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La qualità dell'informazione in Italia: scontro fra editori e giornalisti
Le proprietà puntano a una deregulation selvaggia, il sindacato dice di no: nuovi scioperi
 


  I giornali italiani non sono gran che. Si ha la sensazione che raccontino un mondo parziale, piccolo, microscopico. Che a volte usino il binocolo su fatti insignificanti che diventano eventi; che altre lo girino per far diventare avvenimenti importanti solo vicende microscopiche agli occhi del lettore o del telespettatore (che guaio, poi, il cortocircuito giornali e tv...). Insomma, gran parte del mondo è escluso. Ma attenti: è un'esclusione che comincia dal nostro quartiere! Non solo i fatti lontani del globo vengono spesso oscurati, anche quelli vicini. E anche perché la voglia o il tempo di cercare, pensare, scavare e poi scrivere, c'è sempre di meno.

   Ciò nonostante, ora, è in gioco anche quel che resta della qualità dell'informazione in Italia nelle trattative, di nuovo interrotte, per il rinnovo del contratto nazionale dei giornalisti. Da una parte, la posizione degli editori, che vogliono sia mettere in discussione una serie di importanti diritti storici (prevedendo contratti a termine per alcune figure come i redattori capo, il licenziamento in caso di malattia prolungata del giornalista, l'abolizione degli scatti di anzianità e altro) e continuare - come è avvenuto negli anni scorsi - a introdurre figure sempre meno tutelate - dal punto di vista dell'autonomia professionale oltre che da quello retributivo e previdenziale - e aprire lo spazio dei nuovi media (Internet innanzitutto) a un vero Far West del liberismo selvaggio tradotto in prodotti giornalistici sempre più visti come contenitori di pubblicità, quasi fosse questa il supporto delle notizie e non viceversa. Dall'altra, la posizione del sindacato che non chiede tanto miglioramenti contrattuali per chi è già garantito dal contratto (ora, appunto, messo però in discussione dagli editori della Fieg) ma l'allargamento di queste tutele a tutti coloro che operano nel mondo dell'informazione, questo per assicurare sia i lavoratori in questione sia la qualità del prodotto (sulla quale, a quanto pare, sempre meno si basano le "strategie" degli editori, che preferiscono vendere di tutto con il giornale - si è arrivati addirittura al buono-cappuccino! - piuttosto che curare i contenuti garantendo condizioni di lavoro dignitose a chi deve cercare, interpretare e diffondere le notizie in questo paese. E i risultati di tutto ciò sono evidenti, in televisione come sulla carta stampata).

   La lotta dei giornalisti italiani, in altre parole, questa volta non riguarda solo una categoria che ha milioni di difetti, a cominciare dalla tendenza a guardarsi l'ombelico e al baciamani istituzionale, ma investe il tema centrale della qualità dell'informazione nel nostro paese. Dare garanzie sulla preparazione professionale e sull'autonomia - garantita da un contratto serio - anche a chi presta la sua opera come free-lance o ai redattori dei nuovi giornali online creati dalle aziende editoriali è un passo in questa direzione. Così come lo è evitare che vengano smantellate le garanzie contrattuali per chi svolge questo lavoro e oggi può muoversi con un certo livello di autonomia che sarebbe abbattuto dalle revisioni chieste dalla Fieg, che creerebbe nuove figure ampiamente ricattabili dall'editore con comprensibile ricaduta sulla qualità e sulla libertà di un'informazione già sempre più minacciata dalle interferenze della pubblicità a tutto campo.

  La lotta dei giornalisti, insomma, riguarda anche tutti i cittadini che vogliono che l'informazione italiana punti a migliorare la sua qualità; non a peggiorarla ancora... 


o La battaglia che stanno facendo i giornalisti italiani rappresentati 
dal loro sindacato,
la Fnsi riguarda tutti i cittadini, perché investe la qualità dell'informa-
zione in Italia. Con lo sciopero del 18 febbraio e quelli in programma, i giornalisti italiani lanciano anche un appello a tutti i soggetti sociali affinché facciano anche propria questa lotta che - stavolta - è tuttaltro che una questione "corporativa" ma al contrario può servire a arginare la deriva della stampa italiana verso mass media sempre più vuoti di contenuti informativi e pieni di annunci commerciali e con redazioni fatte di giornalisti sempre meno tutelati e, dunque, meno liberi di svolgere senza condizionamenti il loro lavoro. E' la scure neoliberista - precariato, flessibilità, ricatti del capitale sul lavoro - che si abbatte anche sui giornalisti, categoria di ex privilegiati che ora paga anche per i suoi stessi errori storici...

Sull'informazione Nonluoghi si impegnerà con un dossier nei prossimi mesi.

(2 marzo 2000)
 
 

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