ii libri

Genocidi di stato, la lunga catena della violenza
Yves Ternon: dal genocidio degli armeni, all’olocausto, ai gulag fino ai drammi di oggi
 

   di MARTITA FARDIN

   Una visita guidata al museo degli orrori è questo libro di Yves Ternon, intitolato “Lo Stato criminale”. In primo piano balza il termine genocidio che fa da filo conduttore al lavoro. Uno stato criminale programma infatti in modo lucido, calcolato e freddo la distruzione di un gruppo nazionale o etnia che è di intralcio alla sua politica. Il termine genocidio è piuttosto recente, risale al 1944 e venne coniato da Raphael Lemkin, docente di diritto internazionale all’Università di Yale; mentre i massacri collettivi sono connaturati con la storia del genere umano. 
   E questo lo spiega bene l’autore fin dall’inizio dell’opera. Con taglio analitico e rigoroso da scienziato, Ternon, passa in  rassegna, operando una vera e propria tassonomia, i maggiori genocidi che hanno macchiato il ventesimo secolo. Lo stile freddo e asettico rende ancora più incisiva la materia trattata. Niente è più efficace che riportare cifre e numeri e distaccati commenti di questi drammi collettivi; ne accentua la ferocia. Forse quello che può assurgere ad esempio come primo caso di genocidio è sicuramente quello perpetrato dallo stato turco. Il quale approfittando della prima guerra mondiale distrusse da un milione ad un milione e mezzo di armeni che lì risiedevano.

Gli ebrei e gli zingari

 
   Ma il genocidio più conosciuto e studiato è quello degli  ebrei: persecuzioni razziali ed olocausto, circa sei milioni di individui sterminati per opera della follia nazista, di uno stato che poneva come capisaldi della propria politica i valori della pulizia etnica e razziale spinti al parossismo. Accanto al popolo ebraico venne sterminato anche mezzo milione di zingari. Tutto avvenne sotto l’occhio sonnecchiante di un Occidente che non vedeva (o preferiva non vedere?). Nel caso della Germania nazista siamo di fronte ad un uno stato criminale, un’organizzazione statale cioè che ha pianificato con logica crudele l’annientamento fisico di un gruppo etnico.
   Si potrebbe allora affermare, in base alle considerazioni dell’autore, che totalitarismo e strategie votate al genocidio vadano a braccetto. E i vari casi analizzati avvalorano tale tesi. Che dire allora della Cambogia? Della politica folle e utopica attuata dai Khmer rossi? Essi in nome di un marxismo deformato  si accanirono tra il 1975 e il 1979 contro i gruppi etnici e religiosi e gli individui “non recuperabili” in seno al gruppo nazionale: gli imperialisti stranieri, i feudatari del vecchio regime, la borghesia possidente vennero deportati in foreste umide in condizioni disumane, costretti a morire di fame o di malaria. Ma c’è di più. La purificazione etnica si tradusse  pure nella soppressione delle minoranze. I Cham, o Khmer islam, furono doppiamente condannati dall’appartenenza alla loro etnia e alla loro religione. Si calcola che uno o due milioni di cambogiani su sei o sette siano crepati nel periodo in cui i Khmer rossi furono al potere. Ma l’Onu non ha mai sollevato l’ipotesi di genocidio a proposito dei Khmer rossi: il seggio dei Khmer rossi all’Onu è conservato con una maggioranza dei membri dell’assemblea dal 1982.

Le pulizie etniche dell'Unione sovietica

   La storia dell’ex Unione sovietica è poi costellata da una catena di violenze; contro i kulaki, restii all’industrializzazione forzata voluta da Stalin, ma anche contro gli stessi membri del partito, una volta che il dittatore si deciderà ad una rapida e sommaria esecuzione dei quadri dirigenziali. In questo caso, nonostante il gruppo delle vittime sia stato considerevole, secondo l’autore, non è corretto usare il termine genocidio, in quanto l’azione repressiva e l’uccisione non erano indirizzate verso un gruppo nazionale specifico, ma indistintamente verso tutti coloro che avevano il peso del sospetto sulle spalle. L’equivalente di una condanna a morte. Questo non vale per il caso dell’Ucraina, dove lo stato sovietico provocò una carestia artificiale per ridurre la gente all’impotenza e stroncare ogni anelito d’indipendenza nazionalistica. Ci sono poi – spiega Ternon – tanti stermini collettivi promossi dagli stati. Per questo sarebbe più corretto parlare di politica genocidaria, più che di genocidio: sono i dossier asiatici e quelli africani. 

I massacri in Ruanda

   In Africa, da segnalare il caso del Ruanda dove, nel caos politico, i ribelli tutsi massacrano i contadini hutu. Si scatenerà così una spirale di violenti scontri etnici che apriranno agghiaccianti scenari di cadaveri ammassati nelle fosse comuni. In Asia – o più precisamente nel sud-est asiatico – esemplare il caso della Birmania, stato non soltanto criminale per l’annientamento delle minoranze musulmane, ma anche delinquente: si regge sul commercio dell’oppio e svende alla vicina Thailandia materiale umano di giovane età: bambini, bambine e giovani donne destinate all’industria del sesso tailandese. Le prostitute birmane sieropositive, mandate di ritorno, vengono uccise in modo spiccio alla frontiera o fatte sparire nel nulla.
   Nonostante questo, la giunta militare di Mynmar occupa un seggio all’Onu, ha relazioni politiche con la maggior parte delle nazioni industrializzate e cosiddette civili e democratiche del mondo. Una compagnia francese è in procinto, o probabilmente ha già iniziato, a sfruttare un giacimento di gas birmano. Solo una pressione internazionale potrebbe porre fine a questa situazione. Ma come commenta l’autore di questo saggio: “La difesa delle minoranze e dell’autodeterminazione dei popoli ha senso per le grandi potenze quando ci sono interessi di natura economica in ballo”. Altrimenti è meglio chiudere gli occhi. 


o Questo libro
“Lo stato criminale” (Corbaccio, pp 426,45.000 lire) venne dato alle stampe due anni fa. Nel frattempo altre guerre, Kosovo, Timor est, Cecenia e Daghestan e l’elenco potrebbe continuare, hanno insanguinato e insanguinano la faccia del pianeta.
Stermini collettivi vengono perpetrati di giorno in giorno. La Birmania non è cambiata. In Kosovo è un casino, la Cecenia è ridotta allo spettro di se stessa.
 Il mondo non è cambiato. Ogni anno miliardi vengono spesi per mantenere in vita eserciti ed arsenali nucleari. Gli esseri umani vengono addestrati alla cultura della morte, spacciata per difesa contro l’aggressore. I motivi umanitari servono da paravento per coprire affari che portano nelle tasche delle multinazionali o dei poteri forti fiumi di petroldollari, narcodollari. Questo è quello che conta. Il novecento è stato definito il secolo dei massa-
cri. Non sembra che le prospettive per il duemila siano migliori. Come diceva Hobbes “homo homini lupus”, ma questo nello stato di natura. Nella civiltà la prospettiva, secondo il filosofo, mutava. Invece, a quanto pare, siamo rimasti ancora allo stato ferino se non peggio. Gli animali agiscono per istinto quando uccidono, gli uomini, i poteri, gli stati quasi sempre per calcolo.
(m. f.)
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