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Se il leone e la gazzella non corrono più...
Diego De Masi: qualche idea per una società che sappia ridimensionare il lavoro
 

    Appena sorgerà il sole, il leone e la gazzella diventeranno amici. E non
sarà piú necessario che, ai primi raggi, l'uno e l'altra comincino a correre. Perché, nella società postindustriale, se la gazzella non correrà piú del leone, non verrà sbranata. Né il leone, se non correrà piú della gazzella, morirà di fame.

  Raccontando all'incontrario la favoletta che molti manager lasciano campeggiare sulle loro scrivanie, Domenico De Masi demolisce una delle immagini piú deleterie della società della competizione. «Nella società postindustriale noi dobbiamo sostituire la competitività distruttiva che si fa in nome del mercato», aggiunge, «con l'emulazione solidale, che è cosa completamente diversa».

  Il sociologo ha mandato da un po'  tempo alle stampe il suo «Il futuro del lavoro» (Rizzoli), un libro che indica nel progressivo riscatto dell'uomo dai ceppi del lavoro
la via della felicità. «Gli esseri umani hanno imparato a produrre sempre più ricchezza con sempre meno lavoro», e questo deve spingere a dedicare sempre piú tempo a quelle attività libere, l'ozio, l'introspezione, l'amicizia, il gioco, la convivialità, l'amore, la lettura, l'arte, che fanno la vera umanità.

  De Masi, il suo libro s'intitola «Il futuro del lavoro» e non «La fine del
lavoro» come la piú nota opera di John Rifkin...

  Il lavoro non è morto. Gli esseri umani lavoreranno anche in futuro, nel senso che avranno sempre delle attività... Basta sgombrare il terreno dall'equivoco di ritenere lavoro alcune attività e non altre. Il giovane ventenne che lavora otto ore al giorno in una banca percepisce uno stipendio che non è invece riconosciuto a un coetaneo impegnato per lo stesso tempo nello studio all'università: non solo non percepisce uno stipendio, ma è considerato disoccupato e deve pagare delle tasse.

   Eppure, professore, dobbiamo liberarci dal valore monetario che si dà ai
lavori, che secondo strumenti convenzionali misurano la nostra capacità di
vivere...

   Se retribuiamo il giovane bancario, altrettanto dobbiamo fare con chi studia con regolarità e profitto. Pensi un po' che sono 500 mila gli universitari in regola con gli esami all'università. Per dar loro 1 milione al mese ci vogliono 6000 miliardi. In questo modo però li recuperiamo al lavoro, e inoltre sgraviamo le famiglie dalla necessità di fare straordinari e di ammazzarsi di fatica per tenere i figli agli studi. Viceversa, con piú di 100 mila miliardi si pensa di recuperare sì e no 30 mila persone al lavoro.

   Bene, tutti coloro che fanno un lavoro non riconosciuto come tale la ringrazieranno, professor De Masi. Resta che il postindustriale produce sempre piú uomini disoccupati la cui principale risorsa è il tempo libero...

   Gli esseri umani hanno imparato a produrre sempre piú ricchezza con sempre meno lavoro. Per fare un piccolo esempio, pensi ai 3000 cassieri che dovevano distribuire i soldi, e che oggi nelle banche sono stati sostituiti dai bancomat. Questo significa che, dove un tempo potevamo distribuire la ricchezza dandola a chi lavorava, oggi non possiamo ripartirla solo ai pochi che continuano a lavorare.

   Per alcuni sociologi ed economisti una delle grandi illusioni ed utopie del
postindustriale è il tempo libero. Essi osservano: per i disoccupati, i non
abbienti, per coloro che non guadagnano e quindi non possono spendere nei consumi del tempo libero, una conquista si trasforma in una nuova forma di povertà...

   Assolutamente no. Il tempo libero non ha bisogno di soldi. Lei fa coincidere il tempo libero con la spesa, due cose completamente diverse. Il tempo libero oggi cresce a dismisura. Un ventenne ha davanti a sé un'attesa di 60 anni di vita, cioè 350 mila ore. Delle quali, nel migliore dei casi, ne occuperà 40 mila a lavorare, ammesso che lavori fino a 60 anni. Se togliamo le ore dedicate al sonno e ad altre attività, al tempo libero ne restano almeno 165 mila.

   Per fare che cosa?

   Un momento. Tutto lo educa al lavoro, nulla lo educa al tempo libero, qui bisogna cambiare radicalmente l'approccio...


o Al tema del lavoro e alla necessità di una riflessione più ampia sulla sua centralità nella società attuale - caratterizzata dal dominio della sfera economica - Nonluoghi dedicherà una serie di interventi nella convinzione che non si possa immaginare una organizzazione socioeconomica altra rispetto al mondo della competitività e dei consumi sfrenati e illusoriamente globalizzanti (sappiamo che in realtà non c'è n'è per tutti...), senza immaginare anche una diversa concezione del lavoro e del suo rapporto con la semplice 
"attività umana".
 

L'altra
flessibilità
E se il sindacato si occupasse anche del desiderio di libertà delle persone?

Manifesto per un mondo senza lavoro
di Ermanno Bencivenga
 
 
 
 

 

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