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pensieri

Belgrado, dietro le quinte della "rivoluzione"
La coalizione che sostiene Kostunica è nazionalista ma era l'unica alternativa possibile...
 


  La storia balcanica sembra davvero chiudere uno dei suoi più intensi capitoli. La morte di Tudjman, la sconfitta di Miloševic e le recenti dimissioni di Izetbegovic, segnano un decisivo cambiamento all’interno della regione. Non da ultimo poi la notizia di questi giorni riguardo la volontà del nuovo presidente jugoslavo di rompere definitivamente col passato, rinominando la federazione serbo-montenegrina. Sembra proprio che l’esperimento Jugoslavia sia giunto al termine ultimo con la conclusiva perdita di un nome che ha portato per più di mezzo secolo. Per alcuni invece la Jugoslavia era già terminata nel 1992, dopo il riconoscimento internazionale di Slovenia e Croazia.

   È infatti vero che quella che fino ad oggi è stata chiamata Jugoslavia ne era semplicemente una sua porzione e il sentirsi jugoslavo tendeva a coincidere sempre di più con l’essere serbo e montenegrino. Eppure per alcuni di quei cittadini che formavano la ex-Jugoslavia, e che per vari motivi sono espatriati, l’essere jugoslavo significa ancora, non senza difficoltà, quel melange di culture che dava vita ad un grande stato multietnico.
   Forse è solamente jugo-nostalgia o forse si tratta di qualcosa di più drammatico, cioè l’avere perso quel punto di riferimento offerto da un unico paese, qualcosa che negli ultimi anni non era nulla più  che un approdo immaginario contro la deriva dei vari nazionalismi. Ma con la scomparsa dalle scene politiche dei tre "Signori della guerra" la regione balcanica sembra potere affrontare un nuovo corso storico. La rivoluzione di Belgrado ha dato il via all’euforia occidentale e con essa gli aiuti economici (l’Italia stanzierà da sola trecento dei quattrocento miliardi che la UE ha concesso alla FRJ).  Insomma tutto sembra procedere verso la democratizzazione del paese. 

   Eppure non sono in pochi a sollevare dubbi sull’attuale coalizione che ha vinto le elezioni. Il noto direttore di Oslobocenje, Zlatko Dizdarevic, avanza più di una domanda sull’attuale presidente che «si è fatto fotografare in Kosovo agitando un  kalasnikov» e che mantiene nel suo staff tecnico l’ambigua figura di Dobrica Cosic, ovvero di uno dei padri spirituali del nazionalismo serbo (Internazionale 13-19 ottobre 2000). Come dimenticare, infatti, il noto Memorandum  redatto nel 1987 dall’Accademia delle Scienze e delle Arti  di Belgrado, che proprio tra i suoi ispiratori vide il romanziere Cosic? 

   D’altra parte - come afferma il presidente della Lega Socialdemocratica della Vojvodina, Nenad Canak - «Queste sono persone che rappresentano un’opzione nazionale, per non dire nazionalsocialista, che semplicemente non condivido. Ma nello stesso tempo sono coloro in grado di destituire Slobodan Miloševic dal potere, ed aprire in Serbia lo spazio per far ritornare la politica entro una cornice istituzionale, dove le persone con idee differenti saranno punite alle elezioni e non nei tribunali militari. E questo è già un avanzamento che va rispettato» (Feral Tribune, n. 785, ottobre 2000). 
 

Luka Zanoni - I. Telebak

 
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RadiofreeB92

(17 ottobre 2000)

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