copertina notizie percorsi interviste libri musica inchieste calendario novità scrivici
percorsi

La lotta al cancro, la corsa al profitto economico e molta ipocrisia
La salute umana è un "bene libero" per le imprese di mercato: sacrificabile a piacimento...
 

di PIETRO FRIGATO

   Il fine dichiarato di molte iniziative nella lotta contro il cancro, come nella recente Giornata, è di trovare nuovi fondi per combattere il " male oscuro ". 
   A Roma si è tenuta un'importante conferenza internazionale, organizzata dall'Associazione Italiana Ricerca sul Cancro, alla quale hanno preso parte i massimi nomi mondiali della ricerca in campo oncologico. Si è trattato di un momento di discussione importante sulle cause e sulle terapie delle neoplasie che ha avuto i soliti, inevitabili strascichi polemici che hanno investito la politica.

   Umberto Veronesi, all'epoca direttore dell'Istituto europeo di oncologia di Milano, aveva  infatti denunciato come i 110 miliardi che lo Stato riserva agli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico "servono appena a pagare stipendi e spese di gestione". 
   Il Ministero della Sanità aveva prontamente replicato, esibendo altre cifre: in realtà, tenendo conto anche dei fondi messi a disposizione dall'Istituto Superiore di Sanità (altri 45 miliardi) e delle spese sostenute dalle Regioni, si arriverebbe ad una cifra intorno ai 200 miliardi. Qui interessa poco o nulla stabilire se questi soldi siano pochi o tanti e se le cifre fornite dagli uni e dagli altri corrispondano alla realtà. Ha molto più senso rilevare come la scienza medica incalzi in questo modo la politica. La quale sicuramente è all'origine di sperperi di danaro pubblico evitabili ed è colpevole di allocare male le risorse economiche, sempre più ridotte, a sua disposizione.

   Tuttavia, osservando più attentamente i fatti, sorge spontanea una domanda: perché l'economia, rozzamente intesa come il sistema di iniziativa privata nella sua realtà concreta, non viene mai messa sul banco degli imputati? A Roma, si è infatti parlato anche delle cause dei tumori, ed è stato il Nobel Dulbecco a spiegare come nell'eziologia delle patologie neoplastiche la ricerca debba procedere tenendo nel debito conto sia i fattori genetici che quelli ambientali o meglio la loro interazione. 
A riguardo, per non citare che un caso particolarmente eclatante, come non ricordare lo scandalo dei polli alla diossina del Belgio di appena sei mesi fa? Chi aveva messo la famigerata sostanza cancerogena nei mangimi, la Verkest (la ditta incriminata) o il governo belga? Il governo belga può essere al massimo accusato di collusione o incompetenza ma chi faceva arrivare sulle tavole dei consumatori carne cancerogena era un imprenditore privato. 

    Per venire all'Italia, è di poco tempo fa la denuncia venuta da un rapporto di Legambiente sull'abuso di diserbanti, concimi e anticrittogamici in agricoltura: il 32,4 % dei diecimila prodotti ortofrutticoli raccolti sui mercati italiani presenta tracce di almeno una sostanza chimica, il 10,6 % rivela l'impiego di più sostanze (in alcuni casi fino a 10!) e l'1,1 % risulta fuori legge. Si ricorda che tra i principi attivi considerati legali, molti sono in odore di cancerogeneità. Inoltre, la frutta più amata dai bambini (pere, uva e mele) è anche quella più a rischio.

   La nota superiorità in termini di riduzione dei prezzi del settore privato dell'economia rispetto a quello pubblico rivela, in questi casi 'idealtipici', molto bene dove si nasconda un trucco decisivo. Possiamo pagare poco carne, prodotti ortofrutticoli e chissà quante altre cose che arrivano sulle nostre tavole perché, in assenza di correttivi pubblici efficaci di legisalzione sociale ed ambientale, la nostra salute e quella dei nostri bambini è un bene libero (esattamente come l'aria, l'acqua, la temperatura globale o la fascia dell'ozono...) per le imprese di mercato e viene distrutta a piacimento ed impunemente. Veronesi farebbe bene a ricordare che anche questo è un problema medico!


o Pietro Frigato 
ha svolto attività di ricerca presso l'IUED di Ginevra, seguito dal Prof. R. Steppacher (assistente di K. William Kapp dal 1972 al 1976 - anno della morte di Kapp), attualmente svolge un dottorato di ricerca in "Storia e sociologia della modernità" presso l'Università degli studi di Pisa e lavora ad una integrazione della teoria dei costi sociali dell'iniziativa privata nella versione fornita da Kapp con i risultati conseguiti 
dalla corrente materialistico-
strutturale nell'ambito dell'epidemiologia sociale.
 
 
 
 
 

 

copertina
notizie
 percorsi
interviste
i libri
musica
inchieste
calendario
novità
scrivici