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"Epurazioni" viennesi: intellettuali e giornalisti condannati
La nuova linea dura di Haider: alla sbarra per diffamazione chi lo critica troppo aspramente
 

   Ora Haider e la sua allegra compagnia si stanno spazientendo e, mentre sul fronte internazionale il governo accentua il pressing sui possibili alleati per una rimozione delle "sanzioni" diplomatiche, in casa il partito liberale sceglie la via giudiziaria contro gli oppositori politici.

    La prima vittima, un mese fa, è stato il noto politologo Anton Pelinka, professore di scienze politiche all'università di Innsbruck, che è stato condannato per diffamazione nei riguardi del leader nazional-liberale austriaco. La frase incriminata risale al 1. maggio 1999 e fu pronunciata da Pelinka durante un'intervista alla Rai. Pelinka aveva tra l'altro ricordato che ripetutamente Haider si era espresso in modo tale da favorire i rigurgiti nostalgici di nazionalsocialismo. In un caso, aveva sottolineato il politologo austriaco, Haider descrisse i campi di sterminio come "centri punitivi" e poche ore più tardi, sul montare della polemica, si corresse affermando di aver voluto intendere "campi di concentramento".

    Pelinka è stato condannato al pagamento di una sanzione pecuniaria pari a quasi 10 milioni di lire. "Quel che è peggio - ha commentato - è che con questa mia condanna si rischia che intellettuali e giornalisti non osino più adottare toni aspramente critici nei riguardi del governo". 

   A guidare - indirettamente - la caccia alle streghe è Dieter Böhmdorfer, avvocato personale di Haider nonché ministro della giustizia del contestato governo neroblù. Tra le altre vittime c'è il settimanale Profil che dovrà pagare una quindicina di milioni di lire per aver scritto che le dichiarazioni revisionistiche di Haider sui campi di sterminio banalizzano il pericolo nazionalsocialista. Il quotidiano Der Standard è invece in lista d'attesa, dopo essere stato denunciato dall'ufficio legale di Böhmdorfer in relazione a un articolo che criticava (osservando che sapeva troppo da nazional-socialismo) la proposta di Haider di un assegno speciale riservato alle "mamme austriache" doc. Altri episodi in qualche modo ricollegabili all'offensiva "penale" del partito di Haider e del governo guidato dall'inneffabile Wolfgang Schüssel, popolare, non sono mancati negli ultimi mesi, come quando un artista che per protesta contro il governo si era presentato travestito da Hitler al Ballo dell'Opera è stato arrestato con l'accusa di apologia del nazismo.

   Sia Pelinka sia Profil hanno presentato appello.

   Haider difende la linea giudiziaria parlando di conventicola di intellettuali di sinistra che vanno in giro a dire bugie per infangare l'immagine del suo partito. A dire il vero, però, un buon effetto, in proposito, ci sembra possa ottenere anche la semplice lettura del programma ufficiale dell'Fpö che non lesina sottolineature etnocentriche quantomeno sospette.

   In ogni modo, sull'atteggiamento di Haider e del governo verso le critiche più dure si stanno mobilitando docenti universitari e politici in molti paesi europei, anche sulla scorta di un appello per la libertà di espressione lanciato dall'associazione austriaca di scienze politiche, che condanna la persecuzione giudiziaria subita da Pelinka.

   Haider e Schüssel, nel frattempo, hanno pensato bene di chiamare il popolo a esprimersi in un referendum contro le sanzioni diplomatiche europee. Questo, proprio mentre l'Unione europea fa scattare il progetto "Tre saggi": la commissione che dovrà valutare se sia il caso di rimuovere le sanzioni bilaterali decise dagli altri 14 paesi Ue. L'idea, par di capire, è di offrire un paracadute per uscire a testa alta da un vicolo stretto, dopo che il fronte anti-Haider si è sfilacciato con lo stesso ministro degli esteri italiano, Lamberto Dini, che sembra tra i più scalpitanti sostenitori della fine del boicottaggio diplomatico. Questo, nonostante nulla sia cambiato negli atteggiamenti, nei proclami e nelle scelte politiche del partito di Haider rispetto a sei mesi fa. Anzi, l'uso di un certo linguaggio inquietante continua, come quando il leader Fpö, in un incontro con il sindacato degli insegnanti, parla della presenza di "troppi elementi parassitari" nella scuola e della conseguente negessità di "fare ordine".

   Ma se nulla cambia in Austria, dove, certo, non si deportano fisicamente gli stranieri o i membri delle minoranze etniche (ma, come si sa, gli strumenti legali di discriminazione e financo di molestia sono innumerevoli), perché sta cambiando l'atteggiamento europeo? Qual è l'imbarazzo? Perché si cerca di far passare la teoria che le sanzioni diplomatiche non sono servite e non servono a nulla? O che in Austria tutto va bene, quando anche, per fare un esempio, molti mass media tendono a tacere sulle vicende giudiziarie riportate qui sopra?

   La domanda andrebbe girata, innanzitutto, al ministro Dini.

   Qui ci permettiamo di osservare che le sanzioni diplomatiche hanno sicuramente avuto qualche effetto: hanno portato in primo piano il discorso sul razzismo e sui rigurgiti di autoritarismo etnocentrico mascherato da liberismo con tutti i rischi propagandistici e pedagogici ad esso connessi; hanno probabilmente evitato che lo stesso Haider - nei giorni dei grotteschi giochi delle poltrone viennesi - diventasse ministro; forse, dopotutto, hanno contribuito a una rapida presa di coscienza popolare, se è vero che in pochi mesi l'Fpö ha perso quasi il 10% dei consensi (certo, anche in ragione dell'impopolarità della politica governativa di tagli e ritagli). Ora, con un referendum che sembra quasi fatto su misura per accentuare la sindrome dell'assedio e riavvicinare gli austriaci al partito-nazione, Haider potrebbe paradossalmente ottenere un doppio effetto: un no plebiscitario alle sanzioni potrebbe alimentare la spirale che le alimenta. E forse è proprio ciò che si vuole in casa Fpö. Di sanzioni si può anche (ri)vivere. Ma questo non è un buon motivo per accelerarne senza motivo  la rimozione...


o (6 luglio 2000)
 

I tentennamenti
dell'Italia sulle
sanzioni diplomatiche all'Austria

L'insediamento
del governo
in febbraio
 
 
 

 

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