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Il giudice Salvini: in Parlamento e a Palazzo di giustizia
è calato l'interesse sui misteri delle stragi italiane
 


  "Vi è stata una fase storica in cui si diceva che queste indagini non si potevano fare perché c'erano i servizi segreti deviati, perché il potere politico non voleva, perché polizia e carabinieri portavano le indagini dove volevano loro e così via. Questo è anche in parte vero. Però bisogna anche avere il coraggio di dire che in questi ultimi dieci anni la magistratura, anche quella che gode di maggior credito, non ha brillato in questo tipo di indagini. E anche il mio lavoro è stato a lungo ostacolato. Mi è parso chiaro dall'inizio degli anni Novanta che queste indagini non fossero più considerate "paganti". Ho indagato praticamente da solo, con l'eccezione dei colleghi di Brescia. E mentre il lavoro si ampliava, perché per la prima volta testimoni importanti cominciavano a collaborare sulla destra eversiva, mi venivano assegnati moltissimi altri processi. Tanto che correvo il rischio di perdere occasioni irripetibili. L'indagine sulle stragi era del tutto ignorata dai capi dell'ufficio. Insomma, ho avuto la netta sensazione che per qualcuno fosse preferibile lasciar morire l'indagine".
   Sono parole del giudice Guido Salvini, in un'intervista di Luciano Lanza per la rivista Libertaria (numero 1, novembre 1999) nella quale il magistrato ricostruisce le responsabilità materiali dell'estrema destra eversiva e militare, degli apparati dello stato (militari, servizi segreti), degli Stati Uniti (Cia e Nato) e del livello politico nazionale, in un quadro internazionale geopolitico nel quale l'Italia non poteva "svoltare" a sinistra.

   Il magistrato che dal 1989 al 1997 ha scavato nei misteri di piazza Fontana e degli altri attentati del '69, aggiunge nella stessa intervista: "Chi negli anni Settanta e Ottanta, insomma fino al caso Gladio, aveva un interesse, anche politicamente negoziabile, ad arrivare alla verità sulla strategia della tensione, si trova ora in una posizione politica diversa: non più all'opposizione, ma al governo. Forse anche per questo il coinvolgimento dei servizi segreti americani, di agenti della Nato negli attentati, ha suscitato pochissime reazioni della sinistra e dei suoi organi di stampa. Forse perché non c'è un guadagno politico per nessuno, né per la sinistra, né, come è ovvio, per la destra".
   Ora si apre un nuovo capitolo processuale - quattro neonazisti alla sbarra, Maggi, Zorzi, Rognoni e Digilio - che può consentire di fare luce ufficialmente sulle verità nascoste per decenni, ma politici e militari mancano all'appello della giustizia così come gli altri neofascisti (Freda e Ventura ma anche Delle Chiaie) assolti definitivamente in passato e non più processabili sulla scorta della nuova inchiesta che comunque li indica fra gli autori materiali degli attentati del 12 dicembre 1969 a Milano e a Roma. Un altro processo in corso riguarda altri attentati imputati a militanti di Ordine nuovo e del gruppo la Fenice di Milano.

    "La ricostruzione istruttoria - dice ancora il giudice Salvini a Libertaria - porta ad alcune conclusioni. La strategia degli attentati viene da vertici militari italiani, ispirati da settori del mondo politico. L'operatività a Milano e a Roma è di Ordine nuovo e Avanguardia nazionale, il sostegno viene dato dai servizi segreti italiani per sviare le indagini e portarle sugli anarchici. Infine, c'è il ruolo dei servizi delle basi Nato nell'organizzare e promuovere quegli attentati".
 

"Bombe e segreti": recensione del libro di Luciano Lanza  v@i

o La neonata rivista Libertaria dedica ampio spazio alle indagini sui misteri della strategia della tensione. Nel primo numero (novembre 1999) c'è tra l'altro una lunga e approfondita intervista al giudice Guido Salvini che viene presentato così dall'autore, Luciano Lanza:
"Con un'inchiesta condotta in quasi totale isolamento ha di fatto messo in discussione gli esiti di processi durati vent'anni: quelli legati agli attentati a Milano e a Roma del 12 dicembre 1969 e che hanno mandato assolti neonazisti come Franco Freda e Giovanni Ventura. 
E non quelli: ha individuato anche i responsabili, sempre gli stessi, degli attentati ai treni nell'estate 1969 e quelli di pochi mesi prima alla FIera campionaria e alla stazione Centrale di Milano. Tutti attentati per cui vennero inizialmente accusati gli anarchici".

Tra gli altri articoli di Libertaria sul tema, quello di Aldo Giannuli sulle ragioni del silenzio del Pci nonostante avesse informazioni preziose sugli scenari della strategia della tensione.

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