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Fermare l'embargo all'Iraq ma senza proteggere il regime di Saddam
Appello ai parlamentari contro le connivenze con i responsabili del continuo genocidio dei kurdi
 

   "Con questa nota desideriamo farvi giungere la nostra indignazione per l'accoglienza riservata al presidente dell'Assemblea nazionale irachena, sig. Saddoun Hamadi, primo ministro all'epoca dei bombardamenti chimici sulla città di Halabja e sulla regione del Badidan e dell'operazione Anfal.

   Rifiutiamo con convinzione l'arma dell'embargo economico nei confronti delle popolazioni di qualsiasi stato, compreso l'Iraq, per la soluzione dei conflitti.
  Abbiamo previsto e poi constatato che anche in Iraq il blocco economico danneggia le popolazioni - e in primo luogo i numerosissimi oppositori del regime - mentre rafforza Saddam Hussein e il suo sempre più ristretto gruppo di potere assoluto. Lo dimostrano, tra l'altro, alcune opere faraoniche erette dal potere a Baghdad dal 1992 a oggi (ultimo il lussuoso acquario sul Tigri riservato ai papaveri del regime, inaugurato nel maggio scorso).

   Temiamo tuttavia che la mozione sull'abolizione dell'embargo all'Iraq in ordine del giorno alla Camera dei deputati, così come è stata formulata, si risolva in una forma di sostegno al sanguinario regime di Baghdad e la presenza in Italia del signor Hamadi ce lo conferma.
   La mozione infatti mette in primo piano lo scongelamento dei beni iracheni e la ripresa delle relazioni con il regime di Saddam Hussein, senza che sia chiesta alcuna garanzia per l'utilizzo umanitario di questi fondi, né sia espressa alcuna censura nei confronti di un regime che continua a distinguersi per le sue atrocità.

   Di questo non possiamo darci pace. In altri paesi del mondo occidentale sono in atto campagne per la revoca dell'embargo all'Iraq e - contemporaneamente - per mettere sotto processo Saddam Hussein e i suoi complici per crimini contro l'umanità.

   Il genocidio del popolo kurdo ha lasciato segni indelebili: per la strage di civili bombardati dal cielo con sostanze chimiche nella città di Halabja (16 e 17 marzo 1988) che provocò circa 6.000 morti e nella vasta area del Badinan (agosto e settembre 1988), per l'operazione Anfal (il bottino) protrattasi dal 1987 al 1989 con 182.000 desaparecidos, per la distruzione con la dinamite di più 4.500 centri abitati kurdi e la deportazione dei suoi abitanti. E' a disposizione di chi ne fa richiesta un documentario dell' inglese "Dispatches" sugli effetti devastanti delle bombe chimiche sui bambini e sugli adulti sopravvissuti di Halabja dieci anni dopo.

   Per un'analisi ampia e documentatissima delle atrocità del regime nell'ultimo anno esaminato, il 1999, rimandiamo non soltanto al rapporto dell'ONU (Max Van der Stoel) ma anche ad altre fonti, diverse fra loro e pure concordanti, quali il Rapporto annuale Iraq '99 di Amnesty International (reso pubblico a Il Cairo, 28.11.99) e al Rapporto annuale Iraq '99 del Partito Comunista iracheno, pubblicato il 4.1.2000.
Per quanto riguarda il 2000 possiamo testimoniare, insieme ad altri comitati, associazioni, ONG che con grandi difficoltà si recano periodicamente nel Kurdistan iracheno, il perdurare dell'atroce pulizia etnica della provincia petrolifera kurda di Kirkuk, rimasta sotto il ferreo controllo del governo iracheno, con l'espulsione degli abitanti di interi villaggi, rastrellamenti, impiccagioni.

  La Regione autonoma del Kurdistan iracheno - oltre a subire anch'essa l'embargo dell'ONU - è sottoposta ad un rigoroso blocco economico interno da parte del regime iracheno. Quella percentuale di aiuti umanitari dell'"oil for food" che l'ONU destina alla Regione Autonoma kurda, ci risulta venga frequentemente bloccata a Baghdad.
Nella mozione parlamentare non troviamo alcuna richiesta di garanzie per le sorti delle popolazioni kurde e sciite. Queste aree, in cui vivono oltre due terzi dell'intera popolazione dello stato, sono costantemente poste a rischio di sopravvivenza dal regime di Saddam Hussein.

   L'invito italiano al signor Hammadi coincide con l'attuale crisi petrolifera. Il ritorno sul mercato del greggio iracheno dovrebbe comportare l'auspicata diminuzione del prezzo del petrolio. 

  L'odierna proposta di riavvicinamento al regime di Saddam Hussein, priva di ogni richiesta di garanzia per le popolazioni irachene in generale e kurde in particolare ci preoccupa fortemente. Temiamo che l'Italia possa essere ancora una volta strumento di una ben congegnata politica al servizio dei grandi interessi economici internazionali. Non dimentichiamo che fu l'italiana BNL a fornire al regime iracheno i "prestiti all'agricoltura" costati migliaia di miliardi ai contribuenti italiani e utilizzati per continuare a fornire micidiali armamenti a Baghdad, con l'attivo interessamento del governo degli USA, quando, dopo le stragi chimiche di Halabja e del Badinan, il Congresso americano aveva deciso di sospendere i finanziamenti al dittatore iracheno.

  Ripetiamo quindi che siamo decisamente favorevoli alla fine dell'embargo disumano sulle popolazioni dell'Iraq, ma chiediamo che nella mozione in ordine del giorno alla Camera dei Deputati vengano inseriti i seguenti punti:

1. Applicazione da parte di Saddam Hussein della risoluzione dell'ONU n° 688, per garantire il. rispetto dei diritti umani della popolazione;

2. Abolizione dell'embargo interno che colpisce la Regione Autonoma del Kurdistan iracheno;

3. Fine della pulizia etnica nei confronti del popolo kurdo.

   Chiediamo inoltre il sostegno all'incriminazione internazionale di Saddam Hussein affinchè egli venga processato, insieme ai corresponsabili, dal Tribunale dell'Aia per crimini contro l'umanità come più volte richiesto dai rappresentanti del popolo kurdo.

   L'Italia ha un debito speciale da saldare verso il popolo kurdo dell'Iraq: nella Regione Autonoma dell'Iraq sono rimaste circa 20 milioni di mine antiuomo, quasi tutte di produzione italiana (Valsella, di proprietà della FIAT). Queste mine continuano a provocare circa 200 vittime al mese, in gran parte bambini, secondo i dati di Emergency, Associazione per l'aiuto alle vittime civili della guerra con sede a Milano, mentre il governo italiano non ha ancora preso alcun provvedimento per lo sminamento delll'area, nonostante le numerose richieste fatte nel tempo dall'autogoverno kurdo.

   Chiediamo infine che il governo italiano, nell'ambito dell'Unione europea si faccia carico di affrontare questi problemi insieme agli altri stati".

Graziella Bronzini
per il Comitato Gemellaggio Ivrea-Qaladiza
di solidarietà con il popolo kurdo
c/o Municipio di Ivrea - piazza Vittorio Emanuele, 1 - 10015 Ivrea
Tel. 0125 410222 - Fax 0125 48883

Valeria Schrader
per il Comitato Torinese
di solidarietà con il Kurdistan

Iole Pinto
per il Comitato cittadino di Siena
di solidarietà con il popolo kurdo


o Pubblichiamo un appello col quale tre associazioni tentano di evitare che l'Italia, nell'appoggiare la giusta sospensione dell'embargo economico all'Iraq, dimentichi per l'ennesima volta la repressione continua del popolo kurdo e nel prendere una decisione buona e urgente - per porre fine alle sofferenze dei cittadini iracheni - finisca anche con l'appoggiare
il regime violento
e liberticida di Saddam Hussein. 
Negli ultimi mesi infatti è stata condotta
una campagna capillare,
accolta dalle testate più diverse, senza che la richiesta
di fermare l'embargo sia stata collegata a una condanna del regime di Baghdad
e alla difesa del popolo kurdo
che è diventato carne da macello nel silenzio pressoché totale delle diplomazie, delle agenzie umanitarie internazionali
e dei mass media.

Il 21 giugno uno schieramento trasversale ai Poli ha approvato alla Camera una mozione - con parere contrario del govenro - contro l'embargo, due settimane prima 
lo aveva fatto il Senato su 
un testo diverso.

(21 giugno 2000)

Il commento
al voto romano
 

Il viaggio
in Kurdistan
di Iole Pinto
 

La Hiroshima 
curda oggi
La città di Halabja
fu bombardata
nel 1988:
la morte
continua ora
nel silenzio
con danni
genetici
che mettono
a rischio
la riproduzione
ma che 
sono ignorati
dalla comunità
internazionale
 
 

 

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