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Homo islamicus. Realtà e stereotipo
In Italia gli stranieri musulmani sono mezzo milione e alle spalle non hanno solo la religione...
 

di ADEL JABBAR

  
   Oggi si avverte sempre più la necessità di una riflessione sull'Islam, che sia serena, approfondita, finalizzata alla conoscenza e al dialogo. Certo è utile conoscere la realtà religiosa dell'Islam, cercare di individuare paralleli e radici comuni con la religione cattolica. Ma forse in questo momento, per cercare di avvicinarsi alla realtà musulmana è importante partire dalla condizione attuale del musulmano nella realtà in cui viene a trovarsi come immigrato.

   I circa 500.000 musulmani presenti oggi sul territorio italiano, escludendo gli italiani che hanno scelto questa religione, sono di fatto cittadini immigrati, dunque con un preciso status sociale e giuridico. Alla stregua di tutti gli altri immigrati, essi sono per la quasi totalità manodopera che risponde alla domanda di lavoro, e soprattutto di lavoro flessibile, del mercato locale.

   Anche questi immigrati musulmani provengono, come gli immigrati non musulmani, da realtà che presentano caratteristiche comuni a tanti paesi della periferia del mondo, alle prese con gravi problemi occupazionali, con enormi difficoltà nello sviluppo, con forti contraddizioni politiche, e non ultimo costrette a subire imposizioni e influenze esterne.

   D'altra parte i musulmani presenti in Italia hanno origini in realtà fra loro diverse ed eterogenee, a differenza di quelli presenti in altri paesi come la Germania, dove prevale la componente turca, o la Francia dove c'è una forte maggioranza araba dal Maghreb, o ancora l'Inghilterra dove è consistente la comunità del subcontinente indiano. Qui sono diverse le connotazioni culturali, le caratteristiche territoriali da cui provengono, nonché le relative entità geografiche e statuali, in gran parte delineatesi, del resto, a seguito del colonialismo europeo.

   In ogni caso in tutti i paesi da cui provengono gli immigrati musulmani la prassi sociale e la vita quotidiana non si ispirano soltanto alla religione, bensì anche alla tradizione, alle consuetudini, nonché a mode intrecciate con stili di vita e di consumo anche importati dall'esterno. In altre parole non esiste, come qualcuno invece spesso vorrebbe affermare, un homo islamicus. Nel leggere la realtà odierna degli immigrati musulmani, va tenuto presente che questi provengono da aree diverse di un pianeta che è oggi interamente attraversato e scosso da forti trasformazioni, tensioni e contraddizioni, sul piano socioeconomico come su quello politico. In questo scenario non possiamo ignorare che i popoli dell'area islamica si collocano in una posizione svantaggiata ed emarginata, come tutti gli altri popoli del Sud del mondo.

   Nell’esperienza migratoria, l'identità soggettiva e culturale di queste persone deve affrontare un ulteriore processo di trasformazione profonda, dove l’appartenenza religiosa può declinarsi secondo tre dimensioni significative: 
religione come dimensione spirituale e morale, sistema valoriale capace di interpretare e valutare ciò che accade e di motivare le scelte e il fine ultimo della vita; religione come dimensione tradizionale e istituzionale, riassunta negli aspetti rituali, che si delinea come componente integrante della vita di ogni giorno, riferimento e aiuto quotidiano tanto per i singoli individui quanto per la comunità; 
religione come dimensione e appartenenza culturale, che rappresenta una fonte di identificazione con le proprie origini, una sorta di riconoscimento e un elemento di unione fra individui sulla base di un credo comune e condiviso. 
Queste dimensioni rappresentano delle sfere di significato dai contorni sfumati che possono anche intersecarsi, dando luogo a vissuti religiosi che nella realtà si presentano compositi. 

   Certo è che nel difficile passaggio di condizione, nella faticosa affermazione dei propri diritti e delle proprie consuetudini, nel processo di conoscenza e di acquisizione di una nuova cittadinanza, ma anche nel confronto con nuovi universi culturali e religiosi, la propria appartenenza originaria, in questo caso religiosa, può fungere da sostegno spirituale e morale, da criterio guida nella vita quotidiana, da ponte fra passato e presente, da elemento di riconoscimento e di comunanza con la propria gente.

   Ma tutto questo richiede una ricerca e una mediazione continua, sia nell’impatto con la diversità delle condizioni materiali e sociali, sia con differenti definizioni e interpretazioni della realtà, che non solo possono riferirsi a religioni diverse, ma che spesso, nella società secolarizzata, sono anche del tutto estranee, indifferenti e talvolta persino ostili, a concezioni religiose. 
Per concludere, è bene sottolineare che il terreno essenziale sul quale avviare una reale convivenza e uno scambio, anche sul piano religioso, è costituito dal riconoscimento comune, e quindi anche ai cittadini immigrati, dei principi democratici di uguaglianza, rappresentanza, opportunità e partecipazione. Principi - diritti che anche gli immigrati musulmani chiedono. Ricordiamo che il Papa stesso, nei suoi ultimi pronunciamenti sul dialogo tra culture, ha ribadito il dovere di riconoscere e rispettare i diritti degli immigrati garantendo loro condizioni di dignità, per poi definire insieme il bene comune.
 


o Adel Jabbar 
è sociologo ricercatore nell'ambito dell'immigrazione
e delle relazioni interculturali, STUDIO RES, Trento.

Il dossier
immigrazione
 

(11 gennaio  2001)

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