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Idee e esperienze per la città ecologica possibile
Il saggio di Raymond Lorenzo, fra Goodman e Dewey per una pianificazione democratica
 


   E un giorno Le Corbusier disse «La strada è morta». Intendeva che in città stava morendo la «strada sociale», il luogo degli incontri, dei giochi dei bambini, dell’intreccio di grida e sapori. Moriva la detestata confusione e si annunciava l’era dello zoning , della città ordinata per blocchi separati e percorsi da file di auto. Oggi la metà della popolazione mondiale vive in città. In Europa l’80% e ogni abitante consuma come quaranta africani rendendo irrespirabili e socialmente sordi gli spazi «ordinati» di Le Corbusier. Un urbanesimo vorace diffuso nel Nord ma anche nel Sud del mondo. 
   Dunque, che fare? Costruire «La città sostenibile», afferma l’urbanista americano Raymond Lorenzo nel suo saggio edito da Elèuthera con il Wwf Italia (il segretario Gianfranco Bologna ne scrive la prefazione). 

  L’autore, che vive a Perugia, cita pensatori libertari come Paul Goodman e padri del pragmatismo americano come John Dewey e indica la via di una pianificazione urbanistica partecipata: a plasmare la città sia chi ci vive. Un’«utopia concreta» testimoniata dai laboratori comunitari urbani esistenti negli Usa: ascoltare e rendere operative, nella realtà dei progetti urbanistici, i bisogni e le voci dei bambini e dei grandi per invertire la tendenza al degrado sociale e ambientale. Nascono così i nuovi spazi di decisione e di gestione del territorio a cui il comune e i singoli privati rinunciano per lasciarle ai gruppi di abitanti: che discutono, scelgono, fanno.
Ne dovrebbe risultare una città che consuma meno e che parla e cammina di più. Non poco, nel pianeta dello squilibrio economico e della crisi ecologica globale.
 

Raymond Lorenzo
«La città sostenibile.
Partecipazione, luogo, comunità».
Elèuthera, Milano,
in collaborazione con il Wwf-Italia,
 

Il concorso nazionale di progettazione  partecipata 2000-2001


o Eppure qualcosa, piano piano si muove. Certo, risultati tendenti a zero. Ma cresce fra la gente la sensazione di non poter più andare avanti in città soffocanti, atrofizzate dal traffico a motore, degradate, dirette da classi politiche spesso incapaci di ascoltare. Sì, qua e là qualcosa si muove. Tentativi di organizzare dal basso le idee per i nuovi piani regolatori; sindaci che fanno il giro dei quartieri a parlare con la gente; tentativi di dialogo con i giovani e i bambini; esperimenti di strade e piazze chiese per recuperarle all'incontro e al gioco. Piccoli segnali di una maturità possibile che incoraggia a camminare verso l'utopia urbanistica...
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