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C'ho l'amante in via Chiatamone
 

di FOSCO D'AMELIO

Eravamo rimasti che ci saremmo visti giovedì. Come al solito a casa tua, amore mio. Alla solita ora, senza mutare niente nel nostro parlare. C’eravamo lasciati col solito bacio retrò, da cartolina di primo novecento, con la lingua vibrante che chiedeva umida di raggiungerti. Con la promessa tra i denti che la prossima volta ti avrei stretto di più a me, avrei sentito più della tua pelle, più del rosa delle tue semplici e sottili labbra. La prossima volta. Giovedì.
Giovedì è stato lontano come non lo è stato mai, si è avvicinato con un’isteria mai conosciuta da nessuna attesa, è comparso improvviso nel primo raggio di sole, del sole della nostra città.
Giovedì è arrivato, ma non mi basta ancora. Non basta che il tempo creato dall’uomo abbia fatto un altro passo nella sua assurda scala. Non basta che le piccole tacche che compongono il giorno si siano successe scherzose e beffarde. 
Del giovedì, di questo giovedì io aspetto le 17, le cinque del pomeriggio, l’ora in cui tu, la mia sola e unica vera amante, mi aspetti, con un gioco di attese e di sorprese che non chiede perchè. Si nutre di quello che resta di noi. Si nutre di sguardi e promesse, “non voglio che lasci tua moglie”, “non chiedo che scappi con me”, “ti riporterò nella città in cui sei nata, e ci andremo insieme”.
“Se un giorno, un secondo soltanto dopo il nostro appuntamento, non sarai qui da me, io andrò via, subito, sola, e non ti cercherò mai più”.
Quell’ora è vicina, e l’angolo svolto per entrare nella tua strada, nella nostra strada, tra quei palazzi che ci hanno sorpresi in abbracci e sorrisi, in lacrime e sudore. E, tra poco tempo ormai, anche in baci appassionati. Finalmente non saranno solo le promesse di fragili contatti di screpolature a saldare il nostro amore. Le labbra si apriranno per inumidire i nostri palpiti, per condividere frammenti di parole ancora incastrate tra i denti, destinate ad uscire in un modo così nuovo e inusuale. Comunicazione tra dolci salive.
Giovedì. 16:45. Supero l’ultimo angolo.
Polizia. In quantità mai viste. Con il furgone, con il mitra al braccio e lo sguardo torvo di chi aspetta qualcosa. O qualcuno. La gente si avvicina, e dopo una breve sosta, attraversa le infinite transenne che sbarrano la strada. Qualcuno non riesce a superare le divise, e protesta reclamando un diritto. Cosa succede  qui? Perché c’è tutta questa polizia?
“Scusate, ma che sta succedendo?” 
“Nun fanno trasì, possono entrare solo i residenti e i negozianti. Oltre a chilli là, chiaramente…”.
“Chilli là chi?”
“Quelli del Globalforùmm. Hanno chiuso pure Piazza Plebiscito, nunn’avete visto?”
“No, io mò sono arrivato? Ma davvero non può entrare nessuno!?”
“ E no, e mo ve dico na palla!”
Supero il mio ottuso interlocutore. Passo tra la ressa che reclama più immediatezza nel controllo, più flessibilità per chi deve andare a trovare un parente. E un’amante? Non basta per concedere un permesso? Mi aspetta lì, per un paio d’ore rubate al grigiume quotidiano. Per un raggio di mare in una gabbia per topi. 
“Potrei passare?!”
“Addo jate! Ci stiamo prima noi!”
“Eh, mo siete arrivato, e volete fare il furbo?!”
“No, è che ho un appuntamento importantissimo alle cinque…”
“E allora? Io devo andare a trovare mia suocera che non sta bene. Comme facimmo?!”  
“Capisco, signora, ma è importantissimo…”
“E pure a me è importantissimo! E allora?!”
“Che succede qui?” un poliziotto si avvicina, deciso a risolvere la situazione, stanco di fare questioni con ogni persona che non può entrare.
“Mi scusi, agente, devo entrare per forza. Ho un appuntamento di lavoro importantissimo. La prego, ne va del lavoro di mesi!”
“Capisco, ma lei non può pretendere che io la faccio passare così. Per ora favorisca i documenti.”
“Agè, ma che documenti e documenti. A me mica me li avete chiesti!”
“Signora si calmi. Sto solo facendo un controllo, non si preoccupi…”
“E io mi preoccupo sì! Ma vuje vedite nu poco! Io sto qua che è mezz’ora, e chisto arriva, chiatto chiatto, e vò trasì!”
Si crea intorno a noi un nugulo di persone. Questo peggiora solo le cose. Che ore sono?
16:53. Ho solo sette minuti! Non è possibile. 
“Agente, si sta facendo tardi! Mi faccia passare, la prego.”
“Si metta nei miei panni, signor…signor La Vecchia. Come posso far passare lei e non gli altri? Piuttosto che lavoro fa, che ha tutta questa fretta? E, soprattutto, dove deve andare con precisione?”
“Faccio l’avvocato. Domani ho un ricorso importante e devo andare a parlare con un mio cliente.”
“E non può telefonare?”
16:55. 
“Non ho il numero.”
“Ma state scherzando?! Non avete nemmeno il numero del cellulare di questa persona?!”
“No che non ce l’ho! Altrimenti secondo lei non avrei già telefonato!?”
“Si calmi, sta parlando sempre con un agente di polizia!”
“Si…ha ragione, mi scusi. Ma è davvero importante per me entrare. È una causa importante…”
“Ho capito, ma si metta nei miei panni. Non posso farla entrare. Ora si allontani, signor La Vecchia. Ritorni lunedì.”
Lunedì. Ma è una follia! Che ore sono? 16:58. Devo passare. Devo passare.
“Avete visto che nun v’hanno fatto trasì!”
Ma che volete da me?! Nemmeno due minuti, e il mio unico amore andrà via. Nemmeno due minuti. Non riesco a vedere di qui il portone, altrimenti proverei a chiamarla. Nemmeno due minuti. Nemmeno due minuti. Nemmeno due minuti.
“Ma che facite? Nun ve sentite bbuono?”
16:59. Nemmeno un minuto. Sessanta secondi. E la sua carne sarà solo un ricordo. Le sue labbra resteranno uno dei tanti desideri inespressi, il suo sapore si allontanerà presto dalla mia memoria. Ho solo questo di lei. Il sapore. L’ultimo leggero saluto dei nostri occhi, ignari del destino che ci attendeva. Dio, non può essere…
“Signò, ma nun ve sentite bbuono? Site janco janco. Nun facite accussì, lunnedì state nata vota accà!”
16:59 e 45 secondi.
46 Piango
47 piango
48 
49 penso a te
50 a noi
51 a cosa stiamo
52 perdendo
53 no
54 è tutto finito
55 tutto
56 sta andando via svan…
57 endo contro una maledetta transenna!
58 addio Naira
59 spero tu non mantenga
17:00
01
02 la parola data.
03 
04
05
06
07 mi allontano.
08 
10 
11
12 non so se avrò il coraggio di 
13 tornare a cercarti.   
 


o Fosco D'Amelio (1976), laureando in geologia, 
vive a Napoli. 

Il sommario
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(24 aprile  2001)

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