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Lotta comunista: dagli anni '40 il dissenso dall'Urss
Guido La Barbera: "La crisi del capitalismo di stato"
 

di MARTITA FARDIN

   Il socialismo dell'ex Unione sovietica fu vero socialismo,  o fu  falso socialismo?  Gli esponenti di Lotta comunista, gruppo di intellettuali dissidenti, nato sul finire degli anni quaranta, pensano che fu un socialismo fasullo. 

  Il gruppo di Lotta Comunista, proprio negli anni '40, iniziò a battersi per fare applicare la scienza marxista correttamente. L'obiettivo era di liberarla dalle deformazioni ideologiche che  avevavno fatto assumere alla neonata Urss un volto da feroce e dispotico, navigato dittatore, con il pallino della repressione e dello spionaggio. Lotta Comunista non era d'accordo allora con la lettura della storia del comunismo sovietico e ancor meno lo è adesso, quando si tratta di operare un revisionismo sulla storia dell'ex unione sovietica, un revisionismo critico e non partigiano, che sappia guardare oltre il mito. Lotta Comunista è tuttora attivo e oggi Guido La Barbera,  un suo esponente di spicco, fa un'analisi dettagliata, frutto di anni di ricerca, del collasso dell'ex "impero" sovietico, in un pamphlet intitolato "La Crisi del Capitalismo di Stato" (Ed L. Comunista, pp 481, 30.000 lire)

   Vediamo i tratti salienti di questa analisi. Il punto focale della questione, secondo lo studioso, è il seguente: la cosiddetta dittatura del proletariato russo fu una menzogna colossale, poiché l'Urss nella ristrutturazione del potere, dopo la rivoluzione d'ottobre del 1917, usò esattamente gli stessi metodi imperialistici e capitalistici mutuati dal modello occidentale e americano. Con la rivoluzione bolscevica, lo zarismo che spremeva il popolo di fame non fu debellato, se non nei suoi singoli membri che furono sommariamente giustiziati. All'oligarchia nobiliare si sostituì una nuova aristocrazia di burocrati, formati nei rigidi e schematici apparati di partito. Loro ebbero in mano le redini della gestione economica e politica russa e al capitalismo rapace, onnivoro made in Usa, sostituirono un'altra forma di capitalismo diretto e controllato dalla classe dirigente politica al potere: il capitalismo di stato. Lo stato divenne il capitalista per eccellenza, l'unico, padre e padrone di milioni di cittadini sovietici. 

   Per questo La  Barbera, in linea con alcuni concetti del nucleo originario di Lotta Comunista, parla di "Imperialismo unitario": <Il capitalismo di stato non rappresenta alcuna novità qualitativa nei confronti del capitalismo classico>. Insomma, il capitalismo di stato russo viene visto come una quota del capitale sociale mondiale. Inoltre, il contrasto tra Usa e Urss non fu - scrive l'autore - la diatriba <tra due economie diverse, nelle quali agiscono differenti leggi economiche, ma l'inevitabile contrasto all'interno di un'unica economia mondiale, retta da uniche leggi economiche generali>. Altro concetto fondamentale analizzato nel testo: l'internazionalizzazione. Secondo La Barbera, Stalin aveva cercato di teorizzare un'inesistente scissione del mercato mondiale in due mercati: invece non fu una scissione, ma  una chiusura autarchica, nel periodo della guerra fredda, dei due mercati. Quando infatti la Russia avrà concluso il suo processo di integrazione imperialistica  occidentale e ne avrà goduto i benefici, dovrà <subire tutte le oscillazioni, gli squilibri e le crisi del mercato occidentale imperialista>.

   Ecco spiegato l'aspetto fasullo del socialismo staliniano, che, per superare una debolezza intrinseca e cronica di capitali, cercò di investire nell'industria pesante e bellica, non sviluppando infrastrutture economiche e sociali. Perciò, a detta dell'autore, nel corso della contesa imperialistica degli anni ottanta, l'Urss implose, dilaniata dai suoi stessi conflitti interni, sociali, politici ed economici, mentre ormai era inevitabile il passaggio verso una liberalizzazione dei mercati cui non era preparata. In conclusione, la spartizione di Yalta, che presentava già squilibri tra Usa e Urss a livello economico e tecnologico e  politico strategico, fu, per La Barbera, un tacito assenso strumentale tra le due potenze per ostacolare l'unificazione dell'imperialismo europeo e soprattutto della Germania. Due potenze imperialiste che andavano a braccetto.

   Quando la Russia, di fronte alla riunificazione della Germania e all'unificazione del Vecchio continente, con l'Euro, risulterà, rispetto all'America, <una potenza imperialistica in decadenza che ha perso la guerra economica>, crollerà come un colosso dai piedi d'argilla. Idee condivisibili o meno, il volume "La crisi del capitalismo di stato" propone una sua lettura dei fatti inusuale, una tesi che può incuriosire, senza per questo doverla abbracciare.



 
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Guido La Barbera affronta il nucleo di un problema storico: la sostanziale sovrapposizione di capitalismo e marxismo (almeno quello realizzato) all'interno del medesimo paradigma socioeconomico e con la riproduzioen degli stessi fenomeni sia pure con volti diversi (oligarchie, repressione, accumulazione eccetera). L'autore, per esempio, confotntando Usa e Urss parla di confronto "non tra due economie diverse, nelle quali agiscono differenti leggi economiche,
ma l'inevitabile contrasto all'interno di un'unica economia mondiale, retta da uniche leggi economiche generali". Vengono in mente molte riflessioni in proposito, si può pensare anche all'analisi di Castoriadis, che nei suoi sentieri libertari e immaginari porta però a conclusioni diverse da 
quelle di un cambiamento di rotta attraverso l'applicazione "scientifica del marxismo" che è invece l'obiettivo dei dissidenti di Lotta comunista. E' certo, però, che quella di La Barbera è una voce utile a riflettere anche sulle prospettive del "mondo mercato" in cui viviamo.

 

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