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Armeni, la persecuzione continua nel 2000
Nuove accuse alla Turchia che nel 1915 perpetrò il genocidio. Parla Alice Tachdjian
 

di MARTITA FARDIN

   Ci sono popoli o etnie, piccoli stati, minoranze oppresse che la gente non sa che esistono. Cancellate. La causa della loro inesistenza è l’invisibilità. I media la danno, questa invisibilità, con la complicità del silenzio internazionale delle potenze industrializzate, che ruotano attorno al profitto dell’economia e del denaro. Tutto il resto non conta. Tra le minoranze oppresse si è parlato sulla stampa della questione curda solo per Ocalan, perché si prestava speculazioni dal sapore politico, dei curdi dell’Iraq, niente invece. Eppure sono in condizioni miserabili, vivono in territorio pieno di mine. Bambini mutilati, aiuti che arrivano solo per il volontariato, ma va bene così per chi fa girare il mondo con i dollari. 

   Senza profitto, senza guadagno, senza un vantaggio, nessuno stato democratico e civile interviene per salvaguardare il diritto alla vita di quelle etnie sacrificate, in nome della politica economica, all’estinzione con logica genocidaria.

   C’è un’altra minoranza etnica, cui macabramente si può affibbiare l’etichetta di morti per il primo genocidio della storia del XX secolo: gli armeni. Di questo genocidio si è scritto, soprattutto con riferimento al passato, come se fosse concluso. Invece non lo è per niente. 

   Abbiamo contattato la dottoressa Alice Tachdjian Polgrossi, di origine armena, nata a Parigi ed ora sposata in Italia. Alice Tachdjian, figlia di genitori scampati per miracolo al genocidio del 1915 perpetrato dai turchi, ha scritto un libro ”Hayastan. Diario di un viaggio in Armenia”, in cui racconta, riporta testimonianze del passato, ma lega il discorso anche all’attualità. Altrimenti si penserebbe ad uno sterminio programmato tanto tempo fa e concluso. Sepolto, senza sepoltura nelle sabbie del deserto.

   L’autrice ci spiega che le cose non sono proprio così.
L’abbiamo intervistata e lei ci ha fornito alcune informazioni che stampa e televisione solitamente non divulgano.

   Ecco il suo racconto, intervallato da alcune domande per fare maggiore chiarezza sul tema.

   “Il mio viaggio in Armenia è iniziato nel 1993. Sapevo che i miei genitori erano scampati al massacro dei giovani turchi, ma io sono nata in Francia e il fatto che in casa mia si dovesse parlare armeno, cucinare armeno, non ridere mai, perché alle spalle c’era stata una tragedia, mi ha fatto sempre ricordare che il nostro popolo la sofferenza doveva avercela impressa nel Dna. Così sapevo di essere armena, ma non capivo fino in fondo il perché di questo lutto eterno. Mi chiedevo perché la gente in Italia, quando venivo in vacanza, rideva, era allegra. Mi sentivo rinascere”.

   E proprio in Italia lei si è sposata e ha scelto di tagliare il cordone dell’armenità…

  “Sì, per quasi trentanni. Poi i miei genitori sono morti e allora ho capito che c’era una parte di me che era armena e non volevo che morisse”.

  Cosa è scattato allora in lei?

   “Il ritorno alle radici, il desiderio di compiere un viaggio nella terra in cui vivono ancora miei familiari e parenti. Sapevo che poteva essere lacerante rispolverare un passato di massacri e di deportazioni. I miei genitori si sono conosciuti in un orfanotrofio di Marsiglia e a distanza di anni avevano ancora impressi negli occhi gli orrori della barbarie e della violenza turca, le immagini spettrali dei campi di concentramento e di sterminio. Pensi che mia nonna e la sorella di mia madre, sua figlia, hanno ammazzato il bimbo di quest’ultima. Mia zia l’ha allattato per due mesi, poi il latte faceva venire la diarrea al bambino. Poi di latte nemmeno una goccia. Il neonato piangeva, finché smise di piangere. Doveva morire. Ma anzi che, vederlo morire per mano turca, infilzato da una spada, senza sepoltura, mia nonna e mia zia l’hanno compresso tra le loro schiene e il bambino è morto per soffocamento. Era un segreto di famiglia, mi madre mi aveva detto di mantenerlo, ma poi... Perché le carogne non si cibassero di quelle carni infantili, l’hanno messo su di un albero per pietà, poi sono morte”.

   Ci spieghi qualcosa del passato e poi della situazione attuale, a ruota libera, come le viene.

   “Nel corso dei secoli il territorio del regno armeno finì sotto la Russia, lo Scia di Persia e l’impero ottomano, che sul finire del XIX sec si propone come uno stato multietnico con centro in Anatolia. In  Anatolia  gli armeni stanno in due regioni la Grande Armenia al confine con la Russia e una piccola Armenia nella regione della Cilicia. Gli armeni erano gli unici cristiani, in un impero governato dall’etnia turca, in una situazione di sudditanza. Erano con ebrei e greci infedeli protetti.  Gli armeni erano  per l’80% contadini poveri, poi c’era una modesta borghesia di artigiani e commercianti, poi un’oligarchia di bancari, mercanti, intellettuali e funzionari, soprattutto statali. I più ricchi, commercianti, professionisti, mandavano i loro figli a studiare a Parigi,  dove questi entrarono in contatto con le idee libertarie e di uguaglianza della Rivoluzione francese e reclamarono diritti umani e civili nel 1895. Nel 1896 ci furono i primi massacri, contenuti. Si calcola che 300.000 abitanti dell’Anatolia furono uccisi. Gli Stati Europei appoggiavano gli armeni e la cosa fece imbestialire i turchi. Nel 1909 i giovani turchi di Mustafà Kemal misero  in atto un progetto nazionalistico per cancellare l’Armenia che era un tampone tra l’oriente musulmano e l’occidente cristiano. L’Armenia era inoltre un tampone tra i paesi turcofili dell’Asia minore fino alla Cina, una sorta di terra cristiana spartiacque tra due mondi opposti e dava fastidio alle spinte nazionalistiche turche verso l’ovest.Il 24 aprile del 1915, in nome del sogno panturanico, un modello di potenza che guarda al reich tedesco, ha inizio il genocidio. L’Armenia orientale era sotto la Russia. Gli armeni di tutta l’Anatolia si coalizzarono. La Turchia, schieratasi a fianco degli imperi centrali, con la scusa di salvare gli armeni, deportò tutti gli armeni dell’Anatolia. Il 24 aprile 1915, 700 intellettuali vennero presi, tirati fuori del letto a Istanbul e scomparvero. Dopo l’intellighenzia, i turchi provvidero ad eliminare gli uomini validi, li fecero arruolare nell’esercito e di loro non si seppe più nulla. Vecchi, bambini e mamme vennero trascinati nei deserti della Siria come bestie da macello, peggio, senza acqua, scalzi, nudi, costretti a camminare ore sotto il sole cocente a suon di bastonate per centinaia e centinaia di km. Alcuni perirono, altri vennero trasportati verso caserme a piedi su carovane verso fortini e le carovane venivano spesso assalite da criminali fatti uscire apposta dalle carceri. Tanti videro rapire, violentare e fare fuori i propri familiari, senza potere fare nulla. Tanti ci pensò la fame e la sete ad ucciderli. Lungo il mare centinaia di bambini furono messi su barche che venivano capovolte e così affogarono. Poi ci furono milioni di bimbi arsi vivi con il petrolio in grotte. Così morirono 1.500.000 innocenti in nome della razza, altri 500.000 i dispersi”.

   Questo nel passato e ora?

   “Il genocidio continua, con modalità diverse. Gli aguzzini hanno affinato le loro armi. Dopo la guerra civile russa tra il Caucaso e l’Anatolia sorse una repubblica armena che aderì all’Urss nel 1922. Venne unita a Georgia e Azerbaigian nella repubblica transcaucasica fino al 1936. Poi ottenne l’autonomia. Nel 1991, con il crollo dell’Urss l’indipendenza, ma le minoranze armene continuarono ad essere discriminate e perseguitate in Georgia, Turchia, Azerbaigian e Iran. 

   Scoppiò un conflitto con l’Azerbaigian, ai primi del 1988, riguardo al Nagorno-Karabagh, regione caucasica, popolata da armeni e storicamente armena incastonata nel territorio azero (gli azeri sono un'etnia mongola). Tra conflitto e terremoto che ha cancellato le regioni del nord dell’Armenia, sono morte 175. 000 persone. Il fuoco è stato cessato. Ma la situazione attuale è questa.
   La Turchia ha chiuso le frontiere dal 1991, impedendo il passaggio dei beni di prima necessità e di aiuti umanitari oltre che di petrolio. L’Armenia non ha sbocchi sul mare, è soffocata. Era fiorente a livello tecnologico quando era sotto la Russia, c’erano ingegneri, costruttori, ma adesso niente. La gente che lì rimane, in quel fazzoletto di terra grande poco più che la Lombardia, ha fame e quando hai fame, non puoi mangiarti i macchinari. La tua tecnologia non serve proprio a nulla. Su tre milioni e mezzo di armeni che vivono in Armenia, altri quattro milioni vivono all’estero: sono scappati per non morire. E la diaspora continua. La Turchia vuole stringere in una morsa di fame e di freddo questo piccolo lembo di terra per cancellarlo dalla faccia del pianeta. Pensi che quando ci fu il terremoto nel 1988, la Turchia non lasciò passare un camion di aiuti umanitari. Una volta ne mandò uno, ma era carico di uova marce e morirono molti bambini”.

   Insomma il genocidio in qualche modo continua...

   “La ferocia degli uomini e i metodi dei massacri non sono cambiati e neppure le grandi democrazie di oggi, come allora, le”Grandi Potenze” d’inizio secolo, sono cambiate. Dopo i grandi discorsi e le buone intenzioni umanitarie, l’Armenia è stata abbandonata a se stessa perché non ha un ruolo importante nello scacchiere politico internazionale. La Turchia che ha perpetrato questo genocidio non l’ha mai riconosciuto, anche se l’ONU, il Parlamento europeo e molte grandi nazioni l’hanno almeno riconosciuto come tale, anche se aiuti umanitari arrivano dalla diaspora. La Turchia, nonostante i massacri odierni dei curdi, l’invasione di Cipro, il blocco economico imposto alla piccola repubblica d’Armenia, nonostante tutte le sue nefandezze aspira a far parte della comunità europea e l’America sostiene questo stato criminale perché ha le sue basi Nato. L’America e i suoi alleati”.

   Che cosa chiede al Governo italiano, il riconoscimento di un fatto storico?

   “Il mio scopo è che il Governo italiano riconosca, dopo che 32 comuni italiani hanno aderito alla mia richiesta, questo genocidio e chieda alla Turchia di rivedere la sua storia e di rispettare i diritti umani, se vuole far parte della comunità europea”.

   Le basta questo?

  “Per ora mi basta questo”.

  Perché fare riconoscere un genocidio?

   “Perché i turchi hanno sempre negato che sia avvenuto, minacciando ritorsioni diplomatiche e commerciali verso le istituzioni internazionali. Ma ci sono testimonianze orali di persone scampate al massacro, ci sono delle foto che un tedesco scattò all’epoca e che gli fu proibito divulgarle. Inoltre ci sono testimonianze oculari, i rapporti dei diplomatici, il Rapporto segreto del pastore Lepsius e il “Libro blu” di Toynbee, la scoperta della Organizzazione speciale e le risultanze dei giudici di fronte alle corti marziali turche nel 1919-1920, per non parlare del materiale d’archivio scampato alla distruzione e dei documenti Andonian”.

   In conclusione, come per la Shoah,  la risposta degli storici revisionisti è la seguente: una cospirazione politica e un mucchio di falsi. Fatto sta che sei milioni di ebrei finirono nei lager e morirono, un milione e mezzo di armeni (il 75% della popolazione, senza parlare che furono privati della terra in cui vivevano da millenni e dei loro beni, con l’eliminazione turca di ogni traccia di armenità) finì in lager più rozzi, fatto sta che furono eliminati. Questo il dato, il resto è dietrologia. Il genocidio degli armeni fu superato soltanto per numero di vittime, ma non per efferatezza, dall’olocausto ebraico (cfr rapporto presentato nel 1973 alla sottocommissione per i diritti umani delle nazioni unite).


o Tra l’indifferenza delle potenze occidentali un piccolo paese, abitato da una minoranza cui sono state sottratte terre, in cui non esistono diritti civili, ma leggi razziali, tutto grazie ai turchi, il genocidio degli armeni prosegue, non con le mine e le bombe, ma con  la privazione della popolazione dei mezzi di sostentamento necessari, costringendola ad emigrare clandestinamente nel mondo  per non crepare di fame e di malattie. I turchi hanno costruito un campo di concentramento senza filo spinato, rudimentale ed efferato. Ma i turchi hanno interessi economici con l’Occidente e quindi... L’economia prima di tutto, il denaro, in altre parole “money makes the world round”, e mentre le potenze occidentali, America
ed altri paesi industrializzati, stanno a guardare, alzando solo un po’ la voce, un popolo dalla millenaria cultura sta morendo.
 

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