Nonluoghi Archivio Mercato e dintorni, le ragioni del no della Fiom

Mercato e dintorni, le ragioni del no della Fiom

[dal quotidiano Liberazione www.liberazione.it ]

di Giorgio Cremaschi

Le ragioni del no all’accordo del 23 luglio 2007 sono squisitamente sindacali. Così si spiega il voto, che tanto scandalo ha suscitato, del Comitato Centrale della Fiom. Questa organizzazione, per pratica e storia, è radicata nella contrattazione che, se rigorosa, comporta il calcolo dei costi e dei benefici di un accordo. E quello dei metalmeccanici non è il solo dissenso. Nel Direttivo della Cgil le due aree della sinistra, Rete28Aprile e Lavoro-Società, hanno votato contro l’accordo, dopo un lungo periodo di conflitti. Vuol dire che la materia concreta del contendere è assai grave. Discutiamo allora dei contenuti dell’accordo, dei fatti insomma, e non del solito teatrino che si scatena sempre quando la realtà irrompe nella vita politica del paese.
Cgil, Cisl e Uil hanno sottoscritto l’intesa argomentando che essa è comunque un miglioramento della realtà attuale e per questo va accettata. E’ il ragionamento di fondo che la giustifica, ma è sbagliato.
Questo accordo produce sì alcuni risultati per una parte dei pensionati e per una parte dei disoccupati, ma quei risultati sono tutti a carico del mondo del lavoro, che paga oggi e pagherà ancor di più domani. Nel protocollo del 23 luglio sono presenti guasti ad azione ritardata e progressiva. I metalmeccanici della Fiom hanno sviluppato una particolare sensibilità ad essi perché in questi anni due volte hanno subito accordi separati. Erano accordi che pure concedevano aumenti salariali, ma che contenevano insidie tali che, se non contrastate, avrebbero compromesso il futuro. Lo stesso oggi accade con il protocollo.
Partiamo dalle pensioni. Quante discussioni sul superamento dello scalone Maroni. Ebbene, a partire dal 2013, un anno prima di quanto era previsto dalla vecchia legge, si potrà andare in pensione solo con 62 anni di età e 35 di contributi. E allora? Ma non si era detto che un aumento dell’età pensionabile di questa portata avrebbe provocato un danno sociale, che esso non era in nessun modo giustificato dall’andamento dei conti dell’Inps? E invece lo scalone viene confermato.
Le misure per i lavori usuranti, che dovrebbero attenuare questa ingiustizia, sono poi una vera e propria beffa: non più di 5.000 lavoratori all’anno saranno dichiarati ufficialmente usurati. Con le condizioni di lavoro, gli infortuni e i rischi sulla salute e la sicurezza che ci sono oggi in Italia, questo è un vincolo inaccettabile.
Si diceva: la pensione delle donne non si tocca! Invece è stata toccata. Per ridurre le “finestre” di pensionamento per chi ha 40 anni di contributi, si mettono analoghe finestre per la pensione di vecchiaia. Così le donne e gli uomini che prima potevano andare in pensione a 60 e a 65 anni dovranno aspettare ancora. E non è finita qui.
Si dice che c’è un risultato per i giovani: ma quando mai! Il sistema contributivo, che è già una vergogna in sé, viene sottoposto a una scala mobile a rovescio. A partire dal 2010 ogni 3 anni i coefficienti di calcolo della pensione verranno tagliati. Si comincia con il 6-8% in meno.

Nel Direttivo della Cgil le due aree della sinistra, Rete28Aprile e Lavoro-Società, hanno votato contro l’accordo, dopo un lungo periodo di conflitti. Vuol dire che la materia concreta del contendere è assai grave. Discutiamo allora dei contenuti dell’accordo, dei fatti insomma, e non del solito teatrino che si scatena sempre quando la realtà irrompe nella vita politica del paese.
Cgil, Cisl e Uil hanno sottoscritto l’intesa argomentando che essa è comunque un miglioramento della realtà attuale e per questo va accettata. E’ il ragionamento di fondo che la giustifica, ma è sbagliato.
Questo accordo produce sì alcuni risultati per una parte dei pensionati e per una parte dei disoccupati, ma quei risultati sono tutti a carico del mondo del lavoro, che paga oggi e pagherà ancor di più domani. Nel protocollo del 23 luglio sono presenti guasti ad azione ritardata e progressiva. I metalmeccanici della Fiom hanno sviluppato una particolare sensibilità ad essi perché in questi anni due volte hanno subito accordi separati. Erano accordi che pure concedevano aumenti salariali, ma che contenevano insidie tali che, se non contrastate, avrebbero compromesso il futuro. Lo stesso oggi accade con il protocollo.
Partiamo dalle pensioni. Quante discussioni sul superamento dello scalone Maroni. Ebbene, a partire dal 2013, un anno prima di quanto era previsto dalla vecchia legge, si potrà andare in pensione solo con 62 anni di età e 35 di contributi. E allora? Ma non si era detto che un aumento dell’età pensionabile di questa portata avrebbe provocato un danno sociale, che esso non era in nessun modo giustificato dall’andamento dei conti dell’Inps? E invece lo scalone viene confermato.
Le misure per i lavori usuranti, che dovrebbero attenuare questa ingiustizia, sono poi una vera e propria beffa: non più di 5.000 lavoratori all’anno saranno dichiarati ufficialmente usurati. Con le condizioni di lavoro, gli infortuni e i rischi sulla salute e la sicurezza che ci sono oggi in Italia, questo è un vincolo inaccettabile.
Si diceva: la pensione delle donne non si tocca! Invece è stata toccata. Per ridurre le “finestre” di pensionamento per chi ha 40 anni di contributi, si mettono analoghe finestre per la pensione di vecchiaia. Così le donne e gli uomini che prima potevano andare in pensione a 60 e a 65 anni dovranno aspettare ancora. E non è finita qui.
Si dice che c’è un risultato per i giovani: ma quando mai! Il sistema contributivo, che è già una vergogna in sé, viene sottoposto a una scala mobile a rovescio. A partire dal 2010 ogni 3 anni i coefficienti di calcolo della pensione verranno tagliati. Si comincia con il 6-8% in meno.

[dal quotidiano Liberazione – www.liberazione.it – del 13/09/2007 ]

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Questo sito nacque alla fine del 1999 con l'obiettivo di offrire un contributo alla riflessione sulla crisi della democrazia rappresentativa e sul ruolo dei mass media nei processi di emancipazione culturale, economica e sociale. Per alcuni anni Nonluoghi è stato anche una piccola casa editrice sulla cui attività, conclusasi nel 2006, si trovano informazioni e materiali in queste pagine Web.

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