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interviste

La nonviolenza in marcia. Per ribadire alcuni concetti
Mao Valpiana: c'è bisogno di fare chiarezza anche all'interno dell'arcipelago pacifista
"Dopo i bombardamenti umanitari una Perugia-Assisi per dire no a guerre ed eserciti"
 


  Come nasce l’iniziativa della Marcia per la nonviolenza?

Viene dal Movimento nonviolento e dal Mir (Movimento internazionale per la riconciliazione), che hanno accolto l’invito di Pietro Pinna, un obiettore di coscienza “storico”, per una marcia nonviolenta per mettere qualche parola chiara in luce e tentare da alcuni equivoci sulla nonviolenza. Per affermare, cioè, che la nonviolenza non può tollerare per nessuna ragione qualsiasi tipo di guerra. Per questo lo slogan della marcia è “Mai più eserciti, mai più guerre”. Non basta un generico no alla guerra, bisogna essere chiari anche sul rifiuto degli strumenti che la rendono possibile. Dunque, va riaffermata anche la lotta per l’abolizione dell’esercito. Lo scorso anno si era arrivati addirittura a parlare di guerra umanitaria, di guerra per la difesa dei diritti umani: questo ha creato confusione e sconcerto in gran parte del movimento pacifista e da qui la necessità di una parola chiara”.

   - Quindi, sottolineando il significato della nonviolenza paragonato a quello più generico che si è dato alla parola pace, si vuole fare riferimento alle incomprensioni nate lo scorso anno quando esponenti di forze politiche e del governo che avevano appoggiato la guerra per il Kosovo erano poi nelle prime file della Marcia Perugina Assisi…

   Questo dimostra che se si resta nell’ambiguità dei pacifisti relativi, può anche succedere che chi è stato fra i responsabili politici principali dei bombardamenti possa darsi il titolo di pacifista e partecipare a una marcia per la pace. Questo è un equivoco dovuto a una mancata riflessione sulla nonviolenza e basta, quella che dice comunque no alla guerra. Non vogliamo fare una marcia in contrapposizione a iniziative precedenti, che comunque hanno contribuito alla diffusione del movimento pacifista; vogliamo fare una iniziativa straordinaria nell’anno dedicato dall’Onu alla cultura della pace, nell’anno del Giubileo. La Marcia nella data cade del 24 settembre che è lo stesso giorno in cui Aldo Capitini, nel 1961, fece la prima marcia per la pace Perugina-Assisi. Quindi, voglio tornare in quei luoghi carichi di significati, che sono i luoghi di Capitini ma che sono soprattutto i luoghi di Francesco d’Assisi che è una figura emblematica anche per chiarezza e radicalità del suo messaggio nonviolento.

    - Però nell’associazionismo pacifista c’è qualche defezione in vista del 24 settembre…

Sì e questo fa una certa chiarezza. Noi non vogliamo una marcia di massa o un confronto numerico con altre iniziative. La nostra è una marcia, per esempio, dice una parola chiara sul disarmo unilaterale e sappiamo che in Italia non tutti condividono questa opzione. Quindi se questa fosse una marcia dei cento-duecentomila probabilmente avrebbe fallito, perché non tutti i partecipanti avrebbero condiviso questa scelta radicale. Questa è una marcia rivolta a chi ha aderito a una scelta di nonviolenza totale. Questo non per dividere fra buoni e cattivi, duri e meno puri. Ma perché riteniamo che proprio a partire da una consapevolezza sul no alla guerra, sulla necessità del disarmo nucleare, sulla ricerca di soluzioni nonviolente dei conflitti, potrà venire anche un contributo più generale e più ampio all’intero movimento pacifista. C’è bisogno di questo confronto. E’ più una marcia di riflessione che di slogan. Si può discutere marciando, meno bandiere e più parole. Una marcia che chiami alla riflessione e soprattutto all’impegno personale chi vi partecipa.

   - Questo servirà, insomma, a capire chi ci sta e chi non ci sta sugli obiettivi di fondo dell’opzione nonviolenta…

Finora abbiamo avuto molte adesioni significative, come Emmaus Italia, Emergenzy, la campagna chiama l’Africa, padre Angelo Lavagna del Gavci, quella di padre Alex Zanotelli che concluderà la marcia con una sua riflessione a Santa Maria degli Angeli.

   - Mancano alcuni gruppi che tuttavia l’anno scorso erano molto attivi contro la guerra…

Sì e questo fa riflettere. Soprattutto colpiscono le mancate adesioni di Pax Christi e di Beati i costruttori di pace, che ci hanno sorpreso proprio perché questa iniziativa è rivolta a tutti. Va detto fra l’altro che molti gruppi locali di Pax Christi hanno preso le distanze dalla decisione centrale e hanno aderito singolarmente alla Marcia comprendendone il significato profondo che è riprendere un po’ di fiducia. Iniziative che possono apparire provocatorie, ma non lo sono, possono servire a riprendere un cammino. Non per fare paragoni impropri, ma anche Gandhi prendeva iniziative “provocaotorie” per riprendere un discorso partendo da un punto di verità. Questa è una marcia che vuole in qualche modo affermare una verità: che nulla può giustificare un intervento di guerra; che le guerre vengono fatte perché le rendono possibili gli eserciti.

    - Si capisce che la marcia è anche un tentativo di capire quali risorse si hanno a disposizione nell’eventualità di emergenze, come fu la guerra lo scorso anno, che mettono a nudo la qualità delle adesioni e mandano in frantumi quelle “facili” date in momenti di “rilassamento”. 
   Ecco, a proposito del che fare di fronte al conflitto c’è la strada dei corpi civili di pace come via nonviolenta alla soluzione dei conflitti…

La Marcia vuole essere anche un inizio sul che fare e prevede anche delle tappe di riflessione. Una di queste sarà dedicata alle guerre oggi, Cecenia, Kosovo, Irak eccetera; una su che cosa succede in Italia con il nuovo modello di difesa e l’abolizione della leva; la terza sulle alternative nonviolente con la proposta del corpo civile europeo di pace, che fu proposto da Alexander Langer; cioè affidare anche dal punto di vista professionale a una realtà internazionale i problemi della prevenzione dei conflitti ed eventualmente della ricostruzione dopo le guerre. Non può essere che siano sempre gli eserciti superpagati e superprofessionalizzati a intervenire in operazioni di peacekeeping dopo i conflitti o che addirittura intervengono facendo il conflitto. Ci sono delle fasi che possono essere adeguatamente svolte solo da istituzioni di corpi civili preparati per svolgere questi compiti. L’idea di Langer ha fatto molti passi avanti e siamo ora al punto che la commissione è incaricata dal Parlamento europeo  di mettere a punto un progetto esecutivo.

   - Alla vigilia dell’intervento Nato in ex Jugoslavia che cosa avrebbe potuto fare la scelta nonviolenta e soprattutto quanto sarebbe stata determinante la scelta di tempo, considerato che la sensazione era che a quel punto si fosse comunque in ritardo con qualunque opzione?

Certo, quando le cose sono precipitate purtroppo non c’era più niente da fare. Però, prima, c’erano stati dieci anni di tempo, dieci anni di resistenza nonviolenta in Kosovo guidata da Ibrahim Rugosa ed era in quell’arco temporale che i corpi civili di pace avrebbero dovuto intervenire come lo stesso Rugosa aveva più volte chiesto anche al Parlamento europeo. I corpi civili avrebbero potuto intervenire per la difesa dei diritti umani, per avviare un processo democratico, per il riconoscimento politico del governo parallelo del Kosovo.

    Oggi in Kosovo continuano le violenze. C’è anche una pulizia etnica di segno opposto. C’è il rischio Montenegro… Il mondo nonviolento che cosa sta facendo con i corpi di pace?

Numerosi gruppi stanno intervenendo, si tratta di un’azione che viene dal basso, dalla società civile ma manca un riconoscimento internazionale. Gli obiettori italiani dell’associazione papa Giovanni XXIII, quelli spagnoli e altri stanno intervenendo da tempo ma a titolo del tutto privato e personale. Il corpo civile di pace significherebbe, invece, dare riconoscimento ufficiale e adeguato sostegno istituzionale all’iniziativa. In particolare nel processo di ricostruzione democratica, con la necessità di tutela dei diritti umani e civili delle varie etnie, è fondamentale il ruolo delle istituzioni civili. I volontari civili oggi svolgono un’azione di vigilanza e di tutela, però, sono abbandonati a se stessi e spasso si scontrano anche con la diffidenza delle forze militari. Invece, in una prima fase, sarebbe utile anche una sinergia fra civili e militari.

    - Essere nonviolenti durante la guerra “umanitaria” esponeva alle critiche di chi sbandierava il valore dell’intervento in difesa delle vite minacciate. Poi, vista la recrudescenza della repressione durante i bombardamenti, e vista la situazione di tensione e di violenze a tutto campo che c’è oggi, predicare la nonviolenza è forse meno difficile…

Sì, si è visto ancora una volta che le guerre di questi ultimi anni non hanno schiodato di un millimetro i problemi. In Irak Saddam Hussein è ancora lì dieci anni dopo; in Serbia Milosevic continua indisturbato con la sua dittatura e la sua pulizia etnica. Queste guerre hanno lasciato dietro di sé situazioni altrettanto pericolose di quelle precedenti. Non è possibile difendere i diritti umani con strumenti che sono incompatibili con i diritti umani, come le bombe.Bisogna dire la verità, cioè che la guerra non porta la pace.

   - Che cosa dire della prevista abolizione della leva obbligatoria in Italia?

L’abolizione in sé è una cosa giusta, sparisce una schiavitù contro la quale esiste una campagna dall’800 – guidata da Tolstoj. Diventa un problema se questo, come in Italia e altrove, questa abolizione significa l’avvio di un nuovo modello di difesa. E’ un cambio strategico, una nuova concezione della guerra. Per questo ci opponiamo al nuovo modello professionalizzato di difesa,tanto più che questo coincide con l’affossamento di un’esperienza utile e per molti versi straordinaria che è stato il servizio civile, che oggi non è più finanziato, non è più valorizzato: si vuole buttare il bimbo con l’acqua sporca. Come nonviolenti, in questo quadro, proponiamo un progetto nazionale per un servizio civile volontario.
 
 


o
Il 24 settembre appuntamento per tutti i nonviolenti con la marcia Perugia-Assisi. 
Si tratta di un’iniziativa con la quale la gran parte del movimento pacifista vuole fare chiarezza sulle posizioni delle varie componenti dopo quanto accaduto l’anno scorso all’indomani della Marcia per la pace in cui sfilarono, tra gli altri, alcuni dei politici che diedero il via libera alla guerra per il Kosovo, in prima fila l’allora presidente del consiglio D’Alema. La Marcia per la nonviolenza ha creatoi qualche imbarazzo ad alcune delle associazioni dell’arcipelago pacifista che temono fratture e non intendono entrare in rotta di collisione con
la Tavola
per la pace, l’organizzazione ombrello che negli ultimi anni ha promosso la marcia, compresa quella contestata del 1999.
Di tutto questo abbiamo parlato con Mao Valpiana, direttore della rivista Azione nonviolenta e tra i responsabili della Marcia del 24 settembre.


LE ADESIONI
(elenco aggiornato
al 18 luglio)

Agenzia per la Pace - Chiavenna
Agenzia Stampa per i Consumi Etici e Alternativi - Milano
Alternative Europa -
Roma
Altro Polo - Sinistra
Verde - Genova
Amici di Emmaus - Piadena
Associazione Una Montagna di Aiuti - Reggio Emilia
Associazione "Amici di Aldo Capitini" - Perugia
Associazione Culturale Teatro Utopia - Cagliari
Associazione Equo Mondo - Sassari
Associazione Italia-Nicaragua - Tuscania VT
Associazione Obiettori Nonviolenti - Bergamo
Associazione per la Pace - Roma
Associazione Resistenza e Pace - Reggio Emilia
Campagna Kossovo per la nonviolenza e la riconciliazione -
Grottaglie TA
Casa Nonviolenza "Il grido dei poveri" - 
S.Ferdinando di Puglia
Casa per la Pace di Vicenza - Vicenza
Centro Aldo Capitini in Livorno - Livorno
Centro Documentazione Manifesto Pacifista Internazionale - Bologna
Centro di Ricerca per la Pace - Viterbo
Centro Studi Americanisti "Circolo Amerindiano" - Perugia
Centro Studi Difesa Civile - Roma
Cerchiamo la Pace - Associazione Volontariato Internazionale - Torino
Chiama l'Africa - Roma
Cooperativa Il Seme - Bergamo
Coordinamento per la Pace - Mantova
Donne in Nero - Roma
Eco Istituto "Alex Langer" - Mestre (VE)
Emergency - Life Support for Civilian War Victims - Milano
Emmaus Italia - Firenze
Fondazione Aldo Capitini - Perugia
Gruppo Autonomo di Volontariato Civile in Italia - Bologna
Gruppo Laico Missionario - Reggio Emilia
Il Castello - Acerra
Lega Anti Vivisezione - Roma
Lega Disarmo Unilaterale - Viareggio
Lega Obiettori di Coscienza - Milano
MAG 6 - Reggio Emilia
Missione Oggi - Brescia
Movimento Laici America Latina - Verona
Nigrizia - Verona
Peacelink - telematica 
per la pace - Taranto
"Punti Pace" di Pax Christi - Ferrara 
e Reggio Emilia
Rete Lilliput -
Reggio Emilia
Rete Radiè Resch - Pisa
Stop War - Catania
VIDES - Roma
Volontariato Internazionale per lo Sviluppo - Roma

(22 luglio 2000)

Nonviolenza
globale
di Beppe Sini

I corpi civili
di pace

Il dossier
Kosovo
 
 
 
 
 

 

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