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Cioccolatini, i Verdi attaccano Rutelli
Il sindaco di Roma ha votato a favore del cioccolato geneticamente (e segretamente) modificato
 


   C'è un meccanismo perverso nell'Unione europea, un intreccio di riccati e compromessi fra governi e grandi aziende che risulta, spesso, in un adeguamento al ribasso degli standard qualitativi del cibo "in regola" nel mercato europeo. Come è accaduto per la cioccolata con i grassi meno nobili e addirittura geneticamente manipolabili alla quale ha dato il via libera il Parlamento europeo - su iniziativa dei governi e della commissione presieduta da Romano Prodi - con il voto favorevole anche di italiani come Francesco Rutelli - attaccato poi dai suoi ex compagni verdi cui ha risposto in modo un po' confuso. «Effettivamente nelle votazioni al Parlamento Europeo sulla produzione del cioccolato, alcune posizioni del gruppo liberal-democratico sono state discutibili e, alla prova dei fatti, convengo che alcune votazioni prese nella concitazione e nella confusione dell’Assemblea avrebbero dovuto essere differenti»: così ha replicato Rutelli alla leader dei Verdi Grazia Francescato, dandole tuttavia della "maestrina" e spiegando di aver comunque votato altri emendamenti migliorativi. Lei gli ha scritto:«Tu hai votato contro i due emendamenti chiave e così hai dato non solo il via libera al cioccolato snaturato e transgenico, ma vorresti pure che ce lo mangiassimo senza saperlo. Zitti e buoni, da brave cavie. Accanto a te, sempre contro i due emendamenti, hanno votato anche i tuoi compagni d’Asinello, da Paolo Costa ad Antonio Di Pietro. Ma loro, si spera, non sapevano ciò che facevano».

    Resta evidente che l'episodio del cioccolato "pazzo", al di là degli aspetti specifici, conferma questa tragica tendenza europea all'omologazione al ribasso della qualità dei cibi, in un mercato fra gli stati dove ognuno chiude un occhio nelle questioni che toccano gli interessi economici altrui, in cambio di ricevere lo stesso trattamento. Così in Italia si chiamerà cioccolato anche quello "pazzo" già venduto nel mercato interno, per esempio, inglese. A tutto danno dei consumatori. E magari in Inghilterra si venderà qualcos'altro di Italiano con l'etichetta di seria A mentre è un prodotto tradizionalmente ritenuto di serie B in quel paese e così via. A tutto danno dei consumatori.

   Indovinate, insomma, chi ci perde e chi ci guadagna alla fine della giostra. Ci guadagnano i produttori che non sono costretti ad adeguare gli alimenti agli standard qualitativi di ogni paese ma ottengono un livello basso buono per tutti. Ci perdono i paesi poveri produttori di cacao e i cittadini europei che spesso tra l'altro - anche con tutta la buona volontà - non riusciranno a distinguere cibi più o meno sicuri da quelli di qualità scadente o, addirittura, geneticamente manipolati. Senza contare che il voto europeo, come quello sul cioccolato, appare evidentemente antidemocratico: non servono i geni dei sondaggi per immaginare che la stragrande maggioranza dei cittadini vorrebbe mangiare il suo "buon" cioccolato. Non certo imporlo agli altri (anche quando, come in questo caso, il "buono" di alcuni è il "cattivo" di molti che se lo devono beccare lo stesso. Evviva.

P. S. Per la cronaca, tra i voti a favore del cioccolato pazzo anche quelli, tra gli altri, degli italiani Trentin, Marini, Napolitano, Vattimo, Ruffolo, Martelli, De Mita, Gargani e di Walter Veltroni che - nonostante fosse di ritorno da un viaggio africano evocato poi nelle prediche elettorali  - ha bocciato anche un emendamento che prevedeva almeno uno studio sull'impatto che la riduzione dell'import di burro di cacao avrà sulle economie dei paesi in via di sviluppo.


o Si fanno più chiari alcuni contorni della Ue dopo il voto di Strasburgo sul "cioccolato pazzo", il voto cioè che favorendo le multinazionali e penalizzando consumatori europei 
e produttori dei paesi poveri, ha dato il via libera alla direttiva fortemente voluta dai governi (Belgio e Olanda esclusi, l'Italia a favore chissà in cambio di quali eurofavori...).
Si fanno più chiari i meccanismi che rischiano di peggiorare ancora la qualità dei cibi che finiscono nei piatti degli europei, dopo altre direttive che consentono di chiamare pasta o pane prodotti diversi o che aumentano il numero di addittivi, conservanti e coloranti permessi.
Nella logica del mercato comune si tende - da una parte - ad abbassare la qualità dei prodotti rispetto a quella tradizionale nei mercati nazionali (nel grande compromesso ci perdono tutti, dunque ci guadagnano tutti) e - dall'altra - a introdurre ridicole regolamentazioni cavillose, piuttosto, sulla loro forma e sulle dimensioni (le mele, i cetrioli e quant'altro).
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(16-17 marzo 2000)

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