chitarra cercando di comunicare e scrivo per dire ciò che ho dentro, per confrontarmi col il mio cuore. Ho cominiato a scrivere in sinto ma questa lingua non ha alfabeto, la nostra è una  cultura orale.Scrivo in sinto usando i caratteri tedeschi. Uso le forme tedesche; poi ho deciso di scrivere in italiano usando un linguaggi semplice, povero: quel che conta è il concetto. Io ho un amico, il presidente delle minoranze etniche in Europa, che mi ha sempre incoraggiato a scrivere. Con lui abbiamo tradotto il vocabolario della lingua sinta. 
Ho studiato musica, ho un diploma. L'interpretazione è un'altra cosa conosco la storia della musica. La musica è stato il mio più grande amore. Studiavo il violino per il piacere di conoscere  ma poi non ho potuto andare oltre. La possibilità non si è mai presentata. Io amo la filosofia, mi piace la poesia di Tagore “Quando le mani di un uomo tengono fra le mani le mani di una donna entrambi toccano il cuore del cielo”. 

   Ti senti vicino alla filosofia indiana?

   Sì, forse per eredità. Per le origini lontane. Sono più vicino ai poeti che appartengono ai poveri, che cantano la natura, la libertà, l'amore. 
Dio ha fatto prima la donna e poi non aveva materia abbastanza e ha fatto l'uomo senza una costola.
La donna è la chiave del mondo. Tutte le donne sono belle. 

   Nella tua cultura la donna che ruolo ha?

   La donna è donna. I sinti dicono che la donna sia stata creata prima della creazione di tutte le cose. La donna ha un grande significato nella vita umana solo che la donna ha la sua funzionalità, io son un po' antico, deve anche continuare la specie. Deve essere libera ma penso anche che debba amare qualcuno. 
Mengele colui che ha trovato il sistema di eliminare l'uomo con il gas non è mai stato rintracciato: due donne zingare sono state cavie degli esperimenti del Dottor Mengele. una si chiama Barbara Richter: lei è stata una delle ultima cavie di Mengele.
Eichmann è stato rintracciato nel 1960; i partigiani di Simon Visentall davano la caccia a criminali di guerra. Hano rintracciato Eichmann che si trovava in Argentina lì hanno catturato portato in Israele e qui viene alla ribalta la storia degli zingari. Una scrittice, Mirna Novich, dice che quell'uomo non andava processato solo per i milioni di ebrei che aveva fatto uccidere ma anche per i seicento mila zingari che vanno ricordati: Così riemerge la storia degli zingari. Il 12 agosto del 1961, lo ricordo come fosse oggi, Eichmann venne condannato a morte mediante impiccagione. 
   E negli anni Sessanta si fa una tavola rotonda sul popolo dei sinti; i giornali cominciano a parlare di loro è diventata più che una questione umanitaria una questione di curiosità. Si facevano delle ricerche su questa gente. Un mio amico era marcato sul braccio, tutti avevano un numero. Una donna che era stata cavia non voleva sapere di questa storia. Nelle commemorazioni però cli zingari non vengono mai citati. Io sono stato costretto dire a una donna che mi aveva detto che ero un delinquente perché ero zingaro, che  non ero lì come accusato, ma che lei doveva chiedermi scusa per tutto ciò che la mia gente aveva subito. Io e la mia gente non abbiamo mai creato mezzi di tortura, campi di concentramento, carceri e supercarceri, forni crematoi, non  risulta in nessuna storia. 
Io in nome della mia famiglia ho perdonato e perdonerò sempre. Quando le persone dei lager sono state liberate i prigionieri facevano a pezzi i carnefici; io ricordo invece che i vecchi zingari nascondevano sotto le gonne un generale delle Ss. L'ha salvato: me l'ha raccontato uno che era presente. Noi non abbiamo portato odio e vendetta. Se tu mi ami io ti amo; ma io ti amo anche se tu non mi ami. 
Perdonare segnifica perdonare l'imperdonabile; amare significa amare chi non lo merita. Perdono e tolleranza è il il principio della mia eredità.

   Altri capisaldi della tua eredità che vorresti venissero salvati perché ti hanno dato tanto e possono ancora dare tanto?

   Certamente ci sono delle cose da salvare, cose che potrebbero emergere attraverso l'istruzione, perché se si studia si riesce ad esprimere meglio se stessi, quello che c'è dentro, quella ricchezza che altrimenti non viene fuori: l'amore verso la musica la poesia, va avanti, l'amore verso la natura. Fin che lo zingaro ama la libertà e la pace, lo zingaro sarà sempre una persona diversa dagli altri; bisogna sradicare nell'uomo l'ambizione e l'egoismo. Che divide le persone. Distrugge il tuo essere. 
Mi auguro che gli zingari nonostante quello che hanno sofferto rimangano sempre amanti della pace e della libertà e che considerino tutti dei fratelli. Forse abbiamo camminato con Cristo.
   Tanto che c'è la leggenda che lo dice. Che abbiamo tentato di rubare i chiodi. Si dice che una zingara mossa da pietà quando doveva essere croceficco gesù lei cercò di rubare i chiodi affinché non fosse crocefisso; invece è riuscita a rubarne solo uno; ecco perché è stato crocefisso con tre. Ma per merito di questo chiodo hanno avuto anche tante indulgenze. Hanno avuto il privilegio di essere sempre uomini liberi; penso che nel mondo attuale ci sono tanti predicatori, ma da sempre siamo veri predicatori di pace; io sono menestrello, un giullare errante uno che non ha pretese, che non è attaccato ai beni terreni. Fratello di tutti. 


o

Nonluoghi ha incontrato Vittorio Mayer Pasquale, un musicista Sinto che vive nella zona del lago di garda e suona in un gruppo trentino di musica etnica (naturalmente, anche zingara), che ha avuto in eredità dal suo popolo  l'amore per la libertà,
la passione per la musica, la poesia ed un intenso bisogno di conoscere l'altro, senza pregiudizi,
con grande disponibilità al confronto
e con immensa umiltà. Una semplicità che emerge anche da questa intervista.

(13 aprile 2000)

 
 

"Noi zingari abbiamo una sola religione: la libertà
In cambio rinunciamo alla ricchezza, al potere,
alla scienza e alla gloria.
Viviamo ogni giorno come se fosse l'ultimo.
Quando si muore, si lascia tutto:
un miserabile carrozzone come un grande impero.

E noi crediamo che in quel momento
sia molto meglio essere stati zingari che re.
Noi non pensiamo alla morte.
Non la temiamo. Ecco tutto.
Il nostro segreto sta nel godere ogni giorno
le piccole cose che la vita ci offre
e che gli altri uomini non sanno apprezzare:
una mattina di sole,
un bagno nella sorgente,
lo sguardo di qulcuno che ci ama.

E' difficile capire queste cose, lo so.
Zingari si nasce.
Si raccontano strane storie sugli zingari.
Si dice che leggono l'avvenire nelle stelle
e che possiedono il filtro dell'amore.
La gente non crede alle cose che non sa spiegarsi.
Noi invece non cerchiamo di spiegarci le cose
in cui crediamo.

La nostra è una vita semplice, primitiva.
Ci basta avere
per tetto il cielo,
un fuoco per scaldarci
e le nostre canzoni quando siamo tristi".
 

Deportazione

"Cielo rosso di sangue,
di tutto il samgue degli zingari
che a testa china e senza patria,
stracciati, affamati, scalzi,
venivano deportati
nei campi di sterminio,
perchè amanti della pace e della libertà".

Vittorio 
Mayer Pasquale

 
 

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aprile 2000

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