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L'elettrosmog come priorità? Continua il dibattito
Dopo l'invito di Iole Pinto a usare più energie su altre contaminazioni mortali che ignoriamo
 


 

Gentilissima dott. Iole Pinto,
                             ho letto il suo intervento in merito all'elettrosmog e ho seguito anche il dialogo tra lei e la giornalista Susanna Agnese.
Debbo dire che la sua opinione espressa nel primo articolo mi ha lasciato un po' perplesso.
Mi occupo di elettrosmog da un anno circa e ho raccolto una serie di documentazioni dalle quali non emerge, come ha già sostenuto la signora Agnese, la definitiva certezza che le onde elettromagnetiche sia a bassa che ad alta frequenza siano innocue.
La stessa Organizzazione Mondiale della Sanità ha dichiarato che l'inquinamento elettromagnetico sarà una delle principali problematiche per l'uomo del 2000.
L'Istituto Superiore di Sanità sia nel suo rapporto ISTISAN del 98 che in una recente intervista del dr. Comba ha sostenuto l'incertezza scientifica nel determinare l'innocuità delle onde elettromagnetiche. Anzi ha aggiunto la necessità di attuare una politica di prevenzione fondata sul principio cautelativo quantomeno nelle situazioni a rischio ed in particolare in zone ove sono presenti edifici destinati all'infanzia, in quanto i dati scientifici finora analizzati (anche se da verificare con nuove ricerche) evidenziano un aumento di casi di leucemia infantile dovuta ad esposizione prolungata alle onde elettromagnetiche (in particolare a bassa frequenza ed in presenza di eventuali cofattori).

   E' evidente quindi che prendendo atto di simili affermazioni, pur con tutta la prudenza possibile, è difficile sostenere che non occorre preoccuparsi di questo problema. Ed è proprio l'incertezza di fondo che preoccupa ancora di più. Tuttavia paradossalmente si assiste ad una sorta di acrobazia scientifica in base alla quale dall'incertezza si ricava la certezza. Ovvero in mancanza di dati certi il problema non esiste. Questa sembra essere la conclusione di una buona parte di coloro che sostengono la necessità di ridimensionare la questione. Nel frattempo la rete di antenne per telefonia cellulare va assumendo dimensioni rilevanti pur in presenza di un mondo scientifico non ancora pronto a dare la risposta conclusiva e certa sul problema. A questo punto il suo ragionamento può essere rovesciato:é possibile che in realtà qualcuno voglia neutralizzare la campagna contro l'elettrosmog in quanto nuoce al giro d'affari che ruota attorno alle telecomunicazioni ? 
Altra questione è rappresentata dall'azione di controllo che dovrebbero svolgere le AUSL .

   Ebbene proprio nella mia città dopo aver acquisito la documentazione relativa alle antenne installate abbiamo riscontrato che l'AUSL locale ha rilasciato le autorizzazioni dopo aver richiesto una perizia giurata alle stesse società di telefonia. Perizia nella quale doveva essere  dichiarata e dimostrata la bontà degli impianti da autorizzare. La motivazione di tale prassi è dovuta al fatto che la stessa AUSL non è in grado di effettuare in prima persona sia i controlli previsionali   che quelli previsti ad impianto attivo. In sostanza mancano sia gli strumenti che il personale per fare ciò. Tale situazione ci risulta essere piuttosto diffusa.  Ciò che emerge è che l'organo sanitario pubblico preposto al controllo e al monitoraggio di tali impianti di fatto risulta inadempiente anche se magari formalmente può considerarsi a posto. Insomma ci troviamo nella situazione in cui il contrallato è il controllore di se stesso. Va da sè che qualora un cittadino volesse chiarimenti sulla bontà dell'impianto installato nelle vicinaze della sua abitazione non potrà averle se non direttamente dalle società di telefonia o altro le quali, però, sono le stesse che dovrebbero essere controllate. In questo caso il cittadino  viene privato sia del diritto all'informazione (quella seria) sia del diritto alla salvaguardia della propria salute e di conseguenza la preoccupazione non può che aumentare in quanto non mediata da un' azione efficacie di prevenzione e controllo e da una corretta e seria informazione libera da qualsiasi condizionamento.
   Infine la necessità di occuparsi di emergenze quali l'inquinamento da pesticidi, dello smog nelle città ed altro non significa distogliere l'attenzione da situazioni potenzialmente nocive per l'uomo sulle quali è bene vigilare considerato che proprio le emergenze da lei citate derivano in buona parte da una sottovalutazione iniziale noché da una indifferenza colposa dettata da interessi economici talvolta illeciti.

Costantino Daga
(Wwf Nuoro)

Caro Costantino,

concordo pienamente con quanto esponi nella lettera (ti do del tu perché mi viene meglio). 
  In realtà credo che il mio articolo sia stato frainteso, le tue (giustissime) obiezioni me le hanno fatte in molti. Lungi da me l'idea che il principio cautelativo non vada applicato!  Il bel rapporto ISS del 98 da te citato non può che essere il documento di riferimento per chi lavora in questo campo.

   Ciò che invece ho cercato di  evidenziare nell'articolo (probabilmente male, visto che sono stata fraintesa) è che non solo il principio cautelativo ma i principi minimi di tutela della salute sono sistematicamente disattesi per la maggior parte dei fattori di inquinamento a cui siamo sottoposti quotidianamente nei luoghi di lavoro e nelle normali condizioni di vita, e che generalmente questo non suscita, mi pare,  alcun interesse da parte di movimenti, partiti, associazioni etc.
   In buona sostanza quello che ho cercato di evidenziare è una sorta di sostanziale dismisura che mi sembra di cogliere nell'attenzione posta sull'elettrosmog rispetto ad altre problematiche sicuramente più rilevanti dal punto di vista degli effetti sulla salute. L'esasperata attenzione che i media hanno posto su questa problematica ha probabilmente indotto  anche movimenti ecologisti, di lotta per la salute, associazioni di consumatori etc. a concentrare gran parte delle loro energie sull'elettrosmog, 

   Ciò che ho cercato di dire non è che la prevenzione dalle NIR (radiazioni non ionizzanti), non debba essere fatta. Questa naturalmente va fatta ed ormai esistono strumenti tecnici e legislativi adeguati per farla, almeno per quanto riguarda i ripetitori. Ciò che trovo patologico e per certi aspetti colpevole, è che questa problematica  determini di fatto la cancellazione o distrazione da altre problematiche inerenti inquinamento e ambiente, di ben più vasto rilievo e complessità, sia in termini di effetti sulla salute, sia in termini di interessi in gioco, sia in termini di difficoltà di risanamento (vedi ad esempio traffico, pesticidi, emissioni in atmosfera,  etc. etc.)

   Per quanto riguarda gli aspetti tecnici sui controlli ambientali che hai sollevato, questi sono riconducibili ad una generale carenza del sistema di prevenzione sia a livello nazionale che a livello locale .
 I controlli sui ripetitori non sono particolarmente complessi, basterebbe avere le strutture tecniche e personale in grado di farli. Qui da noi (in Toscana) prima li facevano le USL (sezioni di fisica ambientale dei multizonali di prevenzione) , ora sono di competenza dell'ARPAT (agenzia per i controlli ambientali). Il personale dell'Arpat è comunque lo stesso che lavorava prima presso l'USL (ex servizi multizonali di prevenzione). Lo stesso è in Emilia Romagna e Veneto: prima di rilasciare l'autorizzazione all'installazione l'Arpa effettua una valutazione preliminare di compatibilità ambientale. Ad installazione avvenuta sono poi programmati dei controlli periodici.
   Putroppo il sistema di prevenzione nazionale, che oggi fa capo ad ARPA, ANPA ed USL, non funziona come dovrebbe: questo non solo per quanto riguarda le Nir, ma in generale per tutte le problematiche di tutela della salute del cittadino. Lo spaccato di questo lo hai leggendo l'atlante annuale degli infortuni dell'Inail. Lì ti accorgi che il più alto numero di infortuni e malattie professionali si riscontrano nelle regioni in cui i servizi di prevenzione sono più attivi ed attrezzati (come Emilia Romagna, Toscana, Lombardia). Mentre in altre regioni (es. Piemonte, Campania, Lazio)  di simile livello di industrializzazione, importanti  tipologie di  tumori o malattie professionali si contano sulle dita di una mano! questa pubblicazione dell'Inail è, al di là dei suoi intenti,  una denuncia al sistema  di prevenzione nazionale. Lo stesso dicasi per le denuce di inquinamento da scarichi etc. Sarebbe interessante sapere quante denunce fanno in un anno le USL o ARPA per scarichi fuori regola in ogni  regione e città italiana, e confrontare questi dati con la qualità delle acque di fiumi, laghi e mari del territorio di competenza: in questo campo, purtroppo, non c'è un atlante con dati ufficiali: bisognerebbe verificare i dati presso ogni procura circondariale.
   Ti faccio un esempio molto banale, capitato ad un mio collega chimico. Un giorno lo chiama il magistrato e gli chiede: "Come mai da un anno a questa parte non mi è più giunta alcuna denuncia di scarichi fuori regola? E' forse un trionfo del vostro lavoro di prevenzione e che tutto si sia regolarizzato?" e il colega gli ha risposto: "No giudice, credo che la situazione sia sempre la stessa, il fatto è che io ho cambiato settore e le competenze sono state trasferite ad altro ente (era il periodo di transizione delle competenze dall' USL all'ARPA!)". Questo tra l'altro è una conferma del fatto che, come al solito, al di là delle istituzioni, è l'operare di chi ci lavora ad essere determinante in ogni servizio.
   Ecco, tutto qui, sento che sarebbe estremamente importante impostare campagne di lotta per la tutela ambientale di altro livello, con altri contenuti,  che abbiano alla base un'analisi approfondita ed obiettivi  di tutela della salute della singola persona e della colettività di ampio respiro, lontane dal rumore e dai riflettori dei media, usati in genere per lasciare al buio cio' di cui è bene non si pensi o parli troppo .
   A proposito dei cellulari poi mi è sempre venuto in mente che,  mentre l'irraggiamneto da ripetitori è facilmente contenibile (ovviamente purché siano rispettate adeguate distanze dalle abitazioni) le emissioni prodotte dal telefonino stesso (peraltro estermamente più elevate di quelle prodotte dai ripetitori ) non sono assolutamente prevenibili, per chi ne faccia un uso sistematico, cioè per la maggior parte della popolazione occidentale.
   Da questo punto di vista mi sembrerebbe sicuramente più opportuno indirizzare le battaglie contro l'elettrosmog, se ritenute prioritarie per la tutela della salute pubblica, boicottando l'impiego del telefono cellulare e la sua  commercializzazione. 

 Iole Pinto

o L'intervento di Iole Pinto sulle mistificazioni riguardo 
al rischio elettrosmog
ha registrato una serie di reazioni fra loro diverse: chi contesta l'invito a non sprecare troppo energie contro un pericolo presunto mentre non si fa nulla o quasi contro devastazioni evidenti (i pesticidi e altri inquinanti mortali); chi condivide la denuncia di Iole Pinto e di Nonluoghi, mette a disposizione la propria competenza scientifica 
per eventuali approfondimenti e si rallegra che in questo modo si rompa un comodo velo di silenzio sulle vere minacce alla vita dei consumatori 
e dei lavoratori.

Per dare l'idea del dibattito che si sta sviluppando, pubblichiamo un'altra reazione di un lettore di Nonluoghi, Costantino Daga, che esprime le sue perplessità sulla posizione 
di Iole Pinto.
Ringraziamo gli autori per aver consentito la pubblicazione di questo loro dialogo. 
Ospiteremo volentieri nuovi contributi al dibattito sul tema sollevato 
da Iole Pinto.

Enzo Ferrara:
"Il livello di tossicità delle onde è coperto da quello delle altre forme di inquinamento"

L'intervento
di Susanna Agnese
 

(23 ottobre 2000)

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