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Tutti figli del Grande Portale...
Umts e dintorni, i rischi che la tecnologia sia solo uno strumento del potere economico
 

di RINO VACCARO

      Come è avvenuto  con la liberalizzazione delle frequenze televisive,  quando molti piccoli  imprenditori hanno  cercato di inserirsi nel sistema,  ( ma poi tutto è finito in un duopolio imperfetto ) oggi con l’UMTS tutto  finirà con una gestione oligopolistica , come conferma la selezione della gara in corso . 
E’ di tutta evidenza che chi investirà somme così ingenti come quelle richieste scaricherà  sugli utenti molto più dei 20.000 miliardi di cui si parla in questi giorni.
Non è poi  del tutto ovvio che la discussione si incentri ,come sta avvenendo, sull’utilizzo di questa somma nel bilancio dello stato senza valutare che  i cittadini avrebbero un interesse anche a  diminuire le barriere economiche  per l’accesso ai sevizi telematici.

   I cybernauti, utenti di internet e i più numerosi  utenti della telefonia mobile, rappresentano  due universi non coincidenti e neppure  di paragonabile dimensione anche se non si sa  quanti di questi utenti passeranno prima o poi alla tecnologia UMTS ; che avverrà a costi molto alti e per una fascia di utenza medio alta anche se è vero che inizialmente era così anche per i telefoni cellulari e non è escluso che lo stesso si ripeta  per una tecnologia complessa come Umts ( che offre un collegamento in rete da una postazione mobile).
Il fossato che separa chi ha da chi non ha accesso a Internet, è diventato una questione politica come scrive Franco Carlini sul manifesto. “Sì perché computer e reti stanno entrando a far parte  di quei servizi pubblici e di base che ogni paese
deve garantire ai suoi cittadini, come  la luce e il telefono. Beni
indispensabili per essere informati, per essere in relazione, per essere
"in società".

    Se le nuove tecnologie della comunicazione portano con sé grandi possibilità di crescita culturale, di democrazia e magari anche di ricchezza, allora tutti devono poterne usufruire, anzi specialmente coloro che per collocazione di censo o per etnia, o per geografia, sono stati finora esclusi dai grandi benefici della società
 moderna. 
   La nuova tecnologia  penalizza alcuni e fa il successo di altri; sempre sposta dei poteri e dei confini e questo significa nuovi territori di conflitto.

   Esiste anche la tesi opposta del ruolo positivo delle tecnologie della comunicazione come poderoso strumento di crescita proprio dei paesi e dei gruppi
 sociali più svantaggiati. ;vorrebbe essere questa  "la faccia buona della
 globalizzazione".  E' un tema serio, anche se viene enunciato in  termini molto propagandistici:  Computer e rete Internet sono stati,  nella loro fase iniziale, strumenti di lavoro della comunità dei ricercatori, specialmente di quelli delle discipline scientifiche; persone addentro al mestiere,alle matematiche e alla tecnologia,per loro  non c'erano particolari problemi di alfabetizzazione nell'imparare a usarli. Non ci si doveva nemmeno preoccupare troppo del fatto che le interfacce tra uomini e computer fossero astruse e complicate, anche perché gli utenti spesso
 coincidevano con i progettisti, o comunque ne condividevano culture e
 linguaggi.

   Nel caso dei computer e delle reti, si parla giustamente di nuovi diritti  Questo succede perché appunto computer e reti non sono più né soltanto uno strumento di calcolo veloce, ma un utensile della comunicazione tra le persone.
  Legittimamente dunque stanno entrando a far parte di quell'insieme di servizi pubblici e di base che ogni paese deve garantire ai suoi cittadini, un'utility come la luce, il gas, le fogne, le poste e il telefono, la radio e la televisione. Questi beni essenziali della vita sociale sono oggi indispensabili ai cittadini  per essere informati.
 Non sono né più devono essere considerati un lusso. E' il grande tema dell'accesso :vedi l'ultimo libro di Jeremy Rifkin “L'Età dell'accesso”

 Anche la rete internet a rischio con l’espansione dei portali 

      “Vi piacerebbe una internet con solo cinque siti, cinque grandi portali gestiti da grandi aziende di telecomunicazioni che controllano tutto, che vi fanno pagare ogni servizio, magari nominalmente poco, ma con un contatore che gira inesorabilmente, clic dopo clic? 
      Voi vorreste andare altrove ma gli ostacoli sono quasi insormontabili. Il vostro terminale accetta solo software del vostro gestore, il portale ha funzioni di navigazione esterna complicatissime, se "uscite" tutto diventa lento e caro. Alla fine restate sempre lì, dal vostro "grande fratello". Che vi ha registrato, catalogato, che segue ogni vostra azione in Rete. 
      Sulla Internet fissa, quella nata spontaneamente negli scorsi trent'anni, avete una libertà di scelta senza precedenti. Con un clic potete andare dovunque, accedere e inventarvi ogni forma di comunicazione, pubblicare, trovare, sorprendervi e imparare di fronte all'enorme varietà di alternative.
 Dall'appello lanciato dalla Rete Civica Milanese e da un gruppo di cittadini e utenti di Internet riprendo alcuni concetti di grande interesse e condivisione 
“Guardiamo al recente passato.1) La telefonia mobile Gsm in Italia non è stata, e tuttora non è, propriamente un faro di aperta e trasparente competizione a favore degli utenti. La piena concorrenza tra i gestori non c'è ancora; due anni fa ci si accorse che i primi due tendevano a pratiche collusive, e, sull'onda delle denunce delle associazioni dei consumatori, fu necessario varare affannosi provvedimenti di attento controllo (tariffario e non) da parte dell'Autorithy (tuttora solo parzialmente efficaci). 2)Omnitel 2000 via Wap. Dal telefonino, nei fatti, sei spinto ad accedere solo ai servizi del gestore. Teoricamente potresti anche navigare altrove, ma è difficile, costoso, lento. Ovviamente il gestore (e lo stesso, più o meno, vale per gli altri) ha un forte interesse affinché tu, "suo" utente, usi i suoi servizi. E questa spinta a "proprietarizzarti" sarà tanto più forte quanto sarà più urgente la necessità del gestore nell'estrarre ritorni e introiti di ogni tipo dal suo servizio Umts. Tanto più forte quanto saranno alti i suoi costi, innanzitutto dopo aver pagato una pesante tassa all'entrata per l'acquisto della licenza. 

       Non solo: aziende di servizi innovativi (per esempio comunità di lavoro ad alta riservatezza) non potranno disporre di una propria "rete virtuale" sull'Umts. Dovranno comunque "affittarla" ai gestori, passando per i loro server e il loro oligopolio. Con il rischio che, da un giorno all'altro, questi possano interrompere i contratti e mettere fuori mercato il concorrente a vantaggio di un proprio servizio. 
      Abbiamo l'opportunità, unica, di passare rapidamente e su vasta scala alla nuova generazione Umts, e di farvi crescere e moltiplicare migliaia di fornitori di nuovi servizi, altrettante imprese giovani e innovative capaci di creare lavoro, finalmente competitive a livello internazionale perché la base di mercato sottostante sarebbe massiccia, dieci volte più ampia di quella rappresentata, oggi in Italia, dagli utenti della normale navigazione Internet sul personal computer. 
E la conclusione è amara E poi arriveranno i potenti americani, che impareranno rapidamente la lezione… E la partita sarà un'altra volta chiusa, con buona pace delle nostre velleità industriali e innovative. Loro avranno preso vantaggio e alla fine domineranno il mercato. Come non molti anni fa è già successo nel campo dei personal computer. 

       Il Governo italiano ha adottato il cosiddetto modello inglese, vantaggioso a breve termine per le sue entrate, ma senza minimamente analizzare il futuro di questa innovazione, e le conseguenze dei costi aggiuntivi che verranno inevitabilmente scaricati sugli utenti. Come e dove verranno scaricati? 
       Il secondo errore, ancora più preoccupante, è l'intendimento del Governo di legare strettamente (bundling) la licenza per le frequenze (e quindi per lo sviluppo delle reti Umts) alle licenze sui servizi (quindi la possibilità, su queste reti, di veicolare comunicazioni, informazioni, applicazioni). 
      Nelle scorse settimane, per rendere più appetibile l'alto costo preteso dal Governo per le licenze, è stata così silenziosamente esclusa fino a data da destinarsi ogni ipotesi di licenza per operatori di servizi senza rete (operatori virtuali). Che altrimenti avrebbero potuto fare "pericolosa" concorrenza ai cinque eletti dalla gara. 
      In altre parole: solo chi sborserà i 4mila miliardi minimi potrà produrre i servizi Umts. Oppure controllare i portali e i server Umts da cui tutti gli altri dovranno passare. Ovviamente pagando. Sia utenti che partner. 
      Ogni forma di chiusura, di bundling, non funziona e non funzionerà nell'era di Internet. Funziona invece, e con risultati straordinari, l'opposto. L'accesso a basso costo alle infrastrutture di rete, la possibilità di sperimentare, di inventare, di rischiare senza barriere all'entrata artificialmente alte. 

      D'altro canto in tutta Europa, e anche in Italia, è in pieno corso la battaglia proprio per l'unbundling della rete fissa, ovvero per poter consentire a operatori e service provider alternativi di affittare il cavo telefonico che arriva all'utente finale, per potervi veicolare in piena autonomia il proprio pacchetto di servizi sulla propria rete. 
      Perché invece sulla rete più nuova, ovvero l'Umts, deve valere l'opposto? Perché quest'ultima, come ormai vale per la rete fissa, non deve essere considerata una infrastruttura aperta? Aperta alla competizione piena sui servizi, unica e autentica garanzia di qualità e di costo per l'utente finale. 
      Per questo chiedono al Governo, negli interessi dello sviluppo del Paese, di rivedere radicalmente il regolamento d'asta. In particolare sulla questione del "bundling", sulla rete Umts. Dove chiediamo che sulla nuova rete ogni accesso abbia esattamente la stessa libertà e apertura oggi ottenibile sulla Internet fissa. 
      Il terzo errore è quello di non prevedere, pur in presenza di soli cinque operatori probabilmente dominanti, una garanzia dal punto di vista dell'utente. Il Governo italiano dovrebbe  mettere a frutto la sua pur valida esperienza in termini di firma digitale e di carte del cittadino perché, sulla nuova rete Umts la carta Sim (che identifica l'utente dei servizi) sia strettamente personale, e certificata dalla pubblica e legale firma digitale. Questa Sim personale deve consentire all'utente di decidere in totale autonomia quali informazioni, riguardanti se stesso e i propri comportamenti, debbano essere rese pubbliche, al suo service provider come ad altri. In questo modo saranno più difficili (o comunque contrattati con l'utente) fenomeni di proprietarizzazione della clientela sui portali Umts italiani. 
 Non c'è  invece cosa migliore che suscitare la creatività di un nuovo mercato per rafforzarsi a lungo termine. E esempi come Cisco, Uunet e le comunità di Open Source (Linux, Apache) la dicono lunga sul modello competitivo-cooperativo aperto da seguire. 

La "cittadinanza elettronica” 

   Umts  introduce una tecnologia che accentua le interrelazioni tra i media  ed  accelera l’esigenza di un sistema nuovo di diritti di cittadinanza appunto una "cittadinanza elettronica” 
Anche  il cambiamento della nozione di privacy  è accelerato dalla diffusione delle tecnologie informatiche. Oltre  alle ovvie e straordinarie opportunità personali e individuali di crescita  relazionale e quindi culturale c’è da mettere in conto anche  l’invasività di imprese e organizzazioni governative nella vita privata. Infine c’è un problema  relativo alla sicurezza che  spesso, si traduce in
 videosorveglianza: da una parte la necessità politica - cioè di consenso
 elettorale - di rendere "sicure" le città, dall'altra la denuncia di una
 violazione sistematica della privacy che potrebbe crescere con le tecnologie umts.
Già oggi con la telefonia mobile si può localizzare l’utente e controllare agevolmente ogni comunicazione interpersonale .Solo apparentemente si esalta la colloquialità e lo scambio culturale ;in una società in cui la cultura è marginale e centrale è l’economia e gli interessi infatti l’interesse alla manipolazione e all’uso degli altri è molto raffinato : dai processi di formazione ed educazione scolastica alla fiction televisiva, dal mercato della politica, alla borsa.
BenedettoVECCHI  in un articolo su Il Manifesto rivolge la sua  attenzione alla frontiera elettronica della politica :Commercio digitale, riservatezza dei dati genici e video-sorveglianza. 

   ”Che questo sia un banco di prova di una "cittadinanza elettronica" lo
 prova anche il fatto che in quegli stessi paesi sono stati istituiti proprio
 i garanti per la privacy, che devono vegliare sul rispetto delle leggi,
 scoprendo spesso che la legislazione in questa materia deve essere
 estremamente flessibile per rispondere alle cicliche ondate di
 innovazione tecnologiche che permettono, potenzialmente, una politica
 del controllo sociale sempre più normativa e coercitiva.

   Inoltre, tutela della privacy non vuol dire solo tutelare i dati personali nella rete globale ma anche - e questa è la frontiera meno esplorata dal legislatore - la tutela dei dati genetici, il cui uso da parte delle imprese e delle istituzioni governative
 si può trasformare in una politica del controllo sociale discriminatoria,
 Infine, la società dell'informazione è tale perché i mass-media sono presenti ovunque: come  mettere insieme libertà di informazione e libertà personale è stato
 l'oggetto delle discussioni mediatiche più accese che hanno seguito
 l'entrata in vigore della legge sulla tutela della privacy in Italia.
    E forse,conclude  solo una "carta dei diritti" può essere il primo passo per definire l'architettura di una cittadinanza elettronica".
    In altri termini con umts  che non rappresenta una svolta epocale ma certamente un salto tecnologico rilevante non solo nei comportamenti ma  nella nuova  relazione tra i media rappresenta  una opportunità di cultura e comunicazione  ma anche nuovi rischi di subalternità anch’essa di tipo nuovo e inedite forme di controllo sociale.

   E direttamente le nuove tecnologie sono l’interfaccia di una crescita ulteriore di potere di holdings finanziarie con una struttura interna e relazioni internazionali   più competitive ed escludenti che democratiche.
 


o Rino Vaccaro, genovese,
è un giornalista
che si occupa
di ambiente
e di "democrazia informatica"
anche con
un suo sito.

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(12 gennaio  2001)

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