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CHOMSKY: COLPIRE I CIVILI E' COME AIUTARE BIN LADEN
L'intellettuale americano esamina i rischi dell'attacco all'Afghanistan
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Dal primo giorno dopo l'attacco, l'amministrazione Bush è stata messa in guardia dai leaders della NATO, da esperti di quella regione e presumibilmente dai suoi stessi servizi segreti (per non parlare di tanti come te e me) che se reagisse attaccando massicciamente e uccidendo molti innocenti, esaudirebbe le preghiere più fervide di bin Laden. 
      Cadrebbero in una "trappola diabolica", come ha detto il ministro degli esteri francese. Ciò sarebbe vero - e forse ancora di più - se gli riuscisse di uccidere bin Laden senza aver fornito delle prove credibili del suo coinvolgimento nei crimini dell'11 settembre. Bin Laden diventerebbe in questo modo un martire anche tra la maggioranza dei musulmani che li condannano...

Comincia così l'intervista a Noam Chomsky fatta da Michael Albert e diffusa anche in italiano da  Z-NET-ITALY. Clicca qui per leggerla tutta.

Z-NET pubblica anche un altro articolo di Chomsky sulla situazione internazionale dopo gli attentati anti-Usa.

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Qui sotto puoi leggere un'altra intervista a Chosmky sulla situazione internazionale dopo gli attentati terroristici negli Usa.
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Le radici dell'odio
Intervista a Noam Chomsky 
Noam Chomsky in un'intervista a Radio B92 di Belgrado, una settimana dopo gli attacchi contro New York e Washington.

(Tratto da Umanità Nova n.34 del 7 ottobre 2001)
 

D: Cosa pensa a proposito di questi attacchi? Perché pensa siano avvenuti?
 

R: Per rispondere alla domanda, dobbiamo prima identificare chi ha perpetrato tali crimini. È generalmente assodato che, plausibilmente, essi trovano origine nella regione mediorientale, e che questi attacchi devono probabilmente esser fatti risalire alla rete di Osama Bin Laden, una complessa ed estesa organizzazione, indubbiamente inspirata dallo stesso Bin Laden ma che non necessariamente agisce sotto il suo diretto controllo. Prendiamo per buono che sia vero. Quindi, per rispondere alla sua domanda, una persona di buon senso proverebbe a indagare il pensiero di Bin Laden e i sentimenti di tutto quel vasto serbatoio di consenso su cui egli può contare in tutta la regione. Riguardo a tutto ciò, abbiamo una gran quantità di informazioni.
 

Bin Laden è stato esaurientemente intervistato in tutti questi anni da rilevantissimi esperti di questioni mediorientali, in particolare il più importante corrispondente nella regione, Robert Fisk (London Independent), che negli ultimi decenni ha accumulato una profonda conoscenza dell'intera area tramite un'esperienza diretta. Un miliardario Saudita, Bin Laden, è diventato un leader militante islamico durante la guerra condotta contro i Russi per mandarli via dall'Afganistan. Egli era uno dei tanti fondamentalisti religiosi reclutati, armati, e finanziati dalla CIA e dai loro alleati nei servizi segreti pakistani per recare i maggiori danni possibili all'URSS - molto probabilmente ritardando la loro ritirata, secondo molti analisti - anche se non è molto chiaro se effettivamente abbia mai avuto diretti contatti con la CIA, e questo non è comunque particolarmente importante.
 

Non sorprende che la CIA abbia scelto i più fanatici e crudeli combattenti che potesse mobilitare. Il risultato finale sarebbe stata "la distruzione di un regime moderato e la creazione di uno integralista, retto da gruppi incautamente finanziati dagli americani" (London Times, dal corrispondente Simon Jenkins, altro esperto di questioni della regione). Questi "Afgani", come sono chiamati (molti, come Bin Laden, non sono cittadini afgani) condussero operazioni terroristiche lungo il confine con la Russia, fino al suo ritiro. La loro guerra non era contro la Russia, che peraltro essi disprezzano, ma contro l'occupazione russa e i crimini commessi contro i Mussulmani.
 

Gli "Afgani", ad ogni modo, non esaurirono le loro attività. Si unirono alle forze mussulmane bosniache durante il conflitto nei Balcani; gli Stati Uniti non ebbero nulla da obiettare, così come tollerarono il supporto dell'Iran nei loro confronti, per varie e complesse ragioni che non possiamo scandagliare ora, se non per rilevare che il triste destino dei Bosniaci non era per loro importante. Gli "Afgani" inoltre combattono i russi in Cecenia e, molto probabilmente, sono coinvolti nella campagna terroristica messa in atto a Mosca e un po' in tutto il paese. Bin Laden e i suoi "Afgani" si sono poi rivoltati contro gli Stati Uniti nel 1990 dopo l'insediamento di basi permanenti USA in Arabia Saudita - dal loro punto di vista, un'integrazione all'occupazione russa dell'Afganistan, ma molto più significativa per via dello speciale status che ha l'Arabia Saudita come guardiana dei luoghi più sacri.
 

Bin Laden è inoltre agguerrito oppositore dei regimi corrotti e repressivi di quella regione, che egli considera "non Islamici", compreso il regime Saudita, il più fondamentalista del mondo, a parte quello dei talebani, e grande alleato degli USA sin dalle sue origini.

Bin Laden disprezza gli USA per il loro sostegno a questi regimi. Come altri nella regione, egli si sente insultato dal tradizionale sostegno degli USA alla brutale occupazione militare israeliana nei territori, giunta ora al trentacinquesimo anno: Bin Laden condanna il decisivo intervento diplomatico, militare ed economico di Washington in sostegno di questo assedio criminale in tutti questi anni, la quotidiana umiliazione alla quale i palestinesi sono costretti, la continua espansione degli insediamenti dei coloni mirati alla frammentazione dei territori occupati a mò di cantoni Bantù e al controllo delle risorse, la continua violazione della Convenzione di Ginevra e tutti gli altri atti che sono riconosciuti come dei crimini in quasi tutto il mondo, tranne che negli USA, i quali hanno molte responsabilità.
 

E come altri, Bin Laden si oppone al sostegno di Washington a questi crimini unitamente al prolungato e decennale assalto anglo-statunitense contro la popolazione civile dell'Iraq, assalto che ha devastato quella società e causato centinaia di migliaia di morti consolidando nel frattempo il potere di Saddam Hussein - che era un alleato privilegiato di USA e Gran Bretagna nel corso delle sue peggiori atrocità, come lo sterminio dei Curdi, come certamente ricordano bene i popoli di quella regione, anche se gli occidentali preferiscono dimenticarlo.
 

Questi sentimenti sono diffusamente condivisi. Il Wall Street Journal (14 Settembre) ha pubblicato un sondaggio d'opinione somministrato a ricchi e benestanti mussulmani della regione del Golfo Persico (banchieri, liberi professionisti, uomini d'affari fortemente legati agli USA). Tutti hanno più o meno espresso lo stesso punto di vista: risentimento nei confronti delle politiche USA in sostegno dei crimini di Israele, delle politiche di ostacolo a un consenso internazionale su una risoluzione diplomatica in luogo della devastazione della società civile irachena; delle politiche di sostegno ai regimi repressivi in tutta la regione, e l'imposizione di barriere allo sviluppo economico tramite "il supporto alla nascita di regimi repressivi". Tra la grande maggioranza delle persone che soffrono la fame e l'oppressione, sentimenti del genere sono ancor più forti, e costituiscono la fonte della furia e della disperazione che porta agli attentati-suicidi, così come comunemente compreso da coloro che sono coinvolti in questi fatti.
 

Gli USA, e la maggior parte dell'Occidente, preferiscono una versione più comoda. Tanto per citare l'editoriale del N.Y. Times del 16 Settembre, gli attentatori hanno agito nel "disprezzo dei valori cari all'Occidente come la libertà, la tolleranza, la prosperità, il pluralismo religioso e il suffragio universale". Le azioni degli USA sono irrilevanti, e non c'è neanche bisogno di menzionarle (Serge Schmemann).

Questo è un conveniente quadro della situazione e questa presa di posizione è abbastanza usuale nella tradizione intellettuale; infatti è molto vicina alla norma. Succede che sia completamente difforme da quello che sappiamo, ma ha il "merito" di rispondere ad esigenze di autocompiacimento e di supporto acritico al potere costituito.
 

È inoltre ampiamente riconosciuto che Bin Laden e altri come lui stanno pregando per "un grande attacco agli stati mussulmani", che potrà provocare "una larga adesione di fanatici alla sua causa".

E questo non stupisce. L'innalzamento della tensione e della violenza è sempre molto apprezzato dagli elementi più duri e intransigenti di entrambe le parti in causa, cosa che si verificò evidentemente nella recente storia dei Balcani, tanto per fare uno dei tanti esempi possibili.
 

D: Che conseguenze ci saranno nella politica interna degli USA e nella percezione che l'America ha di sé?
 

R: La politica USA è stata già resa nota. Al mondo viene chiesta una "scelta di campo": unitevi a noi, o preparatevi "ad affrontare sicuri scenari di morte e distruzione". Il Congresso ha autorizzato l'uso della forza contro ogni individuo o paese che il Presidente avrà ritenuto coinvolti negli attacchi, un pensiero che ogni sostenitore considera ultra-criminale. Ed è facilmente dimostrato. Chiediamoci semplicemente come le stesse persone avrebbero reagito se il Nicaragua avesse adottato questa posizione dopo che gli USA avevano respinto gli ordini della Corte Internazionale per far cessare il suo "uso illegale della forza" contro il Nicaragua e avevano posto il veto a un risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell'ONU che richiamava tutti gli stati al rispetto della legge internazionale. E quell'attacco terroristico fu anche molto più duro e distruttivo.
 

Per come tali questioni sono percepite qui, è tutto molto più complesso. Bisogna tener ben presente che i mezzi di comunicazione e le élite intellettuali hanno solitamente le loro particolari agende. Inoltre, la risposta a questa domanda è, significativamente, una questione di decisioni: come in molti altri casi, con sufficiente dedizione ed energia, saranno molti gli sforzi per stimolare il fanatismo, la furia cieca e la sottomissione all'autorità.
 

D: Si aspetta che gli USA cambino radicalmente la loro politica estera?
 

R: La risposta iniziale è stata il richiamo all'intensificazione delle politiche che stimolano la furia e il risentimento utile al rafforzamento del sostegno all'attacco terroristico, e alla ricerca della definizione del programma degli elementi più duri della leadership: militarizzazione, irregimentazione interna, attacco alle politiche sociali. Ci si deve aspettare tutto questo. Ancora, gli attentati e l'escalation della violenza che essi generano, tendono a rinforzare l'autorità e il prestigio degli elementi più brutali e repressivi di una società. Ma non c'è niente di inevitabile nella sottomissione a questo stato di cose.
 

D: Dopo questo primo shock, si è creata molta paura riguardo a quella che potrà essere la risposta degli USA. Ha paura anche lei?
 

R: Qualsiasi persona di buon senso avrebbe paura della possibile reazione - quella che è stata peraltro annunciata, e che risponde alle preghiere di Bin Laden. È molto probabile che ci sarà un innalzamento del livello della violenza come al solito, ma questa volta su scala ancora maggiore.
 

Gli USA hanno già chiesto al Pakistan di tagliare gli aiuti alimentari e non solo che ancora tengono in vita la popolazione afgana. Se tale richiesta verrà accolta, un numero imprecisato di persone che non hanno il più remoto coinvolgimento con il terrorismo morirà, milioni possibilmente. Lasci che glielo ripeta: gli USA hanno chiesto al Pakistan di uccidere milioni di persone che sono esse stesse vittime dei Talebani. Questo non ha niente a che fare col concetto di vendetta. È a un livello etico ancora inferiore. Il significato della cosa è amplificato dal fatto che se ne parla nel corso degli eventi, senza commenti, e presto ce ne renderemo conto a caro prezzo. Possiamo apprendere molto del livello etico della cultura intellettuale occidentale osservando le reazioni a questa richiesta. Penso che possiamo ragionevolmente confidare sul fatto che se la popolazione americana avesse la minima idea di quello che si sta per fare in suo nome, resterebbe certamente inorridita. Sarebbe a tal proposito istruttivo andare a ricercare i precedenti storici.

Se il Pakistan si rifiuta di soddisfare le richieste USA, potrebbe subire un attacco, con conseguenze imprevedibili. Se il Pakistan si sottomette alla volontà degli USA, non è impossibile che il governo venga rovesciato da forze politiche come i Talebani, che in questo caso potrebbero contare su armi nucleari. Tutto questo avrebbe ripercussioni su tutta la regione, compresi i paesi produttori di petrolio. A questo punto stiamo parlando di una guerra che avrebbe conseguenze devastanti per tutta l'umanità.
 

Anche se non si dovessero verificare tutte le possibilità ipotizzate, è verosimile che un attacco contro l'Afganistan avrebbe effetti che la maggior parte degli analisti si aspettano: si ingrosserebbero le file dei sostenitori di Bin Laden, così come lui spera. Anche se venisse ucciso, farebbe poca differenza. La sua voce verrebbe ascoltata in cassette che sono già in circolazione nel mondo islamico, ed è probabile che verrebbe venerato come un martire fonte di ispirazione per tutti gli altri. È importante tenere a mente che, vent'anni fa, un attentato-suicida - un camion lanciato a tutta velocità contro una base militare USA - fece sì che la più potente potenza militare del mondo lasciasse il Libano. Le possibilità che si verifichino tali attentati sono infinite. Ed è molto difficile ostacolarli.
 

D: "Il mondo non sarà mai più lo stesso dopo l'11 settembre del 2001". Lo pensa anche lei?
 

R: Gli orrendi attacchi terroristici di Martedì 11 settembre sono qualcosa di realmente nuovo nello scenario internazionale, non tanto per entità o caratteristiche, ma per l'obiettivo. Per gli Stati Uniti, questa è la prima volta dalla guerra del 1812 che il territorio nazionale subisce un attacco, per giunta intimidatorio. Le sue colonie sono state attaccate, ma non il territorio nazionale in sé e per sé. In questi anni gli USA hanno praticamente sterminato le popolazioni indigene, conquistato metà del Messico, sono intervenuti violentemente nelle aree circostanti, hanno conquistato le Hawaii e le Filippine (ammazzando centinaia di migliaia di filippini), e per metà del secolo scorso in particolare, hanno aumentato i loro sforzi per dominare gran parte del mondo. Il numero delle vittime è colossale.
 

Per la prima volta, le armi si sono rivolte nella direzione opposta. Lo stesso si può dire, anche più drammaticamente, dell'Europa. L'Europa ha sofferto distruzioni immani, ma a causa di guerre interne, conquistando il mondo nel frattempo con estrema brutalità. Non è stata attaccata da vittime esterne ad essa, con rare eccezioni (l'IRA in Inghilterra per esempio). È dunque naturale che la NATO chiami tutti a raccolta per sostenere gli USA; centinaia di anni fatti di violenza imperialista hanno un enorme impatto sulla cultura intellettuale ed etica.
 

È corretto dire che questo è un evento nuovo nella storia del mondo, non per l'entità dell'orrore -deplorevole - ma per l'obiettivo. Come l'Occidente deciderà di reagire, è una questione di vitale importanza. Se i ricchi e i potenti scelgono di tener fede alle proprie tradizioni secolari fatte di estrema violenza, contribuiranno all'innalzamento della violenza, in una dinamica ormai famigliare, con conseguenze a lungo termine che potrebbero essere terribili. Certo, ma ciò non vuol dire che sia inevitabile. Una fetta di persone in seno alle società più libere e democratiche possono indirizzare le politiche verso una dimensione più umana e onorevole.

(Traduzione di Skeggia)

 

In rete anche una riflessione di Michael Albert: "Spari di inaugurazione": "Chiaramente, il diritto internazionale è stato violato. Peggio, 
     il meccanismo per porre in atto questa illegale azione punitiva da 
     vigilantes è una politica che deliberatamente e prevedibilmente 
     ucciderà molti civili, forse addirittura numeri immensi. Sottraiamo 
     l'accesso al cibo per milioni e poi lo restituiamo a milioni di 
     persone ma allo stesso tempo facciamo precipitare la società nel 
     panico e nella dissoluzione con le bombe. 
     Questa è terrorismo, attachi contro i civili per ottenere obiettivi 
     politici, con una patina di pubbliche relazioni. È ingiustizia 
     estrema mascherata da estremo offuscamento". 

Un'analisi di Robert Fisk: "I nostri amici sono assassini...":
   "A quasi quattro settimane dai crimini contro l'umanità di New York 
     e Washington, giochiamo alla politica e ci alleiamo con alcuni dei 
     peggiori macellai in giro. [...] Questa è una guerra della democrazia 
     contro il male, secondo il presidente Bush. Il fatto è che non ce n'è 
     poi molta di democrazia intorno". 

Rahul Mahajan e Robert Jensen, "UNA GUERRA DI BUGIE":
  "Una guerra che si suppone aiuti il popolo afgano senza speranza lo 
     farà in realtà morire di fame. 
     Una guerra che si suppone scatenata dall'intransigenza dei Talebani 
     è stata provocata in realtà dal nostro governo. 
     Una guerra che la maggioranza degli Americani crede fatta in nome 
     del loro dolore, della loro rabbia e del loro desiderio di vendetta 
     è in effetti il calcolo spietato di una piccola elite che cerca 
     di estendere il proprio potere. 
     E una guerra che si suppone ci renda più sicuri ci ha posto in un 
     pericolo di gran lunga maggiore aumentando la probabilità di atti 
     terroristici". 
 

Una presentazione di ZNET e ZNET-IT: 

"Z Magazine è una rivista politica indipendente che 
sviluppa un pensiero critico della vita politica, 
culturale, sociale ed economica degli Stati Uniti. Al 
centro di questo pensiero è la considerazione che le 
dimensioni razziale, sessuale, politica e di 
appartenenza di classe sono le chiavi per la 
comprensione ed il miglioramento delle condizioni 
della vita contemporanea. Z Magazine si propone 
inoltre di contribuire concretamente agli sforzi degli 
attivisti per un futuro migliore. Z Magazine non 
accetta pubblicità a pagamento: il nostro prodotto è 
la rivista e non lettori-merce-di-scambio con gli 
inserzionisti." 
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italiani per rendere disponibile ad un pubblico 
più vasto i materiali giudicati più interessanti 
presenti su ZNET. 
ZNet-It è esclusivamente disponibile on-line e 
fondata sul contributo volontario di traduzioni. 
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Web editor Zenone Sovilla
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