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I rom deportati dall'Italia, ridotti alla fame e aggrediti in Bosnia
L'appello dell'Ics: servono nuovi fondi per la sopravvivenza di questi profughi in pericolo
 


   L'ufficio ICS di Sarajevo, in contatto con i 54 cittadini rom deportati da Roma in Bosnia Erzegovina durante la notte fra il 6 e il 7 marzo scorso, lancia l'allarme per le loro gravi condizioni. 
 

  Un primo gruppo di 30 persone si trova a Kladanj, area montagnosa a 70 chilometri da Sarajevo. La maggioranza di essi (22 persone) è originario di Vlasenica, villaggio che dopo gli accordi di Dayton è stato incluso nel territorio della Republika Srpska. Kladanj rappresenta la municipalità di confine più vicina, ma ai rom non è permesso entrare a Vlasenica per vedere le loro case o per richiedere documenti di identità o passaporti. Chi ha tentato di avventurarsi nel proprio villaggio di origine è stato picchiato brutalmente dalla popolazione locale. 
 

  Con i fondi raccolti da ICS e dall'Arci di Roma si è potuto dare ai rom assistenza umanitaria per le prime due-tre settimane, ma adesso gli aiuti sono terminati e la situazione si fa critica. 

  Avendo speso tutti i loro risparmi in viveri per questo primo mese e mezzo, i rom sono stati cacciati dagli appartamenti che erano stati costretti ad affittare e dove vivevano stipati in 8-10 persone per stanza e sopravvivono solo grazie alla solidarietà della comunità rom locale. 

  Le autorità locali si dicono apertamente impossibilitate a garantire a queste persone una forma minima di assistenza, sebbene le loro condizioni siano evidentemente critiche: mancano le condizioni igieniche più elementari, non ci sono bagni e mancano luoghi per lavare i vestiti. L'assistenza medica è inaccessibile in quanto non gratuita, nonostante esistano già un paio di casi a rischio (fra i quali un bimbo di 2 mesi) e la situazione va rapidamente peggiorando.

  Un secondo gruppo di rom (24 persone) si trova temporaneamente a Ilidza (alla periferia di Sarajevo). Anche la condizione di queste persone è critica, particolarmente quella dei 12 membri della famiglia di Paso Sulejmanovic che vive senza cibo, abiti, acqua ed elettricità all'esterno della propria abitazione distrutta durante la guerra e occupata da un'altra famiglia rom. "Che cosa ne sarà di noi?" chiedono ogni giorno al nostro rappresentante a Sarajevo, sperando sempre in una telefonata dall'Italia che risolva la loro situazione. Altre tre famiglie vivono in un garage nelle vicinanze e non hanno alcuna illusione sul loro futuro: "è inumano essere deportati in Bosnia senza il minimo di garanzie ed assistenza".

  Ai rom non è possibile tornare al paese di origine e l'Italia continua a rappresentare il luogo dove tutti sognano il loro futuro.

   ICS rinnova l'appello di emergenza in favore dei 54 rom deportati in Bosnia Erzegovina: potete sostenere ICS inviando un contributo sul ccp 10234169, intestato a ICS, Via San Luca 15/11 - 16124 Genova.


o  Sulla sitazione del gruppo di rom espulsi il mese scorso dall'Italia ricedviamo e volentieri diffondiamo questa nota dell'Ics, Consorzio italiano di solidarietà.

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