i percorsi

Trentino Alto Adige, quelle avvisaglie nere degli anni delle stragi
 


di GIANCARLO SALMINI
Sono passati più di trent'anni dalla strage di piazza Fontana del 12 dicembre 1969, avvenuta a sua volta a meno di 25 anni dalla fine della seconda guerra mondiale, e quest'anno si terrà il processo che finalmente vedrà riuniti i vari tronconi delle molteplici inchieste che si sono intersecate sull'eversione nera, sui servizi deviati italiani e su quelli di molti altri Paesi stranieri, su Gladio, e sulle infinite trame eversive che hanno messo seriamente in pericolo la giovane democrazia italiana. 

   Ma i morti della Banca dell'Agricoltura di Milano non hanno certo rappresentato l'unico "picco" delle varie strategie destabilizzanti e golpiste che si sono susseguite nel nostro paese dalla. fine del conflitto mondiale. Fino a quel momento infatti la situazione politica e sociale in Italia - pur in presenza del più grande Partito Comunista dall'Occidente capitalistico - non rappresentava un pericolo imminente che prefigurasse l'<abbeverarsi dei cavalli cosacchi nelle fontane di S. Pietro>. Ma qualcosa era profondamente cambiato alla fine degli anni '60. In quasi tutti i Paesi occidentali (e prima ancora negli Stati Uniti), si era andato sviluppando il più importante e innovativo movimento giovanile planetario che si scontrò pesantemente con l'establishment al potere, minacciando seriamente alla base le fondamenta di governi autoritari, e mettendo in discussione ogni "dogma" consolidato della società civile dell'epoca. Il movimento del '68 risultò così essere il detonatore - soprattutto in Italia - di un ulteriore "scossone" sociale che culminò nel famoso autunno caldo operaio del 1969.
   Pochi mesi prima, dunque, della strage di piazza Fontana (preceduta peraltro da altri attentati sui treni in piena estate) . Anche vasti settori della società italiana furono contagiati dalla febbre del nuovo, da nuove aperture, da nuove forme di partecipazione democratica e sindacale. E questo, in un Paese in odor di comunismo e socialismo, veniva a costituire certamente un pericolo per le consolidate oligarchie affaristiche e padronali. 

  Che, a quel punto, si servirono delle consuete armi della provocazione e dell'eversione consolidatesi sulle antiche trame naziste e fasciste per lanciare avvertimenti sanguinosi e destabilizzanti. La storia è nota (e agli atti...). Le prime avvisaglie avvennero in Alto Adige, dove moltissimi personaggi che in seguito si incontreranno in altrettante inchieste fecero esercizio della forza e dell'intrigo per portare il paese verso un regime più autoritario (nella migliore delle ipotesi).   E questo lavorando attorno al "laboratorio" del terrorismo altoatesino. Il Trentino, fino a quegli anni ('60) ne rimase fuori. Era solo questione di tempo. La presenza di una Università in fermento e un tessuto sociale che si andava emancipando da antichi torpori scudocrociati, riportò improvvisamente la nostra provincia all'attenzione dell'eversione. Fino al 1970, l'attività fascista si estrinsecava soprattutto in riunioni - provocatorie - in memoria di Mussolini (il 25 aprile!) e dei caduti della Repubblica di Salò con sfoggio di saluti romani e camicie nere e con qualche tentata "spedizione punitiva" nei confronti di antifascisti. 

Poi, gli avvenimenti improvvisamente precipitarono: attentati a sedi di Partito, scritte fasciste in città, aggressioni a singoli, tentativi di incendio a sedi di Comitati di Quartiere, volantinaggi davanti al Liceo Prati (la scuola dove "militava" quel Cristano de Eccher che sarebbe poi divenuto il leader della neocostituita formazione nazifascista Avanguardia Nazionale), attentato al monumento a Degasperi, aggressione ai cancelli della fabbrica Ignis di Spini di Gardolo con accoltellamento di due operai il 30 luglio 1970. 
   Qualche giorno ed ecco a Trento il vice capo della Polizia e capo della Divisione "Affari Riservati" del Ministero dell'Interno Elvio Catenacci (indiziato dalla magistratura milanese per la Strage di piazza Fontana),  la nomina di Saverio Molino a Commissario (proveniva da Padova, incriminato dalla locale Magistratura per l'organizzazione golpista "Rosa dei Venti), la nomina del nuovo Questore Musumeci, l'arrivo - più tardi - del colonnello Santoro, uno degli elementi della Divisione "Pastrengo" indiziata di favoreggiamento in trame golpiste. Decisamente un bel quadro poco rassicurante... In settembre si minaccia un raduno nazionale di Avanguardia Nazionale mentre un attentato viene compiuto alla ferrovia Brennero-Verona, targata M.A.R. (Mov. di Azione Rivoluzionaria).

   Nell' autunno-inverno si susseguono attentati ai tre cinema cittadini, al Municipio, una spedizione punitiva in piazza Duomo al caffè Italia, un attentato incendiario all'ex sede del Movimento Studentesco (allora sede di Lotta Continua), attentati contemporanei all'auto del sindacalista Cisl Giuseppe Mattei, all'albergo Maier (residenza universitaria) e, infine, il 18/19 gennaio 1971 la mancata strage davanti al Tribunale (dove il giorno dopo sarebbe dovuto svolgersi una manifestazioni di esponenti di sinistra) che portò poi - in circostanze fortuite  in Tribunale, come imputati, uomini dei servizi segreti, confidenti, il col. Santoro e il Commissario Molino).  Senza contare, in febbraio, altre bombe alla Regione, al castello del Buonconsiglio e al Doss Trento. Una stagione infausta iniziata con la costituzione di Avanguardia Nazionale nei primi mesi del '70, cellula eversiva legata a quelle di Padova (Freda), del Veneto e di mezza Italia, responsabile - secondo gli inquirenti - di gran parte delle trame eversive di quegli anni.



 

 

o
Strategia della tensione
e stragi di stato

Sono le 16.37 del 12 dicembre 1969. Alla Banca nazionale dell'agricoltura, in piazza Fontana a Milano, provoca sedici morti e quasi cento feriti. Quasi contemporaneamente a Roma esplodono altre tre bombe che feriscono diciotto persone. Pochi mesi prima, fra l'8 e il 9 agosto, erano esplose otto bombe sui treni (dodici feriti) mentre altre due erano rimaste inesplose. Ancora a Milano,il 25 aprile, due bombe fanno decine di feriti alla fiera campionaria e alla stazione centrale di Milano.
La prima pista seguita dalla polizia è, guarda caso, quella anarchica. Per piazza Fontana viene arrestato l'anarchico Pietro Valpreda. Un altro anarchico, il ferroviere Giuseppe Pinelli, viene fermato e interrogato dalla polizia. "Volerà" da una finestra del quarto piano della Questura di Milano la notte del 15 dicembre 1969.
Anche in seguito la strategia della tensione colpirà ancora tragicamente: gli episodi più gravi il 28 maggio 1974 (piazza della Loggia a Brescia, otto morti e un centinaio di feriti) e il 2 agosto 1980 (stazione di Bologna, 85 morti e decine di feriti).
I processi per piazza Fontana sono andati avanti dal 1972 al 1991, dopo la discussa inchiesta affidata ai giudici Vittorio Occorsio e Ernesto Cudillo. Ma non ci sono cvolpevoli. Gli anarchici su cui si voleva far ricadere ogni responsabilità vengono scagionati. Poi saranno incriminati alcuni neonazisti, in primo luogo Franco Freda e Giovanni Ventura ma saranno assolti per insufficienza di prove. Condannati ma liberi anche i dirigenti dei servizi segreti riconosciuti colpevoli di favoreggiamento e depistaggio. Ovviamente non viene individuata nessuna responsabilità di livello politico fra i partiti di governo. Si arriva al febbraio 2000 per un nuovo processo che durerà almeno sei mesi e vede sotto accusa per gli attentati: Carlo Maria Maggi, Delfo Zorzi (ora cittadino giapponese e pare non facilmente estradabile), Giancarlo Rognoni e Carlo Digilio. Con loro sono accusati anche Freda e Ventura ma non sono più processabili.
 

Il giudice Salvini: l'indagine sulle stragi ignorata
a Palazzo di giustizia vai@

 (Pagina aggiornata il 17 gennaio 2000)

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