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interviste

Perù, bambini lavoratori e sindacalisti di se stessi
Yessica e Alfredo girano il mondo portando una denuncia scomoda contro l'ipocrisia che
pretende di risolvere con proclami semplicistici la realtà del lavoro minorile nei paesi poveri
"Nessuno ci offre un'alternativa concreta, non siamo trattati come soggetti sociali pensanti..."
 

di STEFANO ISCHIA

  Yessica Margot Coronacion Palina, 11 anni, delegata di Lima, lavora in un laboratorio di bigliettini di auguri e altro

 Alfredo Quispe Fernandéz, 15 anni, delegato nazionale del Manthoc, operaio in una ferramenta

 Patricia Rivera Guerra, 29 anni, collaboratrice adulta del coordinamento di Lima del Manthoc 

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   I: Due parole per spiegare cosa è l’associazione Manthoc, il movimento dei bambini e adolescenti lavoratori.

   A: Il Manthoc prese il via nel 1976 per promuovere il protagonismo dei bambini e adolescenti lavoratori e ha decine di appartamenti in 27 località del Perù. Ci sono 5000 ragazzi lavoratori organizzati. Ma ci sono anche altre organizzazioni simili, con altre esperienze sostenute dal Manthoc e allora si raggiungono anche i 10 mila ragazzi. Nasce con una prospettiva di valorizzazione critica del lavoro infantile. Non per dire no. Al contrario, per dire sì al lavoro infantile ma in una condizione di dignità, con una salute buona, con alimentazione. Con una educazione realmente gratuita: scuole  dove si non esiga una divisa scolastica come te la richiedono nella scuola pubblica. Una scuola molto differente, alternativa, per i ragazzi lavoratori: che si adatti alla nostra realtà. Vogliamo un’assicurazione sociale di previdenza, non solo per i ragazzi lavoratori ma in generale per tutti anche per i nostri genitori lavoratori. Troppo facile dire no al lavoro minorile: il lavoro non è una causa della povertà ma una conseguenza. Se un ragazzo, un bambino, non lavora cade nella droga, si unisce a bande, si prostituisce. Non si può dire no e basta, senza dare alcuna alternativa. Ecco perché 25 anni fa è nato Manthoc e non per ragioni di assistenzialismo. 

   I: Chi ha fondato il Manthoc? Con che idea?

  A: Nasce su iniziativa dei giovani della Joc (Gioventù operaia cristiana), nasce con la preoccupazione dei bambini lavoratori di 20 anni fa, tempo di dittatura nel ’76, quando a causa del colpo di stato molte imprese licenziarono migliaia di lavoratori. Si decise di non farlo dirigere da adulti per favorire il protagonismo dei ragazzi e, ancora oggi, si basa sulla pedagogia di  noi stessi nel senso che noi stessi insegniamo ad altri ragazzi ed educhiamo gli adulti. In modo che noi apprendiamo qualcosa dagli adulti e gli adulti apprendono qualcosa da noi in una pedagogia mutua, orizzontale. 

   I: La tua vita, la tua occupazione professionale quali sono? Quali lavori hai svolto?

   A: Ho quindici anni. Vivo in Ayacucho 2700 metri sul livello del mare. La mia è una famiglia contadina che viveva in campagna. A causa della guerriglia siamo andati a vivere in città.  Adesso lavoro in una ferramenta. Iniziai, però, a lavorare, come molti nel mio Paese, per poter andare a scuola, per mangiare, per poterci educare, a 7 anni, vendendo borse al mercato, lustrando scarpe, nei ristoranti, facendo pane, vendendo verdure e frutta. In Perù più di due milioni e mezzo di bambini e adolescenti lavoratori lavorano per poter aiutare l’economia famigliare. Non perché i nostri genitori ci obbligano ma perché il nostro Paese sta passando una crisi economica e l’altro motivo è perché il lavoro fa parte della nostra cultura perché il lavoro non lo vediamo solo dal lato economico ma fa parte della nostra vita, ci valorizza, ci dà dignità. Se dà dignità alla persona adulta perché non può dare dignità a noi? Altrimenti il lavoro non avrebbe uno sviluppo all’interno di una società. 
   In Perù ci sono 25 milioni di abitanti di cui 11 sotto i 18 anni. Due milioni e mezzo sono i bambini o adolescenti lavoratori provengono dalle periferie e dalle favelas. Sono addetti al trasporto sui fiumi nelle aree amazzoniche, molti aiutano i genitori nei campi. Altri, invece, aiutano al mercato nelle forme più diverse: chi si alza alle 5 per pulire i polli, chi vende borse o frutta. Spesso dobbiamo inventarcela la merce da vendere: la crema da scarpe, gli spazzolini da denti, le bibite… Le bambine aiutano le mamme al mercato. E ancora: c’è chi vende i giornali, chi lustra le scarpe, chi vende il pane, chi fa il trasportatore, chi il bigliettaio nei combi (furgoncini adibiti al trasporto di persone ndr.). In situazioni difficili bisogna avere fantasia. Molti poi sono gli orfani e allora sono i fratelli maggiori che allevano i più piccoli. 

   I: Yessica, il tuo lavoro…

   Y: Vivo  Lima, lavoro in un laboratorio che realizza biglietti di auguri e simili ma a sei anni vendevo caramelle e lecca lecca, lavoravo sei, sette ore al giorno, andavo a scuola ma non riuscivo a fare i compiti né a giocare. Anche mio padre e mia madre lavorano ma quello che guadagnano non è sufficiente per la famiglia, nemmeno per l’educazione perché la scuola ti richiede molte cose soprattutto la divisa, molto cara, e per fare lo sport, l’educazione fisica, devi averne due di divise. Al Manthoc, invece, lavoro ma riesco anche a fare i compiti e a giocare come tutti i bambini. Manthoc ha aperto una scuola dove la divisa non conta, importa solo apprendere. Del resto che valore ha il vestito? Ne avrà molto di più la cultura no? Noi non siamo costretti a lavorare, noi vogliamo lavorare; lavorare ci fa crescere, ci dà dignità.

   I: Ma tu a scuola ci vai?

   Y: Sì. Tutti noi fratelli ci andiamo. Io faccio la sesta, sto terminando la scuola elementare e il prossimo anno vado alle medie. 

   I: Quindi vai a scuola e lavori.

   Y: Sì: scuola e lavoro. Ci sono due turni: uno alla mattina e uno al pomeriggio. Lavoro in laboratorio dalle 9 alle 14 e ho un mio orario. Ci sono quelli che lavorano la mattina e studiano al pomeriggio e quelli che lavorano il pomeriggio e studiano la mattina. 

   I: Come hai conosciuto il Manthoc? 

   Y: Grazie a un’amica di mia madre e pure mia. Io lavoravo e lavoravo, molte ore, da mattina presto fino al pomeriggio. Molto piccola a sfruttata, e la gente in Perù pensa quando ti vede a vendere caramelle: “Guarda la poverina” però non comperano. 

   A: Io l’ho conosciuto al tempo in cui facevo il lustrascarpe. Sono stato invitato da mio fratello, che era nell’organizzazione, e mi disse: “Guarda, faccio parte di un’organizzazione che non è composta da adulti, ma da bimbi e adolescenti lavoratori, figli di operai cristiani. A una riunione mi spiegarono che non era un’organizzazione assistenzialista o che ti forniva alimenti o generi vari ma, invece, era un movimento che ti insegnava a valorizzarti come persona e dove non erano gli adulti a insegnare ma gli stessi ragazzi, da ragazzo a ragazzo, come una sorta di evangelizzazione. Del resto teniamo Gesù come modello perché aiutava il padre falegname e in cucina la madre.

   I: Com’è organizzato il Manthoc?

   A: Di fatto da noi gli adulti aiutano soltanto, siamo noi che ne tiriamo le redini, che convochiamo le assemblee, che discutiamo gli argomenti, che protestiamo con il governo per ottenere un lavoro in condizioni più giuste. Noi vogliamo un lavoro dignitoso e che sia rispettato proprio in perché siamo lavoratori. In questo senso dobbiamo smetterla con il luogo comune per cui i ragazzi sono il futuro del mondo, noi non siamo il futuro noi siamo il presente! In Perù Manthoc e i bambini lavoratori sono in genere apprezzati dagli adulti perché sanno cosa vuol dire: ci sono passati anche loro. 

   Y: Siamo divisi in gruppi-laboratorio: chi fa braccialetti, chi si occupa del riciclaggio della carta chi a produrre maglierie. Il mio gruppo si chiama Franco Nats ed è composto da 22 ragazzi. Ci eleggiamo i delegati, i tesorieri ecc. I fondi di solidarietà del gruppo: ciascuno partecipa secondo le proprie disponibilità, servono per comperare il materiale scolastico oppure in caso di bisogno, se qualcun ad esempio si ammala. Siamo anche dei promotori di salute a catena, una specie di passaparola. Riflettiamo assieme sulle attività del gruppo, su questioni più vaste come il debito dei paesi come il Perù o sui diritti dei bambini. Ma stiamo assieme anche per giocare. I nostri gruppi sono delle microimprese.

    Al Manthoc si conoscono molti amici, con i quali si gioca volentieri, ci si può rilassare e nel contempo si lavora in laboratorio di cartoline e lettere di auguri con criteri rigorosi. A iniziare dal lavarsi bene le mani per non sporcare le cartoline e la carta, dalla regolarità e puntualità sul posto di lavoro. Su quest’ultimo aspetto, solo per fare un esempio, ci siamo organizzati all’interno del nostro gruppo di multare chi si presenta in ritardo oppure è assente. Manthoc non è un ente che offre servizi (scuola, mensa ecc.): la coscientizzazione porta all’organizzazione non è l’adesione all’organizzazione che ti dà i servizi. L’organizzazione, dà molta forza. Si impara la solidarietà e la collaborazione.

   I: Quanto guadagni?

Y: Trenta dollari al mese come minimo (un terzo circa del salario minimo ndr.) durante le vacanze lavoro di più e raggiungo anche i 100 dollari al mese. 

A: Io lavoro soprattutto durante le vacanze in gennaio febbraio e marzo, in questi tre mesi approfittiamo per lavorare al massimo. Lavoriamo tutto il giorno per poi comperare le divise per la scuola, i quaderni, acquisti per la famiglia. Il salario può superare i cento dollari. Quando vado a scuola mi alzo, preparo la colazione, frequento le lezioni, torno alle 1 e 30  cucino e alle 3.30 del pomeriggio vado al lavoro fino alle 7 o le 8 e alla sera studio. Lavoro, dunque, metà giornata e mi pagano sui 30 dollari al mese. In genere, a parità di lavoro, non ci sono differenze di salario tra adulto e bambino. 

   I: E’ sufficiente per il bilancio famigliare?

Y: Certo non ci comperiamo il cellulare! Con quello che guadagniamo diamo sostegno alla famiglia. Il salario, come utilizzarlo, lo decidiamo, comunque, noi ragazzi: sono soldi nostri. Posso anche metterli su un libretto al risparmio in Manthoc. 

   I: Quanti sono i ragazzi orfani tra voi?

P: A Lima sono un 200 su 1200.

   I: Cosa rivendicate nei confronti del governo?

A: Quanto alla salute, Manthoc ha protestato con il governo perché vuole che i ragazzi e i lavoratori possano godere della previdenza sociale in relazione al nostro lavoro, di un’assicurazione su malattie e infortunio. Il governo non ha accolto la nostra richiesta come assicurazione per tutti i minori lavoratori. Ha ceduto su un altro fronte: ha concesso un’assicurazione sociale gratuita agli studenti. Ma che ne è ai bambini e adolescenti lavoratori?  

   I: Il lavoro minorile è considerato illegale in Perù, come si concilia con le vostre richieste?

A: In Perù vige una legge, il Codice dei bambini e adolescenti: la minore età arriva fino a 12 anni. Solo a 12 avremmo diritto a lavorare. Ma il Codice non è adeguato alla nostra realtà. Cito un esempio emblematico e assurdo di questa contraddizione. Fino a 15 o 20 anni fa non c’erano bambini lavoratori di 4, 5 o 6 anni che vendevano caramelle o altro davanti al palazzo del governo alla plaza de Armas a Lima. Adesso, ogni giorno, ci sono bambini che lavorano davanti agli occhi del presidente.

   I: Quindi tutti i minori di 12 anni non hanno nessun diritto in quanto lavoratori, non dovrebbero semplicemente lavorare.

A: No nessun diritto. Ma che fare se un padre porta a casa soltanto l’equivalente di 100 dollari al mese quando il fabbisogno della famiglia è magari del doppio se non peggio?

   I: Il governo peruviano in questo modo se ne lava le mani, si disinteressa di quello che succede in realtà, cioè dei bambini sotto i 12 anni che lavorano...

A: Si disinteressa. I governi internazionali o altre organizzazioni che sono contro il lavoro si sono dati una legge per estirpare i lavoro minorile, ma quando  eliminano o tentiamo di eliminare tra i ragazzi lavoratori, cioè tra di noi, delle occupazioni, si tratta solo di quelle molto, molto pericolose come il lavoro in miniera, la ricerca dell’oro o la prostituzione. Così facendo generalizzano: associano il lavoro minorile all’immagine a queste occupazioni a rischio per cui sembra che tutti i lavori siano cattivi. Non offrono assolutamente un’alternativa! Manthoc da quando è nato propone alternative di lavoro: lavorare 4 ore al giorno, in un laboratorio, in un panificio o dove si voglia; le restanti ore rimangono per la scuola o per poter giocare come tutti i bambini. Insomma, è importante avere un orario di lavoro nella settimana. 

   P: Ciò significa valorizzare il lavoro come cultura. Qui non consideriamo soltanto il lavoro del bambino in strada ma anche in casa o in campagna e l’obiettivo-principio è il riconoscimento come soggetto sociale. Da dieci anni il nostro movimento propugna questa causa. Dopo la convenzione internazionale dei diritti del bambino dell’Onu è stata adottata in Perù il Codice dei bambini e degli adolescenti. Manthoc assieme all’organizzazione nazionale dei ragazzi lavoratori Mnnatsop (Il movimento nazionale bambini e adolesecenti lavoratori formato da 30 organizzazioni) partecipò alla fase di discussione e in quella sede si giunse al limite dei 12 anni. Da lì si iniziò a battagliare per la proposta dell’assicurazione sociale con azioni di protesta dei bambini. 

   I:Allora possiamo dire che Mantrhoc è una specie di sindacato?

P: Sì. 

   I : Obiettivi raggiunti?

P: Uno tra tanti, l’assicurazione scolare gratuita. 

   I: Anche l’Organizzazione internazionale del lavoro  condanna il lavoro minorile fino ai 14 anni, sembra non esserci via d’uscita. C’è pure chi boicotta i prodotti fatti dai ragazzi.

A: Molte organizzazioni internazionali, come già detto, hanno generalizzato sul lavoro infantile oppure hanno proposto ai ragazzi: “Ti do i tuoi 200 dollari, smetti di lavorare”. Ma non funziona. Sui boicottaggi so che in Europa c’è chi non compera generi prodotti con lavoro minorile, il caso della Nike, ma non viene offerta in cambio nessuna alternativa o soluzione. Nessuna via d’uscita. Sradicare il lavoro minorile è la prima preoccupazione ma anche l’unica.  Noi del Manthoc vogliamo essere invece considerati come persone, non come oggetti. Non vogliamo aspettare che della gente adulta ci dica: ”prendi i tuoi soldi ma non lavorare”. Siamo soggetti sociali non oggetti.  Siamo capaci di pensare, siamo capaci di analizzare perché siamo coscienti di ciò che stiamo vivendo. 

   I: Ma le centinaia di migliaia di bambini e ragazzi lavoratori che non fanno parte di Manthoc hanno la medesima coscienza che avete voi rispetto alla realtà socioeconomica del vostro paese?

    P: Se chiedi a qualsiasi ragazzo che non sia del Manthoc se gli piace il lavoro e perché lavora ti risponderà negli stessi termini. La situazione in Perù è difficile, i bambini e ragazzi conoscono i loro diritti e i loro doveri, è difficile per via della dittatura. Ma tutte le organizzazioni sono attive per proporre e attuare il cambiamento.

   I: Voi approfondite anche la situazione economica internazionale.

A. Solo un esempio, Manthoc ha partecipato alla raccolta di firme della Jubilee 2000 per l’abbattimento del debito estero dei paesi come il nostro perché il nostro presidente (Fujimori appena rieletto ndr.) vuole dare all’estero l’immagine di un eccellentissimo paese medio dove gli insegnanti guadagnano bene, dove c’è occupazione, dove gli stranieri possono investire senza rischio, dove l’economia del paese va a gonfie vele e che il debito con l’estero verrà ripianato. Ma se vivi  in Perù  sperimenti sulla tua pelle la durezza della realtà.


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Mentre gli organismi internazionali, Organizzazione internazionale del lavoro in testa, predicano l’abolizione del lavoro minorile nelle sue forme peggiori (vedasi la convenzione n.182 dello scorso anno) proponendo di fatto un punto di vista occidentale, due ragazzini, una graziosa e disinvolta bimba di undici anni e un adolescente di quindici, rappresentanti di una sorta di combattivo sindacato peruviano, stanno rivendicando in assemblee e pubblici dibattiti di mezza Italia (invitati dall’ong Mlal, Movimento laici America latina di Verona) il loro diritto a lavorare: a un lavoro dignitoso; pagato il giusto; possibilmente assicurato; rispettoso dei diritti dei lavoratori, ancorché minorenni, compreso il diritto alla salute, allo studio, allo svago, al gioco. Soprattutto, però, il diritto a lavorare.
Yessica Margot Coronacion Palian e Alfredo Quispe Fernandéz  fanno parte del Manthoc, un’organizzazione a metà tra sindacato e cooperativa, fatto e gestito dai minorenni stessi che riunisce in Perù circa 5000 bambini e ragazzi lavoratori dai 7 ai 17 anni. Nella loro semplicità e chiarezza sono un’opinione in controtendenza, una contraddizione per la visione forse semplicistica che si ha in Occidente sulla tematica del lavoro minorile. Lo sono sia per i settori istituzionali che si occupano di politica ed economia internazionale, che per i sindacati italiani (si ricorderà la presa di posizione della Cgil nei confronti del lavoro nel sudest asiatico). Sono, senz’altro anche uno stimolo al dibattito all’interno delle stesse organizzazioni non governative, del mondo del commercio equo e della critica economica del modello neoliberistico. 
Sono una contraddizione anche in virtù del fatto che Yessica e Alfredo sono in un certo senso rappresentativi dei due milioni e mezzo di bambini e adolescenti lavoratori in Perù. La loro lotta per il diritto a lavorare obbliga a ripensare se non proprio a liberarsi di pre-giudizi di pre-comprensioni occidentali che, in genere, tendono ad accreditare acriticamente, come soluzione ottimale al dramma-problema del lavoro minorile, la pura e semplice estirpazione del lavoro minorile stesso. Quasi fosse un toccasana. Quasi, il lavoro dei bambini, fosse la causa e non la conseguenza della povertà e della miseria. Senza analizzare con sufficiente spessore il tessuto sociale, l’economia informale, l’economia familiare di sopravvivenza di milioni di famiglie. 
Del resto è comodo per l’Occidente, una volta di più, far ricadere sui poveri la colpa di essere poveri. Quasi non fosse il sistema economico imposto ovunque dallo stesso Nord ricco, (si veda il recente Agoa, o Nafta for Africa, in cui si ripropongono spizzichi di Mai, il famigerato accordo multilaterale sugli investimenti) la vera causa all’origine del fenomeno. Quasi che il neoliberismo economico non fosse esso stesso all’origine della povertà e, quindi, del lavoro minorile. In altre parole, una volta ancora, pare si voglia far passare subdolamente l’opinione che si debba mettere sotto accusa i poveri perché fanno lavorare i loro figli piuttosto che puntare il dito là dove effettivamente si annida la strategia dello sfruttamento strutturale. E i due ragazzi, nemmeno tanto velatamente, lo fanno intendere.  
Yessica e Alfredo chiedono di essere ascoltati in quanto persone e lavoratori di fatto. Adesso. Loro non sono “il futuro” di questo mondo, e lo dicono a chiare lettere, ma del mondo sono il “presente”. Impossibile, dunque, chiudere gli occhi di fronte alla loro presenza, alla loro presenza su questa terra come lavoratori e come lavoratori che rivendicano diritti.  
Le loro istanze sono un punto di vista dal basso anche per quanti lavorano nel commercio equo e solidale sempre così attento a relazionarsi in termini di correttezza e rispetto della vita e del lavoro dei produttori. Lo è tanto più ora momento di profonda riflessione dopo la sospensione del progetto dei palloni in Pakistan.

- MANTHOC

Il Manthoc è uno degli organismi peruviani più rappresentativi della realtà dei bambini lavoratori. E’ stato fondato nel 1976, nella parte sud di Lima come reazione  ad un stato di cose iniquo che vedeva  bambini  e adolescenti lavorare duramente in una situazione impensabile per gli europei.  In America Latina è il primo movimento del genere. E’ presente in 10 regioni e in 27 città del Perù. In totale riunisce 5000 ragazzi e bambini, dai 7 ai 17 anni, organizzati, che difendono il lavoro infantile, il diritto a un’occupazione dignitosa che lasci tempo anche alla scuola, al divertimento e che consenta una buona alimentazione e l’accesso alla sanità. Ma non è tutto qui, esiste una rete organizzativa di una trentina di organizzazioni, nate in Perù sulla falsariga di Manthoc, che raggruppano altri 5000 minori. Manthoc offre ai ragazzi una scuola e un’educazione alternativa a quella statale, radicata nella quotidianità della realtà; ha una mensa interna; non ha alloggi, a sera i ragazzi tornano nelle loro famiglie. 
La finalità del Manthoc era ed è quella di migliorare le condizioni di vita dei ragazzi e bambini lavoratori offrendo un’esperienza “organizzativa” che permetta al bambino di prendere gradualmente coscienza della sua condizione, attraverso un percorso di formazione e di riflessione  dove è costante la presenza di  adulti attenti e sensibili. 
 

- Il PERU’

Popolazione attuale: 25 milioni circa distribuita su un territorio di un milione e 285 mila chilometri quadrati. Circa 17 milioni vivono in una situazione di miseria, il doppio di vent’anni fa.  400 mila bambini tra i 6 e gli 11 anni secondo un rapporto Unicef non frequentano una scuola perché non ne hanno la possibilità
 

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(21 agosto 2000)
 
 
 
 

 

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