ipercorsi

Un corpo civile di pace per prevenire i conflitti o ricostruire la pace dopo
Il progetto del Movimento nonviolento sulle ceneri del Kosovo
 

di MAO VALPIANA

   L'Europa sta discutendo di “difesa comune”, pensando ad un esercito europeo; i nonviolenti preferiscono invece parlare di ‘sicurezza comune” perché la prevenzione
dei conflitti regionali è il primo e fondamentale passo per il mantenimento della pace.

   Considerando l’insieme delle tragiche esperienze che vanno dalla guerra del Golfo all’intervento in Bosnia, dalla guerra del Kosovo ai conflitti a Timor-Est e in Cecenia, si può chiaramente notare come l’opinione pubblica sia stata condizionata dai “media” ad occuparsi di queste aree solo quando il conflitto raggiunge la fase acuta di emergenza.

   Abbiamo sempre denunciato l’ambiguità della logica per cui l’opzione militare costituirebbe una forma di danno minore rispetto alla violazione di diritti umani, da cui l’aberrante definizione di “guerra umanitaria”.
L’opzione militare non solo non può prevenire i conflitti, ma, come gli stessi militari hanno affermato nel caso della Bosnia, non può riportare la pace, tutt’al più può far cessare uno scontro armato.

   L’opzione nonviolenta è l’unica che possa servire a prevenire conflitti di questo tipo: l’esperienza del Kosovo, dove la resistenza nonviolenta è durata circa dieci anni, dimostra l’enorme ricchezza di tale possibilità, ma anche la totale assenza di iniziativa sul piano internazionale (Onu, Ue, ecc.) e di interesse dei media per sostenere questa opzione che poteva evitare il conflitto, se aiutata e indirizzata verso uno sbocco politico con l’aiuto della diplomazia internazionale.
Da qui la necessità di istituire strutture, riconosciute a livello internazionale, di “Corpi civili di pace”, con lo scopo di favorire il dialogo tra le parti in conflitto, ripristinare condizioni di reciproca fiducia, sviluppare i valori della convivenza e della coesistenza pacifica, sia per prevenire che per favorire una ricomposizione del conflitto.
In tal senso è molto positiva la decisione assunta il 10 febbraio del ‘99 dal Parlamento europeo di proporre al Consiglio l’istituzione di un Corpo civile europeo di pace, nel quale coinvolgere sia le Ong, sia strutture già esistenti negli Stati membri.

   E’ importante affrontare il problema della “polizia internazionale”, in un’ottica analoga a quella che regolala la polizia di uno Stato. In uno stato democratico, il ruolo di polizia non può essere affidato all’esercito e spesso può essere un ruolo non armato; analogamente la funzione di polizia internazionale non può essere affidata alla Nato e deve esercitarsi prevalentemente con strumenti civili, come i Corpi Civili di Pace, anzitutto per prevenire i conflitti, nell’ambito di organismi internazionali come l’Onu o I’Osce.

   Qualora la prevenzione non abbia avuto esito positivo è necessario passare ad un’interposizione tra le parti che deve essere, in prima opzione, civile e solo in casi estremi richiedere l’uso delle forze armate, che non devono “fare una guerra”, ma separare le parti in conflitto, aiutate dai Corpi Civili per ristabilire dialogo e convivenza.

   L’affermarsi di un’azione nonviolenta richiede anche una seria offensiva culturale da parte del movimento nonviolento verso l’opinione pubblica, i media e le istituzioni. A partire dalla constatazione che solo soluzioni nonviolente possono prevenire i conflitti e ripristinare la pace, ha senso dialogo, alla pari, del movimento nonviolento con le forze armate, per affrontare questioni come l’interposizione e il peace keeping.
Anche la recente guerra del Kosovo ha messo in evidenza quanto lavoro ci sia ancora da fare nel campo della prevenzione, del dialogo, della diplomazia. Intervenire prima dei conflitti (per depotenziare la violenza) e dopo i conflitti (per ricostruire la pace) è un compito che spetta a strutture civili. La Nato è uno strumento militare, guidato dalla più grande potenza del mondo; lo sviluppo e le iniziative belliche della Nato svuotano l’Onu e rendono di fatto inefficace ogni sua azione.

o Mao Valpiana è il direttore della rivista Azione Nonviolenta
che ha sede a Verona
(045-8009803)
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Un'esperienza
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