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Dalla nuova energia alla società nuova...
Per l'autogestione sociale, fonti energetiche rinnovabili e non inquinanti
 

di MAURIZIO ZICANU

  Le polemiche sul protocollo di Kyoto e i nuovi progetti energetici statunitensi, assieme all'ormai ciclico ondeggiare del prezzo del petrolio, hanno riportato d'attualità la questione energetica. E, come sempre quando si parla di crisi in campo energetico, si è ritornati a parlare di nucleare come l'unica soluzione realistica al problema. 

           Ma quale futuro ci attende? Secondo alcune stime nel prossimo ventennio il vero problema in campo energetico sarà il surplus petrolifero e il conseguente ribasso dei prezzi. Altri studi sostengono esattamente il contrario: la produzione di petrolio arriverà al suo culmine nel prossimo decennio per poi iniziare a contrarsi causando scarsità locali e forti aumenti del prezzo dei carburanti. In realtà si tratta di un falso problema visto che la vera questione è quanto del biossido di carbonio prodotto dai combustibili fossili (petrolio, gas e  carbone) possa ancora venire assorbito dall'atmosfera prima che avvengano gravi catastrofi climatiche. Anche ammesso che nel prossimo futuro non ci sia scarsità di petrolio la diminuzione del suo uso, come di quello di gas e carbone, non sarà una scelta ma una necessità.

          La falsa alternativa nucleare 

           Il nucleare è in crisi. Negli anni '90 l'aumento della capacità globale degli impianti nucleari è salita appena del 4,7%, ben poca cosa rispetto al +140% degli anni '80. A livello mondiale il nucleare aveva un potenzialità di 16 gigawatt nel 1970, divenute 135 nel 1980 e 328 nel 1990, ma nel 1995 tale potenzialità era di 340 gigawatt divenuti 343 nel 1998. L'opposizione popolare dopo il disastro di Chernobyl e l'aumento dei costi hanno messo il nucleare alle corde. Alla fine del 1999 erano operativi nel mondo 431 reattori, uno in più del 1993. Attualmente nel nord America non è in costruzione un solo reattore, mentre neppure in Europa sono previsti nuovi
 progetti. Il 40% della capacità nucleare USA è a rischio di chiusura definitiva a causa degli alti costi e prima dell'impennata di Bush il Dipartimento dell'energia statunitense prevedeva che il 31% della capacità nucleare del paese sarebbe stata smantellata entro il 2015.
           Anche in Francia, il paese europeo più filonucleare, il governo Jospin ha confermato la moratoria su nuovi impianti fino al 2002. La Svezia ha chiuso una centrale nel 1999 e un'altra sarà chiusa quest'anno, la Gran Bretagna ne chiuderà una nel 2002 e l'Olanda uscirà dal nucleare nel 2003 quando verrà staccata la spina al suo ultimo impianto funzionante. È noto che pur fra mille contraddizioni anche il
governo tedesco sta portando avanti il progetto per chiudere le sue centrali nucleari. Nell'Europa dell'Est sono nove le centrali nucleari che verranno chiuse entro il 2005. Qualche progetto di impianto nucleare resiste solo nei paesi del terzo mondo (Cina, India e Corea del sud soprattutto). "L'energia nucleare è cara - ha dichiarato il professor Jerry Taylor dell'ultra conservatore Cato Institute, in una intervista pubblicata da "Il Sole-24 ore" del 18 maggio - e infatti l'elettricità prodotta dalle centrali nucleari costa il doppio di quella prodotta dalle centrali a carbone o gas. I sussidi e gli incentivi non possono rendere competitiva un'industria che no lo è". E questo senza contare gli enormi rischi ambientali provocati dal nucleare: dai percoli di incidenti disastrosi (nel 1999 è scoppiato un impianto per la produzione di combustibile nucleare in Giappone), ai danni provocati dalle piccole dosi di radiazioni emesse, all'irrisolto (perché  irrisolvibile) problema delle scorie nucleari. Solo dei politicanti ignoranti - come l'italiano Buttiglione - possono sostenere che il nucleare è una soluzione valida alla crisi energetica. 

           Le fonti rinnovabili: tecnologie mature 

           I generatori eolici o aerogeneratori convertono direttamente l'energia cinetica del vento in energia meccanica, che può essere quindi utilizzata per il pompaggio, per usi industriali e soprattutto per la generazione di energia elettrica. Questo settore sta vivendo un boom eccezionale. Nel mondo la capacità generativa di energia eolica era di 10 megawatt nel 1980, divenuti 1930 nel 1990, 4820 nel 1995 e 9940 nel 1998 ma la previsione per il 1999 era di 13840 megawatt. Per rendersi conto delle dimensioni della crescita basta pensare che lo sviluppo del mercato globale delle turbine è paragonabile a quello record dei telefoni cellulari. Il valore delle nuove turbine installate nel 1999 è valutato in 3 miliardi di dollari che corrispondono a circa 86mila nuovi posti di lavoro. Questa dell'occupazione è un aspetto che merita una riflessione. Fra gli argomenti utilizzati dal governo americano per giustificare la mancata ratifica del protocollo di Kyoto c'era la perdita di posti di lavoro provocata dal passaggio dall'uso di combustibili fossili alle energie alternative. È bene sottolineare che si tratta di una menzogna: secondo uno studio realizzato nel 1999 da E.W.E.A., F.E.D. e Greenpeace International l'eolico passerà dai 57mila posti di lavoro del 1998 a 1,7 milioni di posti di lavoro nel 2020. L'esperienza tedesca dimostra poi che già oggi il settore eolico crea più posti di lavoro di quelli legati alla produzione di energia elettrica da carbone e da nucleare: in Germania infatti l'eolico copre l'1,2% del totale dell'energia prodotta ma dà lavoro a circa 15mila persone mentre il carbone con il 26% dell'energia prodotta assicura solo 80mila posti di lavoro e il nucleare con il 31% del mercato impiega appena 40mila persone. 

           Grazie al continuo miglioramento tecnologico che determina la discesa dei prezzi, l'eolico sta rapidamente colmando lo svantaggio economico rispetto agli impianti energetici convenzionali. Il Dipartimento dell'energia americano ha stimato che l'energia eolica ha lo stesso costo di quella prodotta dai combustibili fossili (5-6 dollari a Kw). Circa la metà, quindi, di quella prodotta dal nucleare.

           Da ricordare infine che la nuova frontiera dell'eolico sono gli impianti in mare. Mentre multinazionali energetiche come la Shell stanno preparando enormi progetti per il Mare del Nord e il Baltico, più realistici, e auspicabili, progetti di aerogeneratori collocati nelle vicinanze delle coste sono condotti nei paesi del Nord Europa. Per concludere ricordiamo che lo studio citato di E.W.E.A. e altri ha stimato che nel 2020 l'eolico potrebbe fornire il 10% dell'energia mondiale.

           Il fotovoltaico è una tecnologia che consente di trasformare direttamente la luce solare in energia elettrica, sfruttando il cosiddetto effetto fotovoltaico. Questo effetto si basa sulla proprietà che hanno alcuni materiali semiconduttori opportunamente trattati (fra cui il silicio, elemento molto diffuso in natura), di generare direttamente energia elettrica quando vengono colpiti dalla radiazione solare, senza l'uso di alcun combustibile. Ci sono poi le tecnologie per utilizzare l'energia solare per produrre calore. Il settore solare è in forte crescita. Nel mondo l'energia prodotta dal solare nel 1971 era di 0,1 megawatt divenuti 6,5 nel 1980, 46,5 nel 1990 e 78,6 nel 1995.

           La previsione per il 1999 era di 201,3 megawatt.

           La spinta maggiore al fotovoltaico viene dall'alimentazione delle abitazioni, sostenuto dai finanziamenti statali soprattutto in Giappone e  in alcuni paesi europei (Germania, Norvegia e Svizzera). È incredibile constatare come nei paesi del Sud Europa gli incentivi statali siano scarsi se non addirittura nulli: in Italia solo nel 2000 è stato lanciato un piano di sovvenzioni ai cittadini che decidono di installare pannelli solari nelle loro abitazioni. Nel 1999 il prezzo dei pannelli solari è diminuito per la prima volta dal 1993 ma per rendere il solare definitivamente competitivo, dal punto di vista del mercato, è necessaria una ulteriore diminuzione dei costi.

           Per concludere ricordiamo il peso dell'energia prodotta dalle biomasse e dalla geotermia. 

           Con alcune eccezioni, si può dire che è biomassa tutto ciò che ha matrice organica. La biomassa rappresenta la forma più sofisticata di accumulo dell'energia solare. Questa, infatti, consente alle piante di convertire la CO2 atmosferica in materia organica, tramite il processo di fotosintesi, durante la loro crescita. In questo modo vengono fissate complessivamente circa 2.1011 tonnellate di carbonio
all'anno, con un contenuto energetico dell'ordine di 70.103 Mtep. Ad oggi le biomasse soddisfano il 15% circa degli usi energetici primari nel mondo. L'utilizzo di tale fonte mostra però un forte grado di disomogeneità fra i vari Paesi.

           Infatti i Paesi in Via di Sviluppo, nel complesso, ricavano il 38% della propria energia dalle biomasse ma in molti di essi tale risorsa soddisfa fino al 90% del fabbisogno energetico totale, mediante la combustione di legno, paglia e rifiuti animali. Nei paesi industrializzati, invece, le biomasse contribuiscono appena per il 3% agli usi energetici primari. In particolare, gli USA ricavano il 3,2% della propria energia dalle biomasse, quasi quanto da fonte nucleare; l'Europa, complessivamente, il 3,5%, con punte del 18% in
           Finlandia, 17% in Svezia, 13% in Austria; l'Italia con il 2% del proprio fabbisogno coperto dalle biomasse, è al di sotto della media europea. Le biomasse, se correttamente sfruttate soprattutto in agricoltura, potrebbero dare un contributo decisivo al risparmio di combustibili fossili visto che il biogas può essere prodotto a partire da un qualsiasi letame, dai fanghi di depurazione e da altri rifiuti organici. 

           Riguardo la geotermia va sottolineato che si tratta della fonte rinnovabile che da il maggior contributo al bilancio energetico mondiale con 42mila gigawatt prodotti nel 1996. La geotermia, utilizzata razionalmente, cioè nel modo e nel posto giusto, da vantaggi sia dal  punto di vista della difesa dell'ambiente che da quello economico. Bisogna però dire che la geotermia contribuisce alla produzione di
           CO2, anche se in misura minore dei combustibili fossili: 380 g/Kwh (grammi di CO2 ogni kwh prodotto) contro i 453 del gas, i 906 del petrolio e i 1042 del carbone. La geotermia è quindi rinnovabile ma non pulita.

           Concludiamo questa rassegna con un cenno all'energia che potrebbe derivare dal moto ondoso. Teoricamente è possibile convertire almeno quattro tipi di energia presenti nel mare: quella delle correnti, delle onde, delle maree e del gradiente termico tra superficie e fondali. Attualmente esiste solo un impianto per lo sfruttamento delle maree in Francia, mentre sono in corso esperimenti per lo sfruttamento del potenziale energetico delle onde nel Regno Unito e in Giappone e del gradiente termico negli Stati Uniti. L'Unione  Europea ha di recente concluso uno studio che identifica circa 100 siti suscettibili di essere utilizzati per la produzione di energia elettrica dalle correnti marine. Lo stretto di Messina è stato identificato tra i siti più promettenti. Uno studio mirato a verificare le concrete possibilità di sfruttamento delle correnti si è concluso nel 1995.

           Fonti non inquinanti per società autogestite

           Nella rassegna dello stato dell'arte delle principali fonti rinnovabili abbiamo brevemente ricordato la loro economicità, rilevando come l'eolico, il geotermico e le biomasse siano da tempo competitive con combustibili fossili e nucleare mentre il solare deve ancora fare alcuni passi in avanti. In realtà queste valutazioni sono forvianti perché l'economicità misurata sulla base delle leggi del mercato non considera i costi provocati dai danni arrecati all'ambiente e i costi dovuti dalle conseguenze sanitarie delle emissioni inquinanti sulle popolazioni. Calcolare questi costi metterebbe fuori mercato i combustibili fossili e il nucleare spingendo verso fonti rinnovabili e non inquinanti. Ci limitiamo a portare l'esempio dei vantaggi ambientali del fotovoltaico. La sezione italiana dell'ISES (International Solar  Energy Society) ha calcolato che i circa 700 MW di impianti eolici ammessi a beneficiare delle tariffe previste dal provvedimento CIP  6/92, potrebbero produrre un'energia pari a 1,4 miliardi di chilowattora (0,5% del fabbisogno elettrico nazionale). Questa produzione potrà sostituire la combustione con combustibili fossili; in tal caso le emissioni annue evitate sarebbero: CO2: 1,4 milioni di tonnellate, SO2: 1.960 tonnellate, NO2: 2.660 tonnellate. Fate voi un calcolo di quanti inquinanti si potrebbero evitare se l'eolico raggiungesse quote significative di energia prodotta. 

           A questi ragionamenti i sostenitori dell'attuale modello di società eccepiscono che le fonti rinnovabili non sono in grado di produrre così  tanta energia quanta ne serve. È vero: nella migliore delle ipotesi eolico, solare, geotermico, biomasse, moto ondoso, potranno garantire nel futuro al massimo un 40-50% dell'energia attualmente consumata nel mondo. Ma il problema sta tutto li: è necessario consumare tutta questa energia? È evidente che la sostituzione - ma forse sarebbe meglio dire il forte ridimensionamento - dei combustibili fossili comporterà un radicale mutamento del sistema di produzione-distribuzione-consumo necessario per eliminare sprechi e inquinamento. In altre parole, battersi contro gli sprechi e l'inquinamento significa battersi in favore di un modello industriale ambientalmente sostenibile ma soprattutto per una società autogestita, di eguali, ecologicamente compatibile.
 
 

          Nota: le informazioni contenute in questo articolo sono state tratte da:
           Worldwatch Institut, Vital sign 2000, Edizioni ambiente, 2000
           Il sito dell'ISES: http://www.isesitalia.it
           ADER, L'energia al futuro, BFS, 2000

 


 
o (20 giugno 2001)

Questo articolo è tratto dal settimanale Umanità Nova. Ringraziamo l'autore e la redazione per
la gentile concessione.

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