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racconti

Un condominio bolognese
 
 

di RUDI GHEDINI

   "Non mettere piante rampicanti o simili alle finestre o ai balconi". Comincia cosi' il quarto paragrafo del regolamento interno di un  condominio come tanti, a Bologna, nella prima periferia, fuori porta Santo Stefano. Romano Prodi venne eletto deputato proprio li', nel Collegio Bologna 12, in una zona residenziale di media borghesia, dove la sinistra ha sempre raccolto la maggioranza dei consensi. Forse questo regolamento condominiale, nel suo minimalismo, fra prescrizioni ovvie e 
tentativi di favorire il buon vicinato, dice qualcosa sui sentimenti profondi che si agitano nella moderna condizione urbana. Qualche esempio. 

   Il punto 3 intima di "tenere sempre chiusi portone d'ingresso, cancello del cortile, cancellino, porta d'accesso delle cantine". Il punto 5 impone di "non concedere l'accesso a venditori ambulanti, propagandisti e raccoglitori in genere di sottoscrizioni o lotterie". Nel punto 10  (dedicato alle pulizie), in un italiano zoppicante, ci si preoccupa di "ricordare che la sosta dei bimbi degli altri caseggiati nel cortile del condominio e' di massima vietato". 
   Infine, il punto 14, con involontario umorismo, precisa che "per le infrazioni al presente regolamento puo' essere applicata la sanzione pecuniaria di lire 100, aumentabile nei casi piu' gravi a lire 500 senza pregiudizio per le maggiori responsabilità civili del trasgressore", ai sensi dell'articolo 70 del Regio Decreto 318 del 30 marzo 1942. Dopo qualche anno di governi di centro-sinistra, viene da pensare che si poteva aggiornarlo, questo regio decreto, trovando un attimo di tempo fra le grandi riforme annunciate. 

  Non so molto degli inquilini di questo palazzo, non so se hanno approvato all'unanimita' o con qualche dissenso questa specie di Costituzione condominiale, ne' se si tratta di appartamenti in proprieta' o in affitto, anche se la zona fa pensare alla presenza di redditi medio-alti (la stessa collocazione di Prodi non fu certo 
casuale). All'inquilino-medio, comunque, non serve una conoscenza esatta 
dell'intricata relazione tra la sua casa, il suo quartiere, la sua città e il famoso villaggio globale: sa di appartenere a uno dei luoghi più ricchi del pianeta (Bologna, l'Emilia-Romagna, l'Europa occidentale), di far parte di quella minoranza privilegiata che soffre per l'ansia di perdere questi privilegi, di peggiorare il proprio tenore di vita. 
Quest'ansia, questa diffusa insicurezza, questo crescente bisogno di difendersi e di non essere disturbati, hanno inevitabili conseguenze politiche. 

   Una possibile soluzione e' gia' stata sperimentata, per quelli che se la possono permettere: le città private. Negli Stati Uniti, al solito anticipatori di tendenze, sono in rapida crescita. Almeno quattro milioni di americani vivono in universi chiusi, protetti da barriere, da vigilantes e da rigidi regolamenti interni. Le strade sono private, le scuole sono private, la polizia e' privata, le stesse fognature sono private. Nel momento in cui e' di gran moda sostenere lo smantellamento di tutte le regole che soffocherebbero la libertà individuale, queste enclavi strappate allo spazio pubblico sono governate da una giungla di regolamenti che arrivano a imporre le modalita' per la tinteggiatura dei muri o la manutenzione dei prati, a vietare le aste per le bandiere o le corde per stendere i panni, a stabilire il tipo di piante da coltivare nel proprio giardino. 

  Anche il condominio bolognese, preso a pretesto di certi umori cittadini, dimostra come lo spazio costituisca la posta in gioco dei nuovi conflitti da insicurezza. Poco importa che la maggioranza dei suoi inquilini abbia votato per Romano Prodi. Il fatto e' che qualcuno, disturbato dal disordine - immigrati che vendono biancheria, ragazzi che mettono i volantini nelle buchette, persino bambini che giocano in 
cortile - sogna le mura di recinzione, i vigilantes che negano l'accesso e perquisiscono gli estranei, il palazzo trasformato in fortezza medievale. Col ponte levatoio, se possibile, ma senza rinunciare a tutte le comodita' tecnologiche. 

  "Il condominio" è il titolo di un romanzo di James Ballard, pubblicato più di vent'anni fa. Narra di una piccola citta' verticale, duemila famiglie che vivono in un grattacielo di quaranta piani, completamente autosufficiente; la ricchezza dei proprietari e' proporzionale all'altitudine: gli inquilini dei piani bassi hanno dei bambini, l'oligarchia dei piani alti possiede dei cani. Va a finire in tragedia, con vendette e guerre tribali fra un piano e l'altro, in un crescendo di violenze, perversioni e crollo dei tabu'. Il condominio, mentre si chiude al mondo esterno, esaspera l'aggressivita' di chi ne fa parte. E Ballard non si illudeva che sarebbe servito urlare "chi e' fuori è fuori, chi e' dentro e' dentro". 
 
 


o Rudi Ghedini, quarant'anni, lavora alla Regione 
Emilia-Romagna e dirige il settimanale 
Zero in condotta. Ha pubblicato due libri: "Guazzaloca 50,69%", sulla sconfitta 
della sinistra a Bologna, e il romanzo "Semifinale", edito da Theoria, 
"una storia d'amore e sconfitte intorno all'Inter prima di Ronaldo". 

Il sommario
dei racconti

(17 luglio 2000)
 
 
 
 

 

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