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Campi di concentramento in Italia, memoria dimenticata
Viaggio dentro una storia cancellata dal motto "italiani brava gente"
 

di FABIO GALLUCCIO

    Un viaggio nella memoria, una memoria dimenticata (volutamente?).
Il mio viaggio comincia con un romanzo noto al grande pubblico “Il giardino dei Finzi Contini”. Il mio interesse sulla triste vicenda delle leggi razziali durante il fascismo si intreccia con l’amore per le vicende di Micol e Alberto Finzi - Contini e per lo scrittore Giorgio Bassani e aumenta leggendo libri storici, romanzi, riviste.

   Ma nulla avevo letto sui campi di concentramento in Italia ( se non di Fossoli e della Risiera di San Saba), finché un’estate andando giù in Calabria esco sull’autostra Salerno-Reggio Calabria a Tarsia, non molto lontano da Cosenza. Sto andando verso un motel, quando sono attratto da una freccia gialla “campo di concentramento”. Incuriosito seguo l’indicazione, pensando di dover fare parecchi chilometri e invece proprio sotto il viadotto dell’autostrada c’è ancora quello che resta del campo di Ferramont : baracche, garitte, così come abbiamo visto nei film i campi in Germania.
Il più grande campo in Italia, che ha ospitato circa 4000 persone tra ebrei stranieri (la maggio parte), zingari, antifascisti. Purtroppo lavori di ampliamento dell’autostrada (che dovremmo fermare se avessimo un minimo di senso civico) stanno ulteriormente erodendo quello che rimane  e che, con grande coraggio, la Fondazione Ferramonti sta cercando di tutelare a più di 50 anni dalla fine della guerra.

    Ma Ferramonti, Fossoli vicino Carpi (Modena) dove ancora stanno cercando di recuperare l’area del campo e la Risiera (Trieste), l’unico campo diventato museo, probabilmente perché gestito dai nazisti, sono gli unici esempi da me visti dove si sta cercando di fare qualcosa, almeno per ricordare quelle tragiche vicende.
Negli altri, non vi è una lapide, una stele, un monumento che ricordi le persone che soffrirono in quei campi e che il più delle volte morirono dopo essere state prelevate dai fascisti, con la colloborazione spesso dei tedeschi e portati ai campi di smistamento dell’Alta Italia e poi verso lo sterminio (come ad esempio Civitella del Tronto – Teramo - e a  Urbisaglia - Macerata-). 

  Quanti erano i campi di concentramento in Italia? E’ difficile dirlo.
Renzo De Felice nel suo libro “Storia degli ebrei sotto il fascismo”, parla di circa 400 tra luoghi di confino e campi di internamento, ma incredibile a dirsi nessuno storico ha fatto un censimento attendibile.
Quello che io ho potuto appurare in questo mio doloroso viaggio in un passato lontano è che i campi erano sicuramente vicino ai 100, in quanto il campo di Anghiari, in Toscana, da me visitato (non resta quasi nulla; al posto delle capanne in muratura ci sono delle ridenti villette) è censito con il numero 97. Inoltre dalle mie ricerche risulta che in ogni regione italiana  vi era almeno un campo. Questi campi potevano essere gestiti da civili o militari e potevano essere misti o solo femminili, come il campo di Lanciano (Chieti).

   La prima fonte ufficiale è il decreto firmato da Mussolini che istituisce il 4 settembre 1940, 43 campi di internamento per cittadini di paesi nemici. In realtà in questi campi furono concentrati soprattutto ebrei stranieri, residenti in Italia o di passaggio, slavi presi durante rastrellamenti  e zingari. Per ebrei stranieri si intendono anche cittadini italiani ebrei, non nati in Italia.

   Uno dei campi costruito ad hoc (molti campi erano caseggiati, conventi (!), ospizi, luoghi destinati al mattatoio, ecc.), che rimane quasi intatto e che andrebbe recuperato al suo valore storico e di memoria, è il campo di “Le Fraschette” ad Alatri (Frosinone)  in cui furono concentrati  soprattutto slavi e dove è stato costruito ai limiti del campo un orrendo ostello per la gioventù in occasione dell’attuale Giubileo . 
Nei prossimi mesi concluderò il mio viaggio nella memoria.

   Mi auguro non tanto di vedere pubblicata la mia ricerca, quanto di riuscire a far sì che questi luoghi e questa pagina tragica del nostro Paese siano ricordati per prima cosa dagli abitanti di quelle città che non sanno nulla e anche dai turisti che visiteranno questi posti bellissimi, perché conoscere quello che si è stati, serve anche per costruire un Paese, speriamo migliore e a nulla vale cancellare con un colpo di spugna la storia, con il rassicurante motto “italiani, brava gente”. 


o L'articolo di Fabio Galluccio è un invito a recuperare - anche fisicamente, in quei luoghi dimenticati - la memoria dell'orrore dei campi di concentramento in Italia e delle leggi razziali fasciste.

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