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i libri

I libri degli amici degli amici e le tante buone scritture escluse
Il cortocircuito dell'editoria italiana: chi pubblica e come? E perché ripubblica?
 


di ROBERTO CARVELLI

   Quando si parla di letteratura si parla di autori, spesso. Di libri è più raro che se ne dica. Se si fa una recensione si recensisce un autore: è bravo, dove scrive, di chi è amico? Del libro si tace o si mente. Menzogna delle menzogne: funzionerà? Bisognerebbe avere un ditone per nascondercisi dietro con tutti gli autori, i libri e gli editori. Bisognerebbe avere un solo autore o un solo libro da mettergli dietro e invece di autori ce n'è tanti e di dito, uno, sottile, quello dell'onestà intellettuale. Fortuna che c'è anche chi si può mettere davanti a questo dito.

   Ma qual è il viaggio dal testo alla libreria? Ecco funziona così. Mettiamo che io abbia scritto un buon libro e che mi sia conquistato la finale - per dire - del premio Calvino (questo sì un bel premio!) allora dico «beh vediamo di pubblicarlo» e chiamo un grande editore lombardo che si sa che dà fiducia ai giovani e agli esordienti. E che mi sento rispondere: «No, non ce lo mandi, noi siamo una piccola casa editrice e ci arrivano troppi dattiloscritti».

   Questa storia è successa veramente. Come è successo veramente che case editrici davvero minori ma visibili, credibili ed elitarie abbiano avuto il coraggio di chiedere e ottenere danaro da esordienti, sfidando la facile monoliticità del loro catalogo che pesca a piene mani nel «fuori diritti» in rigorosa salsa eros. Ecco funziona così: io scrivo un buon libro e lo mando a un paio d'autori ascoltati, pescati fra gli scrittori famosi ma potrebbero essere anche critici con la loro credibilità o altri, loro mi leggono, mi apprezzano e si fanno garanti in casa editrice del mio lavoro, che viene pubblicato, recensito (bene) e talvolta premiato.

   Sta bene, perché così si sono scelti libri anche interessanti (mettiamo Aldo Nove, ammettendo tutte le riserve di chi ha riserve, Picca e tanti altri). Ma è anche vero che con questo sistema chi mi garantisce che i signori in causa per esempio non abbiano interesse a promuovere il libro di una loro amica o del figlio di un loro amico? Per carità, non c'è niente di male e, lo ripetiamo, così si sono scoperti libri interessanti ma qual è il lavoro della casa editrice: il marketing con cui si studiano l'80% dei fenomeni (presunti) per pagarsi il 20% della qualità? La stampa e la commercializzazione di questo lavoro a carte scoperte dove le tre parti in causa coincidono pericolosamente? Una suddita richiesta di autori da pubblicare? E allora benvenuti editor, benvenuti direttori di collana-imprenditori (ad ognuno il mestiere suo) ma benvenuta anche crisi del libro. E poi, dato che sono magari gli stessi che mi hanno lanciato a recensirmi o a curare che io lo sia: che cosa posso aspettarmi in questo mondo laico se non osanna e laudato sii, cioè carote, carote e ancora carote?

Capitolo 2: bene bravo bis. Ritorniamo sul luogo del delitto: l'autore dopo il felice esordio (quando è felice) che fa... viene invitato dalla casa editrice che ormai frequenta con assiduità fiera a ripetersi.

   «C'hai qualche racconto ancora» oppure «questa volta prova a scrivere un romanzo perché sai i racconti, in Italia...». Nascono così raccolte di tono alterno di autori che invece avevano veramente fatto gridare al nuovo o romanzi inespressivi rigati dalla capacità di cogliere piccole incongruenze del reale, piccolo risultato.

   Chi pensa che tutto sommato va bene così non pensa... continua a mantenere uno stato clientelare se è stato una pletora di potenti e clientela l'atteggiamento di chi favorisce uno e sfavorisce altri (il pubblico prima di tutto), fa valere la sua potenza come protezione dei suoi (e dannazione anche capricciosa magari per gli altri: per chi non rispetta i confini benedicenti del suo protettorato, per altri protettorati concorrenti, per i fenomeni di vendite che mettono a repentaglio la circolazione salottiera). Meritocrazia e uguaglianza sono parole vuote, buoi che dicono cornuti agli asini. Allora non sarà il caso di proporre un antitrust letterario? Attenzione, qui il focus non sta sugli autori-lupetti o sui garanti-caposcout ma sulle case editrici e sui libri. Che funzione hanno le prime e a che e chi debbano servire i secondi? Perché ricordiamocelo bene, sarà stato gusto piccolo-borghese ma negli anni Settanta in ogni casa le veneri di milo colavano e si accendevano le piume. Oggi si fa fatica a trovare una casa dove permangano simili prodigi.


o Roberto Carvelli (Roma, 1968), giornalista, si occupa in particolare di cinema e
di letteratura.
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